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Il futuro di Tenuta La Farneta, ultimo acquisto della storica famiglia del vino Antinori, è tutto da scoprire. A WineNews, l’ad Renzo Cotarella: “territorio vocato ma vigneti da reimpiantare, la tenuta avrà una sua identità, ma ci vorrà tempo”

Italia
L’ad della Marchesi Antinori Renzo Cotarella e il marchese Piero Antinori

Ultimo acquisto della Antinori, storica famiglia del vino italiano, per la Tenuta La Farneta, comprata grazie ad un investimento di 5,5 milioni di euro, nell’asta battuta dal Tribunale di Siena a cui ha partecipato l’altra secolare griffe del vino toscana, Frescobaldi, in una sorta di galante duello rinascimentale, tra le due famiglie che da Firenze, nella loro lunga e nobile storia, sono state entrambe capaci di conquistare i mercati del mondo, è già il momento di pensare al futuro. Si parla di una imponente villa Ottocentesca, tre poderi ed una cantina, proprietà circondate da 100 ettari vitati, che, come racconta a WineNews Renzo Cotarella, amministratore delegato del gruppo Antinori (www.antinori.it), “per la maggior parte andranno reimpiantati, si tratta nella quasi complessità di viti troppo vecchie e poco produttive”. Di buono, però, c’è “un territorio (siamo nel Chianti Colli Senesi, a Sinalunga, non lontano da Siena, ndr) che conosco bene, la prima volta ci venni 30anni fa con Giacomo Tachis, terreni argilloso calcarei, con tanto scheletro, clima continentale, in collina, sui 400 metri sul livello del mare. Potrebbe rivelare enormi potenzialità, ovviamente con il Sangiovese, ma anche con un altro vitigno che qui si comporta bene, il Cabernet Sauvignon”.
Difficile, ad oggi, capire cosa ne sarà de La Farneta, ma la strada, almeno nelle intenzioni, dovrebbe essere la stessa seguita dalle altre tenute Antinori. “A Le Mortelle, come a La Braccesca e nelle altre aziende - continua Renzo Cotarella - abbiamo dato un’identità aziendale ben precisa e distinguibile, con vini importanti e caratterizzanti. Un processo del genere, che punti ad etichette dal prezzo importante, però, non può prescindere dalla qualità, non possiamo inventarci niente, e per questo dobbiamo capire che livello possiamo raggiungere. Ci vorrà pazienza, ma l’idea di base è comunque quella - conclude l’ad del Gruppo Antinori - di dare a Tenuta La Farneta una sua fisionomia ed una sua identità, che la renda ben distinguibile dalle altre aziende del gruppo, ma le sua uve concorreranno comunque alla produzione dei vini più conosciuti, come il Santa Cristina”.

Con quest’ultima acquisizione, così, Marchesi Antinori si rafforza come primo gruppo italiano per ettari vitati, che diventano 2.781, e si conferma secondo brand del vino tricolore per redditività (42,30%), dietro ad un’altra prestigiosa griffe enoica, Tenuta San Guido. Traguardi raggiunti grazie ad una vera e propria galassia produttiva, che va dal cuore del Chianti Classico, con la tenuta del Bargino e quelle di Tignanello, Pèppoli e Badia a Passignano, a Bolgheri, con Guado al Tasso, da Montalcino, con Pian delle Vigne, alla Maremma, con Fattoria Aldobrandesca e Le Mortelle, da Montepulciano, con La Braccesca, alle Langhe, con Prunotto, dalla Puglia, con Tormaresca, all’Umbria, con Castello della Sala, passando per la Franciacorta, con Tenuta Montenisa. E ancora, in Toscana Santa Cristina e Tenuta Monteloro, in Usa Antica, Stag’s Leap e Col Solare, in Cile Haras de Pirque, in Ungheria Tuzko, a Malta Meridiana, in Romania Vitis Metamorfosis.

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