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Dalla prima bottiglia, nel 1936, al primo disciplinare di produzione, nel 1968, dal boom produttivo degli anni Novanta alla Docg nel 2010: il Consorzio della Valpolicella festeggia i 50 anni dell’Amarone in otto bottiglie, dalla 1950 alla 2010

Italia
Dal Forno, 2004

“In tutta la storia del vino ogni vero passo avanti nella ricerca della qualità si è sempre manifestato con la dichiarazione di una nuova identità”. Citando queste parole di Hugh Johnson - tratte dal libro “Il vino” - Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del Bere, ha chiuso la degustazione verticale di Amarone che ne ha raccontato il primo mezzo secolo di storia. Un evento organizzato dal Consorzio Tutela Vini Valpolicella per festeggiare i 50 anni del grande rosso veronese, nella cornice dell’Anteprima Amarone 2014 “che ha messo a fuoco il consolidamento della qualità dell’Amarone - ha sottolineato Olga Bussinello, direttore del Consorzio - la cui eccellenza è stata riconosciuta a livello internazionale solo in tempi recenti rispetto ad altre denominazioni importanti che hanno una storia secolare di impegno in questa direzione. Il nostro obiettivo per i prossimi anni sarà quello di consolidare questo successo internazionale senza però dimenticare il mercato interno, che sta vivendo un trend positivo”.
Una degustazione riservata prevalentemente alla stampa estera, non tanto e non solo per i vini presentati (otto Amarone, dall’annata 1950 alla 2010) ma perché ha inquadrato l’Amarone in una prospettiva storica e globale, descrivendone le evoluzioni di ogni decennio e raccontando in parallelo etichette coeve, “perché - ha esordito Alessandro Torcoli - per comprendere un vino complesso come l’Amarone è davvero importante conoscere il contesto, non solo veneto, nei decenni dagli anni 50 del Novecento ad oggi”.
La lunghissima tradizione vinicola della Valpolicella parte dalle rudimentali tecniche di appassimento in uso già nell’Ottocento, che davano vita al Recioto, passa per la crisi dell’industria vinicola dell’inizio del XX secolo e approda nel secondo Dopoguerra, negli anni Cinquanta, a un nuovo assetto. Una nuova era per la Valpolicella con la nascita di nuovi piccoli proprietari, della cooperazione e di nuovi imprenditori che seppero capire i tempi e la trasformarono. Negli Anni Sessanta, l’intero territorio subisce una profonda trasformazione e, grazie al boom economico, l’agricoltura si specializza. I terreni, che fino al quel momento avevano ospitato colture diverse, dai cereali ai gelsi per l’allevamento dei bachi da seta, vengono convertiti progressivamente in vigneti per la produzione di Recioto. La prima bottiglia di Amarone nasce nel 1936 nella Cantina Sociale Valpolicella Negrar, per essere proposta al pubblico nel 1953, quando Alberto Bolla organizza una grande festa presso il ristorante in Galleria Vittorio Emanuele a Milano e offre ai propri ospiti l’annata del 1950.
Questo segna il punto di inizio della fortunata storia dell’Amarone, che verrà riconosciuto come vino a sé stante e diverso dal Recioto solo con il disciplinare degli anni Novanta e riceverà il riconoscimento della Docg nel 2010, quando la produzione supera ormai i 13 milioni di bottiglie. “Negli anni Cinquanta rinasce Bordeaux - ricorda Torcoli - grazie a una serie di annate positive interrotte dalla 1956 con la sua gelata, fino alla calda estate del 1959 così attesa da divenire argomento di conversazione, anche per la stampa, che la salutò come “annata del secolo”. Per la prima volta la qualità di un millesimo faceva notizia, impensabile nei 40 anni precedenti. La Borgogna poneva le basi per la sua grandezza, mentre dal punto di vista vinicolo la Nuova Zelanda non esisteva e in California si raccoglievano i cocci del Proibizionismo, rinascevano poche cantine sulle macerie del passato e i vini erano intrugli dolci e zuccherati”.

È nel 1963 che con l’istituzione delle denominazioni di origine l’Italia vitivinicola esce dall’anarchia, mentre in Francia le Appellation erano state partorite ai primi del Novecento con un travaglio durato 30 anni, la Germania aveva incominciato a lavorarci già negli anni Trenta, così come Portogallo e Spagna. “Però - ha sottolineato il direttore di Civiltà del Bere - le Doc italiane introducono un elemento inedito, che le leggi francesi non avevano osato inserire: la descrizione completa e particolareggiata di che cosa il cliente si deve aspettare, colore aroma e sapore, che costituiscono le “caratteristiche speciali e costanti” di ciascun vino”.

Il primo disciplinare di produzione del vino Valpolicella e del Recioto della Valpolicella del 1968 prevede che possano essere prodotti sulle colline dei Lessini fino alla Val d’Alpone, ma distinguendo la zona “classica”, la Valpolicella storica, dalla Valpantena e dalle altre valli. Il nome “Amarone” appare soltanto una volta nell’art. 6: “Il vino Recioto della Valpolicella può anche essere prodotto nel tipo asciutto; in tal caso può portare la qualifica Amarone”.
In California, negli anni Sessanta, si afferma l’uso del legno. Nel 1964 a tracciare una nuova linea stilistica - abbandonando i vini dolcificati e aromatizzati - è Gallo, e a introdurre nuove tecnologie in cantina è nel 1966 Robert Mondavi. Allora le aziende in Napa Valley erano una ventina, nel 1970 erano diventate 220 e nel 1980 più di 500. E in Australia l’andamento numerico è stato lo stesso; a metà anni Sessanta reinventarono i loro bianchi grazie alla tecnologia che li rendeva stabili, ma si trattava di vini decisamente dolci, alternativi alla birra per dissetarsi.
“L’America era pronta a considerare il vino bevanda pulita, fruttata, secca, anche se non del tutto - ha raccontato Torcoli - e non è un caso che da lì a poco il Lambrusco amabile, vero cavallo di troia del vino italiano negli Usa, sbaragliasse tutti. Sono anni decisivi nella storia moderna del vino, nasce un’idea nuova, cioè che il vino non è una reliquia del passato, sul viale del tramonto, ma è un’espressione della terra che ha il potere di incantare e procurare piacere a chiunque. Per la prima volta nella storia gli Americani bevono più vino che liquori”.
Il secondo disciplinare dei vini Valpolicella nel 1976 introduce un più attento controllo sui confini delle aree atte a produrre vini Valpolicella Doc e Recioto, conferma il limite dei 120 quintali di uva a ettaro con la concessione del 20% in più nelle annate “eccezionalmente favorevoli” e la produzione di Recioto della Valpolicella nel tipo asciutto “con residuo massimo in alcol da svolgere di 0,4 gradi; in tal caso (il vino poteva) portare la qualifica “Amarone” (art. 6). “Mentre negli anni Settanta in Valpolicella prendeva forma l’Amarone - ha continuato Torcoli - in piena crisi petrolifera, il vino diviene oggetto di aste e comincia a lievitare il fenomeno dei fine wine e delle aste del vino. Si insinua l’idea del vino come forma di storia vivente e possibile investimento per il futuro”.
Negli anni Ottanta, che hanno regalato annate eccellenti come la 1982 e la 1983 a Bordeaux, la 1985 alla Champagne e l’inizio della fama alla Borgogna, l’Amarone comincia la sua ascesa anche numerica, con il passaggio del numero di bottiglie dal 1983 al 1985 da 2,56 milioni a 2,81 milioni. Negli anni Novanta i numeri crescono ancora: nel 1997 si produrranno ben 4,37 milioni di bottiglie, e si scopre l’importanza economica del Ripasso, dallo stile pieno e rotondo molto ricercato nei vini in questi anni. “Sono gli anni degli Amarone con zuccheri residui intorno a 8-10 g/L - ha ricordato Torcoli - con stili eterogenei. Allora i prezzi dei bordolesi cominciano a salire costantemente grazie ai nuovi ricchi di Oriente, Russia e Cina. Si impone lo stile del Nuovo Mondo con la sua la logica dei vitigni internazionali o, meglio, francesi. Wine Spectator e The Wine Advocate diventano veri influencer. I classici della Vecchia Europa, che fino ad allora avevano cercato di darsi una norma e di esprimere una tipicità, vivono un periodo di ripensamento, specialmente in Italia. A Bordeaux si introducono nuove tecnologie per rendere i vini più morbidi, pronti, “plush”, ricchi e succosi. L’uso della barrique diventa massiccio. Il tutto per vendere più vino nei nuovi mercati ora globalizzati”.
Gli anni 2000 sono segnati a livello mondiale dalla crisi economica globale del 2008 e per l’Amarone, ha ricordato Torcoli, “dall’affermazione di uno stile morbido, grasso, ma con massimo 5 g/L di zuccheri, per preservare il frutto e andare incontro al gusto del consumatore”. Tra la fine di questo decennio e l’inizio del successivo arriva il riconoscimento, tanto agognato, della Docg per l’Amarone della Valpolicella. Molte le novità introdotte dal terzo disciplinare di produzione dei vini Valpolicella. L’uso possibile del Corvinone, in sostituzione della Corvina (max 50%), il numero minimo di ceppi per ettaro (3.300 per la stessa produzione di 120 quintali di uva ad ettaro, salvo l’aumento del 20% nelle annate favorevoli con un grado alcolico minimo di 11 vol. Inoltre il nuovo disciplinare fissa la percentuale massima (65%) di uve da mettere a riposo per produrre Amarone, lasciando le rimanenti per Valpolicella e Ripasso; introduce la licenza di modifica da parte della Regione Veneto che può aumentarla o ridurla a seconda della qualità dell’annata per favorire la destinazione delle uve all’Amarone nelle annate buone e viceversa; la resa massima delle uve in vino Amarone al 40% del peso iniziale e il titolo alcolometrico volumico naturale di almeno 14 vol.; l’immissione al consumo almeno a due anni “dall’1 gennaio successivo all’annata di produzione delle uve”.
Il numero di bottiglie di Amarone prodotte continua a crescere da allora. Nel 2004 sfiora gli 8 milioni, li supera nel 2008 e nel 2010 sfonda il tetto dei 10 milioni. Nel 2016 le bottiglie commercializzate sono state poco meno di 15 milioni e l’Amarone continua a piacere nel mondo. “Il segreto del suo successo è il suo paradosso - ha spiegato Olga Bussinello - da un’uva che viene fatta essiccare e quindi invecchiare si produce un vino che nasce giovane per poi nel tempo acquistare forza, vigore e rotondità”.
Info: www.consorziovalpolicella.it

Focus - I vini della degustazione verticale storica
Degustazione degli 8 vini che hanno rappresentato i 50 anni dell’Amarone della Valpolicella, dallo stile più tradizionale e meno alcolico e colorato delle prime produzioni, a quello più moderno, strutturato, colorato e più alcolico, fino alla tendenza di puntare sull’eleganza.
Bolla, 1950 - Recioto Amarone Riserva del Nonno. Il colore aranciato “tradisce” i suoi 68 anni. Al naso more, caffè, resina di conifera e spezie. In bocca ancora acido, persistente, balsamico con retrogusto amarotico di china. Appartiene allo stile di allora.
Montresor, 1969 - Recioto Amarone della Valpolicella. A 49 anni presenta un colore ancora carico al cuore del bicchiere con riflessi aranciati. Al naso prugna matura, spezie e boisée. In bocca marmellata e grande corpo. Un precursore dell’Amarone di grande potenza.
Santa Sofia, 1983 - Recioto della Valpolicella Amarone Classico Superiore. A 33 anni il suo colore è ancora brillante con un’unghia appena aranciata. Al naso accanto a frutta passita e spezie colpiscono le erbe officinali, timo in particolare. In bocca concentrato, ancora fresco, chiude con note chinate, persistono uva passa e rafano.
Pasqua Cecilia Beretta 1985 - Amarone della Valpolicella Classico Terre di Cariano. Il colore mantiene ancora brillantezza nonostante i suoi 35 anni, unghia appena aranciata. Naso delicato, complesso, con note di more, cioccolato, tabacco e cuoio. In bocca moderatamente concentrato, conferma il naso.
Roccolo Grassi 1997- Amarone della Valpolicella. Il colore è intensissimo e compatto, schiarisce sull’unghia. Al naso complesso e ampio, cacao, cioccolato, vaniglia e spezia dolce. In bocca avvolgente e spesso con retrogusto di composta di more e fragole. Ancora giovane, ha lunga vita.
Dal Forno, 2004 - Amarone Valpolicella. Colore impenetrabile. Naso intenso e ampio con note fortemente balsamiche di menta, vaniglia, frutta matura e lieve ricordo di smalto. In bocca, superconcentrato, propone le note preannunciate al naso con una presenza rilevante di uva appassita. Il tannino ha una presa decisa sul palato. Finale lungo e ritorno di mora.
Cantina Valpolicella Negrar, 2008 - Amarone della Valpolicella Classico Riserva Domini Veneti Mater. Colore intenso con unghia lievemente aranciata. Naso fine, complesso, ampio di lampone e vaniglia, caffè, cioccolato, cocco, di dolcezza intensa chiude con una nota amara agrumata di tamarindo. Lungo, al palato conferma il naso, bel calore alcolico e finale di uva passa.

Novaia, 2010 - Amarone della Valpolicella Classico Corte Vaona. Il colore è brillante e intenso senza essere impenetrabile e denuncia l’obiettivo di rendere l’Amarone compagno della tavola. Al naso frutta rossa fresca, fragola e ciliegia e un tocco di timo, chiude con un’ampia speziatura. In bocca la spezia si amplifica e gli dà particolare verve, si sposa con la mora e il lampone.

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