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Il bianco prodotto nell’isola carceraria di Gorgona, grazie al progetto firmato Frescobaldi, ha aperto la strada al vino come riscatto sociale, ed ora dal lavoro dei carcerati della casa circondariale di Alba, insieme a Syngenta, ecco il “Valelapena”

L’agricoltura non è solo fonte di guadagno economico, è qualcosa che ripaga di ogni fatica, che unisce le persone e che spesso serve come riscatto. Lamberto Frescobaldi, nel 2012, ha capito il potenziale della produzione vitivinicola nel percorso di reinserimento dei detenuti nella società, ed è grazie al suo contributo, materiale e professionale, che è nato il Gorgona, bianco delle vigne dell’isola difronte a Livorno su cui sorge il carcere: tutti i vari passaggi, dalla potatura delle viti alla vinificazione, sono gestiti direttamente dai detenuti, come succederà, proprio sull’onda del successo di Gorgona, in un’altra isola ed in un altro carcere, quello di Pianosa.
Il format funziona, i detenuti si rendono utili e trovano così il loro posto nel mondo, senza ricadere nella criminalità, e tutto il sistema ci guadagna. Tanto che, lontano dalla Toscana, in un’altra Regione in cui la vite è il fiore all’occhiello del settore agricolo, il Piemonte, è nato qualcosa di simile: il 16 dicembre, al convegno “Il lavoro dentro … Dentro al lavoro”, ad Alba, sarà presentato il vino Valelapena, da un progetto, nato nel 2006 insieme alla multinazionale Syngenta, al Ministero della Giustizia, all’Istituto Enologico di Alba ed ai Comuni di Alba e Bra, che vuole sostenere il recupero dei detenuti della Casa Circondariale d’Alba attraverso la formazione agricola specifica, e l’impegno diretto dei detenuti in un vigneto proprio dentro il carcere.
Valelapena è un ulteriore simbolo di come l’agricoltura sia un settore fondamentale per il reinserimento la riabilitazione dei carcerati, che spesso una volta scontata la loro pena si ritrovano emarginati dalla società.

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