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L’Italia sia contro all’Estonia, presidente Ue, che nella giusta lotta ai danni dell’alcol, non distingue tra uso e abuso, e accomuna alcol e tabacco. Lo scrivono Assoenologi, Federvini, Federdoc, Uiv, Cooperative, Cia e Confagricoltura al Governo

Il vino è cultura, ed è uno dei pochi prodotti che, pur con un “cuore mediterraneo” prevalente, si produce praticamente ad ogni latitudine dell’Unione Europea, dall’uscente Regno Unito alla Grecia.
Come sono cultura, storia ed economia, allo stesso modo, le grappe in Italia, il Whisky in Scozia o la irra in Germania, solo per fare degli esempi tra i tanti possibili
Eppure, nel dibattito delicato sullo smodato consumo di alcol che trova terreno fertile soprattutto nel Nord e nell’Est Europa, c’è chi ancora non ne tiene conto. E così, il vino italiano si mobilita contro i nuovi venti di “proibizionismo” che soffiano in Europa, sotto la presidenza Estone, che nel documento “Crossborders aspects in alcohol policy-tackling harmful use of alcohol”, “ha identificato l’uso dannoso dell’alcol come una delle sue priorità in campo sanitario”, e fin qui niente di male, se non fosse che nelle conclusioni, in buona sostanza, viene fatta di tutta l’erba un fascio, non solo non distinguendo tra uso e abuso, ma accomunando tout court alcol e vino al tabacco. È il senso della lettera che le rappresentanze del vino italiano, unite, hanno inviato al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, al Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina e alla Ministra della Salute Beatrice Lorenzin, per chiedere che l’Italia in Europa contrasti questa visione. Nel documento, firmato dai presidenti di Assoenologi (Riccardo Cotarella), Federdoc (Riccardo Ricci Curbastro), Federvini (Sandro Boscaini) e Unione Italiana Vini (Ernesto Abbona), e delle principale organizzazioni agricole - ad eccezione di Coldiretti - come Alleanza delle Cooperative (Giorgio Mercuri), Cia - Confederazione Italiana Agricoltori (Dino Scanavino) e Confagricoltura (Massimiliano Giansanti), in cui si legge come “a più riprese l’Estonia ha sottolineato che il tema doveva essere trattato dall’Unione europea ponendo l’accento, come misure per la soluzione del problema, sulle questioni di etichettatura, sul commercio transfrontaliero e sulla pubblicità delle bevande alcoliche. Durante le discussioni, anche grazie al contributo italiano, è stato riconosciuto che vi sono condizioni sociali ed abitudini differenti nei diversi stati membri che devono essere sempre considerati”.
Ma tutto questo, evidentemente, è stato disatteso, poiché, scrivono ancora le organizzazioni di filiera nella lettera, “la Presidenza estone, tuttavia, ha concentrato il documento conclusivo sul tema “Crossborders aspects in alcohol policy-tackling harmful use of alcohol”. Di questo documento ci preoccupa l’accostamento delle bevande alcoliche al tabacco, negando loro la natura di prodotto alimentare; la critica ai messaggi di prevenzione come “bere con moderazione”, e la non legittimità dei produttori di bevande alcoliche a partecipare alla ricerca di soluzioni che evitino l’uso dannoso dell’alcol”.
Il tutto, vale la pena ricordarlo, a pochi mesi dalla scadenza (a marzo 2018) fissata dalla Commissione Europea, entro la quale la filiera delle bevande alcoliche Ue dovrà presentare un accordo quadro per fornire ai consumatori informazioni circa gli ingredienti e il loro valore nutrizionale in etichetta, una sorta di autoregolamentazione che poi la Commissione valuterà (https://goo.gl/vnBX5G).
“In generale, desideriamo richiamare ancora una volta l’attenzione sulla mancanza d’imparzialità - scrive il mondo del vino italiano - nel dibattito condotto sulla base della visione esclusivamente nordeuropea: cultura del bere, informazione positiva ed educazione vengono negati come elementi importanti nel formare consumatori attenti e responsabili mentre ancora una volta si tenta di agire con strumenti regolatori che hanno dimostrato nel tempo tutta la loro inefficacia nel modificare gli stili di vita. In questo scenario, pur condividendo ed auspicando ogni possibile intervento per contrastare tutte le forme di abuso o cattivo consumo delle bevande alcoliche, chiediamo che le conclusioni finali siano equilibrate, conformi ai Trattati europei e rispettose di questi elementi: sia messo in risalto l’uso dannoso di alcol e non il consumo di alcol in generale; sia presa in considerazione la cultura del vino e più in generale la diversità dei contesti nazionali (i Paesi dove tradizionalmente si consuma più vino, infatti, sono quelli dove i danni da abuso di alcol sono minori); sia riconosciuta la legittimità dei produttori di vino a partecipare al dibattito e alla ricerca di soluzioni per trattare la questione dell’uso dannoso di alcol; sia considerata l’importanza dell’educazione e della prevenzione. Ove il documento fosse privo di questi elementi domandiamo che rimanga nella responsabilità della presidenza di turno e non sia sostenuto con il voto favorevole dell’Italia”.
Un tema delicato, più di quanto possa sembrare, e sul quale nei giorni scorsi era già intervenuto anche il vicepresidente della Commissione Agricoltura alla Camera, Massimo Fiorio: “la cultura mediterranea del vino, la sua storia e la sua tradizione - ha affermato Fiorio - non hanno niente a che vedere con la visione nordeuropea di eccesso e sballo. Ogni esagerazione va stigmatizzata e va promossa l’educazione al “bere responsabile” - conclude Fiorio - ma chiediamo al Governo ed ai Ministeri competenti di rigettare con forza ogni posizione dell’Ue che stigmatizzi le bevande alcoliche mettendone in risalto solo l’aspetto dannoso” (https://goo.gl/adu83Q).

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