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Legge enoturismo, le Città del Vino: “no a modelli all’americana, il turismo del vino non prescinde dai territorio”. Il Senatore Dario Stefàno: “i tempi per chiudere nella legislatura ci sono, tutta la filiera coinvolta nei lavori”

Italia
Legge Enoturismo, il senatore Stefàno: ci sono comunque tempi per chiudere. Le Città del Vino, no modelli americani

“Niente modelli all’americana in un Paese con secoli di storia, arte, paesaggi e monumenti. Alcune Strade hanno fallito, altre hanno avuto successo. Ripartiamo dai modelli positivi per esportarli in tutta Italia”. Così Floriano Zambon, presidente della Città del Vino, che aggiunge la voce dell’associazione al dibattito che si è aperto in questi giorni sulla legge sull’enoturismo che è in Parlamento, dopo la presa di posizione rilanciata ieri dalle Strade del Vino (https://goo.gl/GG7LhP), che tra le altre cose hanno criticato l’atteggiamento del Movimento Turismo del Vino. Secondo Zambon, i punti fondamentali da cui partire sono finanziamenti ad hoc ai territori per efficaci strategie di promozione enoturistica di medio-lungo periodo; analisi e monitoraggio costante del mercato e delle tendenze; sostegno e finanziamento delle Strade del Vino, ideali cabine di regia sui territori per fare da collante tra il pubblico e gli operatori privati coinvolti a vario titolo (cantine, alberghi, ristoranti, enoteche, musei, agenzie di servizi, Comuni, proloco e così via); norme più chiare per la somministrazione e la vendita dei vini in cantina.
“Pieno sostegno alle preoccupazioni di chi opera sui territori, a stretto contatto con gli enoturisti, con impegno, ma con poche risorse e un vuoto normativo che da anni chiediamo di riempire con una legge che dia dignità e giusto peso all’enoturismo come settore strategico nazionale - dice Zambon - un fenomeno che le Città del Vino promuovono e studiano da anni con strumenti, azioni, iniziative. Tra queste l’Osservatorio realizzato con l’Università di Salerno, ad oggi l’unica e puntuale fotografia del mercato enoturistico in Italia”, sottolinea il presidente di Città del Vino. Che aggiunge: “sbaglia chi pensa a modelli all’americana o all’australiana: in Italia il turismo del vino non prescinde dai territori. Abbiamo bellezze, prodotti, tradizioni, una storia lunga secoli che ci ha lasciato in eredità patrimoni artistici e monumenti che tutto il mondo sogna di visitare. Sono questi i contesti dei vari attori in campo, dalle cantine a chi fornisce i servizi all’enoturista. Lasciamo quindi i modelli privatistici a chi non può vantare una storia e un’eredità come la nostra e di altri Paesi in Europa. Smettiamola anche di pensare alle Amministrazioni locali come mere erogatrici di servizi, dalla raccolta differenziata alla segnaletica. L’impegno dei politici e dei sindaci, che hanno un mandato elettorale conferitogli dai cittadini sui programmi, è anche di favorire una visione di lungo periodo che faccia crescere tutti, il privato e il pubblico, entro orizzonti condivisi. Questo vale per tutto, ma riportando la questione all’enoturismo - conclude Zambon - è chiaro che le Strade del Vino possono essere uno strumento, anche se non esclusivo, per realizzare questi obiettivi sui territori. Certo, alcune funzionano, altre non sono decollate per incapacità gestionali o mancanza di risorse. Ma non generalizziamo, anzi prendiamo ad esempio quelle Strade che rappresentano una buona pratica enoturistica e ripartiamo da queste per ridisegnare il futuro”.

In ogni caso, il timore più grande, nonostante ci siano ben due proposte di legge in Parlamento (quella a firma Dario Stefàno al Senato, e quella a firma Mongiello alla Camera), è “che rischiamo anche in questa legislatura di non avere un quadro normativo ad hoc per un settore che vale 14 milioni di arrivi enoturistici e 2,5/3 miliardi di euro” di giro d’affari sui territori, ricordano le Città del Vino. Ma su questo lo stesso Dario Stefàno, sentito da WineNews, rassicura: “sul testo è in aspettiamo il parere della Commissione Bilancio e poi lo porteremo in aula, ma sono fiducioso perchè i tempi per chiudere in questa legislatura ci sono. Non entro nelle posizioni dei singoli, ma dico solo che nelle audizioni abbiamo coinvolto tutti, filiera, associazioni, autonomie locali, poi è chiaro che il legislatore si deve assumere l’onere di arrivare al testo di legge.
Quello che conta, ora, e dare un quadro di riferimento che dia dignità ad un settore che già esiste, quello dell’enoturismo, e che individui a livello nazionale quali sono i requisiti che qualificano l’operatore enouturistico, per evitare che ci siano troppe differenze tra singole Regioni, come accaduto con l’agriturismo, con degli standard nazionali anche a tutela dell’enoturismo. E che, ultimo ma non per ultimo, dia un quadro di riferimento da un punto di vista amministrativo ed impositivo, perchè uno dei rischi maggiori per gli operatori oggi è di incorrere in sanzioni fiscali perchè non c’è un inquadramento chiaro di quale regime fiscale disciplina quel servizio turistico. Stiamo lavorando, non si tratta di far mettere il cappello sul testo a questo o a quello, si tratta di disciplinare l’enoturismo. Poi ogni soggetto che avrà la capacità di mettere in piedi reti potrà farlo al meglio. Di certo le Strade del Vino non possono più rispondere alle esigenze di oggi. Se l’esistente avesse funzionato, ad oggi non ci sarebbe bisogno di un nuovo quadro di riferimento. È chiaro, però, che la volontà sia quella di mettere l’enoturismo in relazione con i territori. In un Paese come il nostro non potrebbe essere altrimenti”.

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