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Per i 50 anni il Consorzio di Montalcino celebra il 28-29 aprile alcuni personaggi storici con esperti, fa una Guida con Michelin agli chef italiani, una verticale, una charity dinner con chef Enrico Cerea. Focus: la storia del Brunello per WineNews

Italia
I vigneti del Brunello di Montalcino

1967-2017: 50 anni fa nasceva il Consorzio del Brunello. Mezzo secolo che sarà celebrato a Montalcino il 28 ed il 29 aprile, in una due-giorni in cui il Consorzio ripercorrerà la sua storia, chiamando per farlo alcuni dei personaggi storici del territorio e premiando i protagonisti del 1967, e guaderà al futuro con giornalisti, comunicatori e imprenditori, chiamati a tracciare gli scenari in cui i produttori dovranno cimentarsi per mantenere la leadership internazionale, a partire dal fondatore di Vivino Heini Zachariassen, in due diversi talk show. E, proseguendo una partnership già più volte rinnovata, ci sarà anche la presentazione di una Guida creata con Michelin e dedicata agli chef stellati italiani, con Marco Do, direttore della Comunicazione Michelin Italia. Quindi, come già anticipato da WineNews sul programma delle celebrazioni, ci saranno una degustazione verticale di vini e annate significative condotta dal sommelier Campione del Mondo Luca Martini, e una charity dinner stellata con lo chef Chicco Cerea in favore della Misericordia di Montalcino, accanto ad una nuova limited edition di Brunello.
La due-giorni inizia il 28 aprile, giorno in cui venne fondato il Consorzio, all’indomani del riconoscimento della Doc al Brunello di Montalcino, con il convegno al Teatro degli Astrusi “Il coraggio e l’orgoglio: i protagonisti del Brunello 50 anni dopo”, condotto dal giornalista Luciano Ferraro del quotidiano “Corriere della Sera”. Dopo la proiezione di un video che ripercorre le tappe principali del Consorzio, verranno premiati e ricordati i soci fondatori. Seguirà, tra i protagonisti storici, un’intervista a Francesca Colombini Cinelli, una “signora del Brunello” e della sua storia con la Fattoria dei Barbi, pionera nel puntare sull’enoturismo, ma anche sulla sua cultura, con l’invenzione negli anni Ottanta di un importante riconoscimento internazionale che ha premiato i più grandi personaggi della cultura, della letteratura e del giornalismo italiano e internazionale, ed Ezio Rivella, già presidente del Consorzio ed oggi past presidente, e, soprattutto enologo-manager del “più grande progetto mai realizzato nella produzione di vini di qualità in Italia” opera dei fratelli italo-americani Mariani come viene definita la Castello Banfi, fondata alla fine degli anni Settanta, ed oggi una delle realtà più importanti del vino italiano che ha fatto conoscere il Brunello nel mondo, che dialogheranno sul grande fenomeno e successo del Brunello ricordando i personaggi che partendo da una fase pioneristica hanno portato il grande rosso toscano ai vertici dell’enologia mondiale (ma senza la famiglia Biondi Santi, che nell’Ottocento ha inventato il Brunello di Montalcino nella storica Tenuta Greppo, dove ancora oggi se ne custodiscono la tradizione e il BBS/11, Brunello Biondi Santi, vite n. 11, unico clone aziendale di Sangiovese grosso, ndr). Chiuderà i lavori Marco Do, direttore della Comunicazione di Michelin Italia, con la presentazione della Guida Michelin dedicata agli chef stellati italiani e creata apposta per l’occasione che sancisce una partnership ormai consolidata tra il Consorzio e la Guida più famosa al mondo, rinnovata a “Benvenuto Brunello 2017” a Montalcino con la Michelin testimonial delle stelle assegnate alla vendemmia 2016, celebrate nella tradizionale piastrella. Infine, una charity dinner (per raccogliere fondi per la Misericordia di Montalcino, ndr) nella cornice della Fortezza, a cura dello chef Enrico Cerea, del ristorante tre stelle Michelin “Da Vittorio” a Brusaporto (il costo è di 250 euro a persona, ndr).
Il 29 aprile sarà, invece, dedicato agli scenari futuri con l’incontro “La grande sfida del Brunello: i mercati del futuro”, in cui Ferraro stimolerà il confronto tra il fondatore di Vivino Heini Zachariassen, Marcello Masi, già direttore del Tg2 e conduttore della trasmissione Linea Verde Il Sabato su Rai1 e ideatore della trasmissione I Signori del Vino, il vicedirettore del Tg5 Giuseppe De Filippi, e il responsabile di Wine Monitor per Nomisma Denis Pantini (con il lancio della prima App enoturistica su Montalcino by Copernico); al centro del dibattito come il Consorzio ed il Brunello dovranno affrontare le sfide del mercato internazionale sia sotto l’aspetto dei nuovi media e delle nuove tecnologie per la vendita e distribuzione, sia da quello della comunicazione sia infine da quello della trasformazione del comportamento di acquisto e della domanda a livello mondiale.
Ma ci saranno anche una degustazione verticale con le etichette-simbolo di alcune cantine e delle annate più significative degli ultimi 50 anni, condotta dal sommelier campione del mondo Luca Martini (28 aprile) ed una limited edition di bottiglie di Brunello di Montalcino 2012 (con etichetta ispirata alla piastrella celebrativa della vendemmia, realizzata dalla griffe della moda Cruciani, ndr).

Info:
www.consorziobrunellodimontalcino.it

Focus - C’era una volta il Consorzio del Brunello. Ma ancora prima c’era il Brunello, inventato a fine Ottocento dalla famiglia Biondi Santi. Inizia da qui la storia di WineNews del grande rosso, ripercorsa mentre il Consorzio celebra i 50 anni (1967-2017)

C’era una volta il Consorzio del Vino Brunello di Montalcino. Ma ancora prima c’era il Brunello, inventato alla fine dell’Ottocento nella Tenuta Greppo della famiglia Biondi Santi, a Montalcino, dove già Clemente Santi, sperimentando nuove tecniche enologiche, otteneva riconoscimenti per il suo “vino rosso scelto (Brunello) del 1865”, e nel 1870, il nipote, il “garibaldino” Ferruccio selezionava un particolare Sangiovese vinificandolo in purezza, e ancora oggi se ne custodisce la tradizione, a partire proprio dal clone BBS/11 (Brunello Biondi Santi, vite n. 11, unico clone aziendale), ma anche bottiglie storiche dal valore inestimabile, dal Brunello Riserva 1888 alla mitica Riserva 1955, unico italiano inserito dalla rivista Usa “Wine Spectator” tra i 12 migliori vini del Novecento, fino alle annate più recenti, tra i fine wine più costosi e desiderati. Inizia da qui la storia del Brunello di Montalcino, che WineNews ripercorre mentre il Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, fondato il 28 aprile del 1967, all’indomani del riconoscimento della Doc al Brunello, tra le prime d’Italia (il 28 marzo con Decreto del Presidente della Repubblica; Docg dal 1980), da alcuni produttori illuminati sulle sue potenzialità (erano 25 all’epoca) che vollero creare un ente che tutelasse la produzione enoica del territorio, celebra i suoi 50 anni.

Nell’analisi del fenomeno Brunello da parte di WineNews, al di là della sua invenzione a fine Ottocento, ad opera della famiglia di scienziati e letterati Biondi Santi (nel solco di un humus comune ad altre famiglie borghesi di Montalcino, come gli Angelini, Anghirelli, Costanti, Padelletti, Paccagnini...),  il Brunello è un vino assolutamente moderno, il cui distretto è nato a metà anni Settanta, a partire da un investimento, “monstre” all’epoca, per un territorio che, oggi, è uno dei più grandi attrattori di capitali. È quello ad opera della famiglia italo-americana Mariani, insieme all’enologo-manager Ezio Rivella, alla base della nascita di una delle più grandi aziende italiane e internazionali: Castello Banfi. Una scintilla, che ha innescato uno sviluppo virtuoso di questo territorio, con l’ottimo perato dei sindaci Ilio Raffaelli e Mario Bindi, grazie al Brunello ed ai conseguenti investimenti, dal vigneto alle cantine, ma anche a scelte importanti di marketing e comunicazione, di aziende che, accanto ad un pugno di mezzadri e agricoltori locali (Nello Baricci, Primo Pacenti, Benito Cencioni, Alfo Bartolommei, Assunto Pieri ...)

in questo modo, hanno innalzato l’immagine di tutto il territorio. Aziende, e famiglie già artefici della storia del Brunello, come la Fattoria dei Barbi di Francesca Colombini Cinelli, e poi Col d’Orcia e la storica Argiano dei Marone Cinzano (appartenuta prima alla famiglia Gaetani Lovatelli d’Aragona), Il Poggione della famiglia Franceschi e, più tardi, l’arrivo dei milanesi: Consonno (ad Altesino e Caparzo, oggi di Elisabetta Gnudi Angelini), Soldera (a Case Basse), Bellini (Santa Restituta) ... Ma anche con l’arrivo, negli anni Ottanta, per esempio, del pittore-vigneron Sandro Chia che, primo di una lunga schiera di vip e personaggi famosi davvero di ogni settore che continuamente si arricchisce, ha scelto Montalcino e il Castello Romitorio per produrre il suo vino.
Senza dimenticare, in epoca più tarda, i riconoscimenti ai vertici della critica internazionale, da ultimi, con la pluricelebrata annata 2010, con la quale “The Wine Advocate” ha assegnato per la prima volta i 100/100 al grande rosso toscano, con il Tenuta Nuova di Casanova di Neri (già miglior vino al mondo al vertice della top 100 di “Wine Spectator” con l’annata 2001), il Madonna delle Grazie de Il Marroneto e con il Pian dell’Orino.

Tutto questo ha portato all’affermazione del fenomeno Brunello. Dietro al quale, oggi, c’è una realtà di 250 aziende, che hanno un mercato mondiale, ma anche locale, se si pensa “al mondo” che ogni anno viene a Montalcino grazie al turismo del vino. E tutti motivi per cui, il futuro di Montalcino e del Brunello, sarà sempre di più, e ancora di più, proiettato a livello internazionale.

Più 2.474%: basta questo dato, analizzato da WineNews, per comprendere quello che è oggi Montalcino. È la percentuale di rivalutazione di un ettaro di vigneto a Brunello, dal 1966 anno di nascita della Doc (quando erano 64 ettari), quando valeva 1,8 milioni di lire, ad oggi che vale 400.000 euro (e gli ettari vitati sono 2.100, su 3.500 totali). Una crescita in valore di oltre 25 volte, che ne fa il “re” anche dei territori del vino italiano esplosi negli ultimi 50 anni (dove il valore di un ettaro a Brunello, a quotazioni di mercato, è stimato tra i 450 ed i 500.000 euro, e lo sfuso viaggia sui 1.000 euro al quintale),
alimentando quell’appeal che sembra inarrestabile nell’attrarre capitali, con tutti i più grandi marchi del vino italiano (da Antinori a Gaja), e investitori-imprenditori stranieri, muovendo un business stimato di 170 milioni di euro (per una produzione di 14 milioni di bottiglie, di cui 9,1 milioni di Brunello e 4,5 milioni di Rosso di Montalcino). Ma anche annoverandolo tra i territori del vino più prestigiosi al mondo a livello internazionale, con i quali necessariamente a livello locale, in un futuro che sempre più passa dalla zonazione e dall’educazione dei consumatori alle diversità, va mantenuto un passo spedito e competitivo.

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