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“Il mondo vuole i nostri vitigni autoctoni. Iniziamo a raccontarne alcuni, per poi valorizzare gli altri ...”. Così Ian d’Agata, guida del “Progetto Vino” di Collisioni, in Friuli Venezia Giulia, alla scoperta dei rossi autoctoni di una regione bianchista

Italia
Ian d’Agata: “il mondo vuole i nostri vitigni autoctoni. Iniziamo a raccontarne alcuni, per poi valorizzare gli altri...”

“Il 90% dei vini di Francia sono prodotti da 15 uve, in California si punta su 7-8. L’Italia ha oltre 500 vitigni che danno vita ai suoi vini, è una grande fortuna. Molti ancora non si conoscono bene, ma vanno valorizzate. Magari partendo da un gruppo più ristretto, da raccontare al mondo, per poi investire piano piano sulle altre, senza pero scartarne nessuna a priori”. È questa la filosofia alla base del “Progetto Vino on the Road” di Collisioni, spiegato a WineNews da Ian d’Agata, che è il coordinatore del ramo vinicolo del festival Collisioni di Barolo, ideato da Filippo Taricco, al via della tappa in Friuli Venezia Giulia, il 19-20 novembre, a Cividale del Friuli, al Castello Canussio, dove oltre 30 esperti da tutto il mondo, dal wine merchant e consulente di Decanter Steven Spurrier al giornalista Toni Aspler, dal blogger americano Levi Dalton (“I’ll drink to that”) alla wine educator cinese Lingzi He di “vinehoo.com”, ma anche giornalisti, sommelier ed operatori da Olanda, Germania, Canada, Russia, Grecia e Filippine, avranno modo di conoscere l’anima meno nota ma fortemente tipica e caratterizzante del Friuli Venezia Giulia, ovvero i suoi rossi da vitigni autoctoni, come Pignolo, Refosco, Schioppettino, Terrano e Tazzeleghe (https://goo.gl/a29104).

Una scommessa, in una Regione celebre per i suoi grandi vini bianchi come il Friuli, spiegano Taricco e l’assessore all’Agricoltura della Regione, Cristiano Shaurli. Ma, spiega Ian d’Agata, “nel mondo c’è voglia di tipicità italiana, che va raccontata”, e poi pur in una regione bianchista come il Friuli, “questi vini rossi non sono antagonisti dei bianchi, ma sono una unicità che serve a crescere, e anche grazie alla loro migliore qualità rispetto al passato hanno oggi l’opportunità di conquistarsi uno spazio nel mondo, se si pensa che l’export vinicolo regionale dal 2010 al 2015 è cresciuto di oltre il 50% per merito dei produttori”, aggiunge Shaurli, “mostrando quella biodiversità vinicola, ma anche culturale, che domani si tradurrà anche in una biodiversità commerciale vincente nel mondo”, sottolinea Taricco.

Un percorso, quello iniziato da Collisioni sul fronte della divulgazione dei vini da vitigni autoctoni meno conosciuti delle Regioni d’Italia, che ha toccato le Marche, e ora approda in Friuli Venezia Giulia per quello che, dicono i protagonisti, è “soltanto un “numero zero”, perchè vogliamo che diventi un appuntamento fisso per il futuro”, ma che già guarda oltre confine: “stiamo lavorando per un piccolo evento in Canada, forse a maggio 2017, dedicato proprio ai nostri vini da vitigni autoctoni”, ha detto Ian d’Agata. “Sono una grande risorsa per tutto il Paese, sono delle unicità che il mondo ci invidia - ha aggiunto l’esperto italo-canadese di madre friulana - e poi voi qui in Friuli siete su una miniera d’oro in questo senso, perchè se è vero che non tutti i vitigni autoctoni oggi sono in grado di esprimere grande qualità. C’è da lavorare, voi ne avete tanti che danno vini di alto livello, vanno solo raccontati, anche portando esperti di Paesi diversi a conoscere i prodotti ed il territorio”.
D’altronde, in una terra storicamente di confine come il Friuli Venezia Giulia, l’incontro e la convivenza tra “anime locali e forestiere” fa parte del “genius loci”. E si riflette anche nella produzione vinicola di tutto il territorio: oggi sono 8 le Doc che compongono il panorama vitivinicolo regionale, Friuli Latisana, Friuli Grave, Friuli Annia, Friuli Aquileia, Friuli Colli Orientali, Collio, Friuli Isonzo, e Carso, a cui vanno aggiunte le due doc interregionali del Prosecco e di Lison di Pramaggiore, entrambe condivise con il Veneto, e 3 le Docg, Ramandolo, Rosazzo e Colli Orientali del Friuli Picolit.
Una produzione, come detto, in prevalenza bianchista, con vini che nascono da vitigni del territorio come Friulano, Malvasia Istriana, Ribolla Gialla. Vitovska, Picolit, o Ramandolo, ma anche grandi internazionali come Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Sauvignon.
Ma anche con tanti vini rossi, meno conosciuti ma non per questo meno storicizzati, alcuni noti fin dai tempi dei romani, che, anche in questo caso, prosperano affianco alle grandi varietà internazionali, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Pinot Nero, che si esprimo ai massimi livelli in un territorio che va dalle grandi montagne delle Alpi e Prealpi Carniche, con tante vette che superano i 2500 metri, fino al mare, dalle coste ad Ovest della foce dell’Isonzo, con le celebri spiagge di Grado e Lignano Sabbiadoro, a quelle che guardano a Oriente, sormontante dall’altopiano del Carso, che si tuffa nell’adriatico, tra Gorizia e Trieste. Passando per le pianure fluviali e dalle colline che accarezzano il confine con la Slovenia. Una terra ricca di storie da raccontare, anche nel calice.

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