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Già “vice parlamento” come lo chiamavano quando era solo caffé per il suo più illustre cliente, Cavour, amato da Casanova e Madonna, oggi ristorante stellato con un menu dello chef Baronetto che ripercorre la storia: 260 anni per Del Cambio a Torino

Non Solo Vino
Uno dei piatti di Matteo Baronetto, chef del Del Cambio di Torino

I giornali satirici di metà Ottocento lo chiamavano “il vice parlamento”: una frecciata al Conte di Cavour, Primo Ministro del Regno d’Italia, noto cultore di cibo e di buon vino. Era tra i clienti più assidui dell’allora caffè “Del Cambio” di Torino che si affaccia su piazza di Palazzo Carignano, sede della Camera dei Deputati: si narra che Cavour avesse un suo tavolo prediletto e da lì tesse d’occhio la finestra del suo studio, proprio di fronte, per essere avvisato dal segretario in caso di emergenze. Prima di lui e dopo, il caffè - oggi ristorante stellato - ebbe tantissimi frequentatori illustri: dal libertino Giacomo Casanova che lo cita nelle sue “Memorie”, ricordando di esservi passato nel 1759, fino alla cantante Madonna. Il ristorante ha festeggiato 260 anni: il 5 ottobre 1757 è la data ufficiale di fondazione del Cambio, il momento in cui un certo signor Vigna ottiene il permesso di edificare, su disegno dell’architetto Antonio Bellino, l’edificio che sarà sede del caffè e poi ristorante Del Cambio. Anniversario festeggiato, lo stesso giorno, con il lancio del nuovo menù-manifesto dello chef stellato Matteo Baronetto: si chiama “Del Tempo” ed è un divertente revival culinario di alcuni piatti iconici ma vintage, spesso anche kitsch anni Sessanta come le pennette panna e salmone, i gamberetti in salsa cocktail e gli gnocchi alla bava. Undici piatti e un cocktai, L’Americano, che accompagna il dolce, il bunet. Baronetto ne propone in tavola due versioni: quella vintage e quella moderna. Un gioco che contempla anche la scelta di una o dell’altra come preferite dal cliente.

“Nel Tempo - spiega Matteo Baronetto - nasce per curiosità, per ironia, per memoria, per cultura, per raccontare delle storie: un menù-manifesto, che tramuta quelli che sono stati i trend gastronomici degli ultimi decenni del secolo scorso in qualcosa di diverso eppure del tutto riconducibile all’originale. Mi piace pensare a una piccola operazione di “revisionismo culinario” che ha per oggetto alcuni piatti iconici della nostra tradizione: dalle penne panna e salmone alla milanese, le acciughe al verde, i gamberetti in salsa cocktail, il brasato al barolo. Vorrei fotografare un pensiero che duri nel tempo, guardando a quello che siamo stati, che siamo e che saremo. Attingendo ai propri ricordi spero che chi assaggerà questi piatti possa divertirsi in un piccolo gioco di confronti, interrogandosi sul gusto che passa e scegliendo di volta in volta la propria versione preferita”. Il menù comprende, oltre ai piatti già citati, vitello tonnato, finanziera, lasagna al ragù di vitello, peperoni e acciughe, bonèt. Il dolce accompagnato appunto da L’Americano.

Il gioco-menu è diventato anche un’esposizione nel dehors del ristorante che fino al 5 novembre, si aprirà al pubblico in modo da ripercorrere un pezzo di storia della cucina italiana e metterla a confronto con le rivisitazioni firmate da Baronetto.

E come in ogni compleanno che si rispetti non poteva mancare una torta. Nasce così Torta 1757 dalla fantasia dello chef patissier Fabrizio Galla, e del team di pasticceria della Farmacia Del Cambio. Un impasto di nocciole, mandorle, gianduiotti e yuzu, un agrume dell’Estremo Oriente. La forma ricorda la nascita del nome “Cambio”: c’è chi sostiene arrivi dalla ruota dei carri che in piazza Carignano secoli fa facevano il “cambio” dei cavalli in transito da e verso Parigi. Altri propendono per la versione vecchia moneta bucata, visto che la piazza era ritrovo della gente d’affari e di commercio e il caffè ospitava “la borsa dei negozianti”. Per dirla con Cavour, “alea iacta est (oggi abbiamo fatto la storia) e adesso andiamo a mangiare”.

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