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“Gli Usa vogliono cancellare le eccellenze alimentari Ue a Indicazione Geografica”: a lanciare l’allarme la Fondazione Qualivita, con Mauro Rosati e Paolo de Castro, che ha analizzato due documenti appena pubblicati dal Governo di Trump

Non Solo Vino
Gli Usa vogliono cancellare le eccellenze alimentari Ue a Indicazione Geografica: a lanciare l’allarme la Fondazione Qualivita, con Mauro Rosati e Paolo de Castro

Tanto tuonò che piovve. Dopo gli allarmi su potenziali dazi e barriere all’ingresso di prodotti stranieri nel mercato Usa, in qualche modo edulcorati dai buoni risultati dei primi mesi del 2017 (+6,8% nel primo trimestre dopo, il record di 3,8 miliardi di euro nel 2016, con gli States che si confermano primo partner extra Ue per l’Italia e terzo in assoluto dopo Germania e Francia, dati Coldiretti), ora sembra che il pensiero guida del presidente Trump, “America First”, si stia concretizzando davvero. Al punto che, secondo la Fondazione Qualivita, guidata da Mauro Rosati e del presidente del Comitato Scientifico Paolo de Castro, “gli Usa vogliono cancellare le eccellenze alimentari Ue a Indicazione Geografica”.
Una considerazione dura e allarmante, che arriva dall’analisi di due documenti appena pubblicati dal Dipartimento Usa per il commercio (Ustr): “L’Agenda 2017 delle politiche del commercio USA e il rapporto annuale sul programma degli accordi commerciali” e, in particolare, il rapporto annuale sulla protezione della proprietà intellettuale “2017 Special 301 Report”, tra le cui righe, secondo la Fondazione, è palese un vero e proprio attacco a Dop e Igp. Con una conseguenza evidente: “la posizione del Dipartimento Usa sul commercio potrebbe portare dazi per i prodotti agroalimentari italiani ed Ue”, spiega De Castro, che è anche Primo Vice-Presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo.
In particolare, spiega Qualivita, nel rapporto governativo “2017 Special 301 Report” si sottolinea il continuo impegno dell’amministrazione Trump a limitare i “danni creati dal riconoscimento delle Indicazioni Geografiche (IG) da parte dell’Unione europea”. La relazione evidenzia l’esistenza di minacce, tuttora in corso, per le aziende statunitensi che usano i nomi comuni dei prodotti agroalimentari, all’interno degli Usa e nel commercio globale. Nel merito, vengono evidenziati “gli effetti negativi che l’approccio dell’Unione europea nei confronti delle Indicazioni Geografiche può avere per i produttori e commercianti statunitensi nell’accedere ai mercati internazionali e del terzo mondo, specialmente quelli con diritti precedenti sui marchi commerciali oppure quelli che confidano nell’uso dei nomi comuni dei prodotti agroalimentari.”
“La posizione dell’Ustr sul modello europeo di certificazione è molto pericolosa - spiega ancora De Castro - perché potrebbe essere usata come giustificazione per proporre dei dazi specifici su queste produzioni di qualità. Ciò che l’amministrazione Trump dovrebbe ricordare è che, dai vini della Napa Valley alle patate dell’Idaho, i riconoscimenti geografici sono una leva distintiva sul mercato globale anche per gli Usa!”. Ma il Rapporto arriva anche a sintetizzare gli obiettivi degli Usa sulla tema Dop e Igp, ovvero assicurare che la protezione delle Indicazioni Geografiche non violi i diritti precedentemente stabiliti e non privi le parti interessate dall’opportunità di usare i nomi comuni come “parmesan”, “feta” e così via; garantire che le persone interessate siano informate e abbiano l’opportunità di opporsi o di chiedere la cancellazione di qualsiasi protezione Ig chiesta o rilasciata; assicurare che le notifiche e informazioni rilasciate quando passa una protezione Ig con termine composto, identifichino il nome comune dei suoi componenti; tentare di opporsi all’estensione della protezione concessa alle Ig wine e spirits ad altri prodotti (Accordo tra USA e Ue sul commercio del vino, 2006).
“Quello che si configura è un attacco frontale da parte del governo degli Stati Uniti – commenta Qualivita - sostenuto dalla potente industria alimentare Usa guidata dal “Consorzio denominazioni generiche” (Consortium for Common Food Names, Ccfn), uno strumento di lobby in prima fila anche durante le trattative del Ttip. Se l’obiettivo prioritario delle lobby Usa sembra essere il contrasto alle politiche europee di diffusione nel mondo dello standard Dop e Igp, sarà necessario un intervento significativo delle istituzioni dell’Unione europea e dei singoli Paesi membri per salvaguardare un modello di sviluppo - quello delle Indicazioni Geografiche - che negli ultimi venti anni ha rivitalizzato intere regioni, in Italia e in Europa”.
Insomma, uno scontro che va ben oltre il pericolo che singoli prodotto vengano penalizzati, perchè mette in discussione in maniera più concreta che mai il modello europeo delle Indicazioni di Origine, contrapposto, di fatto, a quello anglo-americano che punta da sempre più sui marchi registrati.
“Gli immensi sforzi delle imprese italiane ed europee - ha commentato Mauro Rosati, Direttore generale della Fondazione Qualivita - per promuovere e commercializzare i propri prodotti alimentari nel mercato Usa rischiano di essere vanificati. Asserire che “Parmigiano Reggiano” e “Feta” sono nomi comuni è un grande passo indietro per l’America sia sul fronte commerciale ma anche su quello culturale. I consumatori americani in primis si meritano più verità sui prodotti che mangiano e le Indicazioni Geografiche rappresentano soprattutto una garanzia per loro”.
Un tema che - come testimonia il XIV Rapporto Ismea Qualivita - solo per l’Italia vale 13,8 miliardi di euro e che potrebbe diventare centrale anche al G7 dell’agricoltura che si terrà a ottobre proprio nel nostro Paese alla presenza del Ministro Maurizio Martina e dei Ministri delle Politiche agricole di Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Canada e Stati Uniti.

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