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ORIGINE E MATERIE PRIME DEL MADE IN ITALY. PER FELICETTI (AIDEPI), “SBAGLIATO PARLARE DI FALSO, LE AZIENDE ITALIANE DELLA PASTA SANNO FARE QUALITÀ ANCHE SELEZIONANDO MATERIA PRIMA STRANIERA”. ADICONSUM SCRIVE AL MINISTRO: “COINVOLGERE CONSUMATORI”

Non Solo Vino
Pasta

La protesta di Coldiretti sul (presunto o reale) “falso” made in Italy, e sui prodotti e le materie prime che arrivano dall’estero, ha scoperchiato una sorta di “vaso di pandora”, e non passa ora senza che qualcuno dica la sua sul tema. A parlare per ultimi, in ordine di tempo, sono i pastai italiani e i consumatori. “Infondere il dubbio che un prodotto così amato come la pasta possa non essere sicuro, parlando addirittura di “falso made in Italy”, con la sola conseguenza di spaventare, disorientare e confondere il consumatore, appare inaccettabile dal punto di vista etico e concorrenziale”, ha detto Riccardo Felicetti, presidente dei pastai italiani di Aidepi, l’Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane, per il quale “è inconcepibile tacciare di falso made in Italy proprio quelle produzioni altamente qualitative che rappresentano, da sempre, un’icona della capacità imprenditoriale italiana. Siamo sconcertati dalla confusione ingeneratasi in questi giorni tra il fenomeno della contraffazione dei prodotti italiani ed il tema del made in Italy. La contraffazione - sottolinea l’Aidepi - è infatti una pratica illegale, e come tale va perseguita. Caso ben diverso invece è quello delle aziende pastarie italiane, spesso ultracentenarie, che da sempre, con la loro esperienza, hanno imparato a selezionare le migliori materie prime, sia italiane che estere, per assicurare alla pasta i più elevati standard qualitativi che rendono questo prodotto il made in Italy per eccellenza. L’approvvigionamento dall’estero peraltro, non compromette affatto, come da talune parti si vorrebbe far intendere, la sicurezza delle materie prime importate, garantita da costanti controlli delle autorità italiane preposte, notoriamente tra i più attenti ed efficienti in Europa e dai numerosissimi controlli privati lungo tutta la catena della filiera. Troppo spesso si vuole dimenticare, tra l’altro, che la produzione di grano italiano non è sufficiente a soddisfare i volumi di pasta prodotti in Italia”.

A smorzare i toni ci sono anche i consumatori di Adiconsum, che ha scritto al Ministro delle Politiche Agricole Nunzia de Girolamo: “le manifestazioni di questi giorni sul made in Italy, sebbene si siano svolte a nome e per conto del consumatore e della sua sicurezza, hanno nei fatti avuto grandi assenti proprio il consumatore e le associazioni che lo rappresentano. Dobbiamo passare da un dibattito sterile ad un dibattito costruttivo. Non si può infatti condurre una battaglia sul made in Italy senza coinvolgere in maniera fattiva i consumatori e le loro rappresentanze.
In questa battaglia non si può inoltre invocare - continua Giordano - l’utilizzo esclusivo delle nostre materie prime, quando queste nel nostro Paese non sono presenti a sufficienza o sono di bassa qualità. Ragionare in termini di autosufficienza nelle materie prime si tradurrebbe, come insegnano le leggi di mercato in un aumento del costo finale del prodotto, che ricadrebbe non solo sul consumatore, ma anche sulla nostra competitività sui mercati esteri, con pesanti ripercussioni sul nostro export che, nonostante la crisi è stato l’unico settore ad essere sempre contraddistinto da un segno positivo.Ragionare in termini di autosufficienza nelle materie prime - prosegue Giordano - non aiuterebbe neanche a contrastare il fenomeno dell’“Italian sounding”, rafforzando anzi le mafie, il sommerso, l’evasione fiscale e contributiva, la non sicurezza e l’insalubrità degli alimenti”.
Adiconsum chiede dunque in una lettera inviata al ministro De Girolamo un incontro “per porre, invece, al centro del dibattito le questioni della food security, food safety e food quality.
Tutte questioni, che a nostro avviso, vanno affrontate in una logica di sistema, attraverso il confronto fra tutti gli attori della filiera, in modo da arrivare a regole condivise e ad una best practice tutta italiana da affermare in Europa”.

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