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LA REPUBBLICA - FIRENZE

Una vigna a Montalcino un business che tira, investito oltre 1 miliardo … Soltanto il valore dei Bitcoin, forse, è cresciuto negli ultimi anni più del valore di una vigna di Brunello di Montalcino. Solo che il Bitcoin è crollato, si è rialzato, è crollato di nuovo. Mentre la crescita di prezzo della vite senese non conosce arretramento. Nell’ultimo mezzo secolo - stima il sito Winenews - il prezzo necessario per comprarsi un ettaro di vigneto di Brunello è lievitato del 2000%. L’impennata, che si è accentuata negli ultimi anni, non ha fermato ma anzi stimolato la vendita di tenute e cantine, anche a fronte di una remunerazione crescente del prodotto finale (soltanto nell’ultimo anno il prezzo dello sfuso di Brunello destinato all’imbottigliamento è aumentato del 12,3%). E così il 2017 può essere considerato anno storico quanto a passaggi di mano di cantine, tenute, ettari di vigneti pagati fino a 550mila curo ad ettaro da chi - tanti stranieri - ritiene la vite sui colli di Montalcino investimento sicuro e bene rifugio negli anni dell’incertezza. Emblematico che a passare per prima di mano, ad inizio anno, sia stata l’azienda simbolo del Brunello, quella dove nell’Ottocento è nata la fortunata “formula” di uno dei vini più celebrati al mondo: con una cifra intorno ai 300 milioni di euro, la Tenuta Greppo (25 ettari vitati a Brunello di Montalcino, e altri 40 di terreno) della famiglia Biondi Santi è passata al Gruppo Epi della famiglia francese Descours (proprietaria di marchi di alta gamma come gli Champagne Piper-Heidsieck, Charles Heidsieck e Chateau La Verriere a Bordeaux). Oggi il 92% della Tenuta Biondi Santi spa, a cui fa capo l’azienda, è controllato dalla Domaines particip ations, a Jacopo Biondi Santi resta il 7,99%, mentre nella compagine sociale scompaiono sua madre e sua sorella. E fa una certa impressione osservare che da marzo, sebbene Jacopo Biondi Santi resti presidente, il capo dell’azienda, che è l’ad, non sia nato sui colli senesi ma a Chalon En Champagne (è Olivier Adnot). Saltando invece alla fine dell’anno, Casanova di Neri ai suoi 35 ettari vitati a Brunello, in alcune delle zone più prestigiose del territorio come Cerretalto e Tenuta Nuova, ne ha aggiunti altri 7 nella zona di Sesta, acquistati per 5 milioni di euro. Anche la Famiglia Cotarella ha rafforzato nel 2017 le radici a Montalcino: fondata dai fratelli Renzo e Riccardo, e ora guidata dalle figlie Dominga, Marta ed Enrica Cotarella, ha comprato Le Macioche, cantina e vigneti (6 ettari di terreno, di cui 3,5 vitati tutti a Brunello) in una delle zone storiche del territorio, tra la Fattoria dei Barbi e Podere Salicutti. Mentre Poggio Antico, una delle più belle aziende del territorio (200 ettari complessivi tra boschi, uliveti, seminativi e vigneti, 32,5 ettari complessivi, di cui 28 a Brunello, 2 a Rosso di Montalcino e 2,5 a Cabernet Sauvignon), è finita alla compagnia belga Atlas Invest, attiva nel settore dell’energia e del real estate. Ma allungando lo sguardo al 2015 e al 2016, le operazioni di compravendita diventano decine, il volume del business supera il miliardo di euro. E l’anno si è aperto con altri due affari: l’acquisto da parte di Riccardo Illy (azienda Mastrojanni) di una tenuta vicino all’Abbazia di Sant’Antimo e di 2,5 ettari di Brunello da parte di Ciacci Piccolomini d’Aragona. Perché non c’è investimento migliore, per chi può permetterselo, di una vigna a Montalcino”.
Maurizio Bologni

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