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IL GIORNALE

Il caldo uccide le api l’80% del miele è già andato in fumo … “L’estate ancora sa di Miele”, cantava il Giardino dei Semplici nel 1977. Oggi, quarant’anni dopo, l’estate italiana sa pochissimo di miele. Perché le api, stordite da un clima esagerato, producono pochissimo miele. In media il 70 per cento in meno rispetto alle medie annuali, fino all’80 per cento in meno in alcune regioni e per alcune tipologie. Un fenomeno che mette a terra un intero comparto del made in Italy agroalimentare, ma che suona anche da campanello per l’intera agricoltura italiana, visto che i ronzanti insetti sono la sensibilissima cartina di tornasole della salute dell’ambiente. Inoltre con il ”servizio” di impollinazione mettono il pungiglione nel 70 per cento di ciò che finisce sulle nostre tavole. A disastrare il miele italiano le gelate primaverili, seguite dall’estate torrida, con fiori secchi. Inoltre molte api sono morte negli incendi che hanno devastato l’Italia. L’allarme lo lancia l’Unaapi, l’associazione che raduna gli apicoltori italiani, che a Winenews.it parla di un vero disastro ambientale incombente. ”Le api, quale eccezionale termometro della salute ambientale - dice il presidente Giuseppe Cefalo - con il loro disagio ci segnalano il disastro di un ambiente che vive ormai uno stress gravissimo per fenomeni estremi e ormai sistematici, e una siccità che ci colloca in uno stato più prossimo al clima africano che non a quello europeo. I fiori non secernono più nettare e polline e le piante, in particolare quelle arboree, sono in una situazione di perenne sofferenza”. Se le api si fermano si ferma il mondo, come profetizzava l’entomologo Giorgio Celli. ”Se la produzione fosse solo dimezzata come nel 2016 - dice Cefalo - potremmo essere contenti. Il disastro è totale e nessuno poteva immaginare di arrivare a meno di 1/3 del raccolto come nel 2017”. Secondo gli esperti il ”raccolto” a fine anno sarà di 90mila quintali rispetto ai 230mila di media annua. Appena meno catastrofico il bilancio secondo Coldiretti, che parla di 100mila quintali, di produzione più che dimezzata e di uno dei raccolti peggiori degli ultimi 35 anni. Un’annata disastrosa che fa seguito a una pessima: nel 2016 il raccolto fu di 160mila tonnellate. Ciò naturalmente non vuol dire che sugli scaffali dei supermercati e dei negozi non ci sarà miele, ma che sarà per la gran parte di provenienza straniera, per lo più dall’India e dalla Cina. Prodotto più scadente quando non addirittura pericoloso. In Italia ci sono 45mila apicoltori censiti che fanno miele per venderlo o per se stessi. L’80 per cento del patrimonio apistico è detenuto da 20mila produttori sparsi in tutta Italia. Gli alveari sono 1,2 milioni, le varietà prodotte 51, il valore del comparto tra i150 e i 170 milioni. Ma se si considera l’impollinazione, le api valgono ben oltre 2 miliardi di euro.

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