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L’agricoltura made in Italy parla sempre più straniero: oltre 25.000 imprenditori di altri Paesi in Italia, oltre 12.000 titolari di aziende agricole sono extracomunitari. A dirlo la Cia-Agricoltori, dopo il report di Bankitalia su flussi migratori

Italia
L’agricoltura made in Italy parla sempre più straniero

Senza stranieri, l’agricoltura italiana non sarebbe quella che è. Un dato di fatto ormai assodato, e ribadito dall’Ufficio Studi di Cia-Agricoltori Italiani, secondo cui “sono 25.000 gli imprenditori che versano più di 6 miliardi nelle casse dello Stato. Più di 12.000 titolari d’azienda sono extracomunitari”. Commento che arriva dopo la pubblicazione dell’Occasional Paper di Bankitalia, che analizza i flussi migratori ed il loro impatto sociale ed economico sulla popolazione italiana, e secondo cui questi andranno aumentare la quota di popolazione in età lavorativa e contribuiranno alla riduzione del dependency ratio della popolazione più anziana.

“Tra il 2017 e il 2061 - riporta l’Occasional Paper - l’età media degli italiani salirà di oltre 5 anni tra il 2017 e il 2061. La popolazione in età da lavoro nel prossimo cinquantennio tenderà a scendere sotto il minimo storico (59% registrato nel 1911) dopo il 2031. Se non ci fossero residenti con cittadinanza straniera, nel 2061 la quota di popolazione in età 15-64 anni sul totale della popolazione (prevista pari al 55%), scenderebbe a poco più del 40%”.
In questo quadro, secondo la Cia, oggi un’azienda agricola italiana su tre conta almeno un lavoratore nato all’estero, che in molti casi (25.000 unità) è anche l’amministratore dell’impresa. “Con il ricambio generazionale nei campi sotto il 7% e con i titolari d’azienda italiani con un età media superiore ai 60 anni, c’è il rischio concreto di un dimezzamento degli addetti nel settore, entro i prossimi 10 anni. Gli stranieri impegnati in agricoltura, tra stabili e stagionali, sono già 320.000, di cui 128.000 extracomunitari e stanno già cambiando le sorti dell’Italia”.
“Le imprese agricole e alimentari attive condotte nel nostro Paese da stranieri - aggiunge il presidente Cia, Dino Scanavino - creano ricchezza, versando nelle casse dello Stato oneri fiscali per 6 miliardi, e previdenziali per 5 miliardi, per un totale che supera gli 11 miliardi di euro. Il loro apporto, in termini di specializzazione e innovazione, li rende ormai indispensabili, all’interno del tessuto imprenditoriale, per garantire la tenuta e la crescita produttiva del made in Italy agroalimentare tradizionale e di qualità in tutto il mondo”.

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