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Legata all’Abruzzo e ai suoi vitigni, ma anche ai territori “d’altura”: ecco Inalto, il progetto vinicolo di Adolfo De Cecco (come anticipato da WineNews), rampollo della dinastia di pastai. Con i consigli di Thomas Douroux (Chateaux Palmer)

Musicista, calciatore e dirigente di calcio nel Pescara, appartenente alla famiglia di pastai De Cecco ed ora, a titolo personale, anche produttore di vino, in Abruzzo, come anticipato da WineNews (https://goo.gl/UagiKT): ecco il percorso di Adolfo De Cecco, classe 1986, e fondatore della Azienda Agricola Inalto, ad Ofena, e con proprietà anche in altre zone dell’aquilano, che ci racconta il suo progetto. Che “nasce da una mia passione, radicata negli anni, nei confronti del vino. Anche perché, come dico spesso, reputo che non si possa mangiare un buon piatto di pasta senza berci assieme un buon bicchiere di vino! Ma qui la pasta non c’entra, il mio progetto vitivinicolo è del tutto personale e non coinvolge il gruppo De Cecco o altri membri della famiglia”.
Un’avventura nel mondo del vino che è tutta legata al territorio, a partire dalle uve. “Produco da vitigni autoctoni abruzzesi a bacca rossa e bianca, in purezza e non. Anzitutto da Montepulciano, il cosiddetto vitigno principe della mia regione che è anche quello che ha stimolato il mio progetto. Perché penso che venga espresso prevalentemente in termini di struttura, reputo invece che ci sia anche un’anima nascosta di questo vitigno che bisognerebbe lasciare esprimere di più e al meglio, mi riferisco alla qualità dell’eleganza; d’altronde ho un gusto indirizzato su vini dal tannino nobile, caratterizzati da una beva più facile, da una varietà di profumi più sottili, di sapori più raffinati, così nell’Inalto in Rosso ho provato a tirar fuori anzitutto questi elementi. Con una attenta vinificazione e soprattutto con precedenti cure agronomiche capillari e maniacali ci siamo resi conto che tutto ciò è possibile, anche se siamo solo agli inizi le sensazioni sono molto positive. L’azienda agricola si chiama Inalto, un nome che esprime e sintetizza il concetto dei vini d’altura che sto producendo e che produrrò nei prossimi anni, non solo ad Ofena, dove ho 8 ettari e mezzo di vigneti, anche di 45 anni, di Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano Abruzzese e Pecorino, ma anche in altre località della provincia aquilana, tutti tra i 400 e gli 800 metri di altitudine, appezzamenti scelti per le proprie peculiarità pedoclimatiche immersi in contesti naturali incontaminati, saranno i miei cru.
Sono alcuni anni che sperimentiamo e lavoriamo in questa direzione ed ora si è concretizzato un po’ tutto, i vini hanno trovato la loro dimensione, posso contare su un punto di partenza operativo come il centro principale dell’azienda, in fase di ristrutturazione e trasformazione ai fini del nuovo progetto, ho rilanciato i vigneti storici e sto impiantando le nuove vigne. Quest’anno saranno immessi sul mercato Inalto in Rosso e Inalto in Bianco, il prossimo anno dovrebbe uscire anche il rosato, vediamo come si comportano le vigne e cosa succede in cantina. La produzione sarà di poche decine di migliaia di bottiglie tendenti ad una fascia abbastanza alta di prezzo”.
Una scelta non semplice, quella di investire in una zona non troppo celebre quando si parla di vino. “È la mia terra, fondamentalmente, ma non è stata una scelta automatica. Prima di arrivare a prendere questa decisione - spiega Adolfo De Cecco - stavo pensando di acquistare in territori vitivinicoli in Francia e in Italia, poi ho cominciato a girare l’Abruzzo della vite e del vino in lungo e in largo, assieme al mio amico Giorgio D’Orazio,
giornalista di vino che conosce molto bene territori e produttori, e mi sono chiesto quale fosse davvero la mia storia e quale sarebbe stata la sfida capace di darmi la maggior soddisfazione. Ho capito che consisteva nel provare a tirar fuori un vino ideale per i miei gusti da un vitigno locale, il Montepulciano d’Abruzzo che, nella maggior parte delle sue espressioni, non è mai stato nelle mie corde. Un presupposto per far ciò era ottenere frutti di altissimo livello in territori d’altura, così la scelta è caduta, dopo tanto indagare e tanti tentativi, sull’aquilano e quindi su Ofena dove mi hanno presentato Riccardo Gentile, un bravo e responsabile vignaiolo, disponibile a trattare la vendita delle sue proprietà aziendali. L’operazione è stata conclusa da poco”.
Un percorso che, in qualche modo, ha coinvolto anche grandi nomi del vino di Francia.
“È vero solo in parte - sottolinea De Cecco - anche perché credo che il vino sia frutto della impostazione dettata dalle scelte del produttore condivise e supportate dall’enologo, almeno a me piace produrre così, in prima persona. E ho la fortuna di avere accanto per questo l’ausilio tecnico di un grande professionista come Mauro Monicchi che ha sempre lavorato in Italia e in Francia per importanti realtà. Ci ha fatto conoscere Thomas Douroux, uno dei nomi internazionali di peso nel mondo del vino (è il dg di Chateaux Palmer, uno dei grandi nomi di Margaux, a Bordeaux, ndr),
che ho conosciuto durante un mio viaggio a Bordeaux, siamo diventati molto amici, conosce l’Abruzzo e il mio progetto vitivinicolo, mi dà dei consigli preziosi”.
Un percorso, quello nel vino, che è solo all’inizio, mentre è storico quello della famiglia nel settore del cibo made in Italy, con la pasta. E allora quale è la visione di un giovane imprenditore, riguardo allo stato di salute reale dell’agroalimentare italiano, che è fatto di una filiera articolata che va dalla produzione di materia prima, spesso in sofferenza, a quello della trasformazione?
“Penso che possa essere ancora il traino della nostra economia, è la vera cultura radicata che nessuno ci può togliere. Gli italiani, con i francesi, rappresentano nel mondo la culla della cultura agroalimentare ed enogastronomica, ci spartiamo questo settore ma noi in più abbiamo sfaccettature territoriali che possono continuare a dare al mercato variegate produzioni di qualità e carattere, al di là della crisi”. E dai giovani imprenditore, può arrivare anche un impulso nuovo per il settore. “Direi di pensare molto di più alla qualità e ai prezzi, senza sottovalutarsi mai, cercare l’equilibrio giusto tra produzione e posizionamento. Il discorso vale soprattutto per l’Abruzzo, la Regione in cui vivo. Credo ci siano dei prodotti abruzzesi che meriterebbero un posizionamento molto più alto e una diffusione molto più dinamica - conclude Adolfo De Cecco - ma bisogna credere di più in se stessi, soprattutto bisogna far squadra per far crescere e conoscere il territorio. Bisogna credere fermamente nel proprio ma invitare gli altri a conoscere il vino del vicino.

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