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I cru dell’Etna meritano un posto fra i grandi vini da collezione: parte da Hong Kong il progetto di Gelardini & Romani Wine Auction, per introdurli al mercato secondario dei fine wines, con la presentazione di una library di oltre 3.000 bottiglie

Italia
I cru dell’Etna meritano un posto fra i grandi vini da collezione, parte da Hong Kong il progetto di Gelardini & Romani Wine Auction, per introdurli al mercato secondario dei fine wines, con la presentazione di una library di oltre 3.000 bottiglie

Condizioni territoriali e vitivinicole uniche al mondo, la riscossa gustativa dei vini equilibrati ed eleganti su quelli potenti e la saturazione di mercato per le quotazioni degli attuali fine wine più ricercati: sono queste tre condizioni che secondo Gelardini &Romani Wine Auction offrono al territorio etneo ottime prospettive di crescita in termine di valore nel panorama mondiale del mercato secondario enoico. Unico neo: la mancanza di una cantina storica, dovuta all’età relativamente giovane delle aziende presenti. Nasce così il progetto di creare una prima Library di “introduzione” al mondo del collezionismo: 2.840 bottiglie e 660 Magnum da 9 aziende (Pietradolce, I Gulfi, Tenute Bosco, Calcagno, Wiegner-Puccetti, I Custodi, I Vigneri, Tenuta di Aglaea, Calabretta), divisi in 20 lotti per un controvalore di circa 200.000 euro, verranno presentate il 1 marzo a Hong Kong, con una prospettiva di rivendita a 3-5 anni. Una seconda tranche da 500.000 euro che includerà più aziende sarà, invece, presentata fra giugno e settembre.
La prima condizione favorevole è l’aspetto territoriale: l’Etna, infatti, è fra i più giovani territori ad essere stati “colonizzati” dalla moderna enologia, ma fra i più vecchi in termini di patrimonio agronomico. Se da un lato le aziende presenti sull’Etna hanno mediamente meno di 20 anni di storia le vigne più pregiate dell’Etna hanno mediamente 100, ed in alcuni casi oltre 150, anni di vita. Inoltre l’Etna è un enclave biologicamente distinta anche da tutti i territori che ha più prossimi (in Sicilia) grazie a condizioni geo-termica e biologiche uniche: un suolo vulcanico (fatto non solo di lava effusiva ma anche eruttiva, in quanto l’Etna è un Vulcano attivo); la coltivazione ad alberello fra i 600 e i 900 metri sul livello del mare e i vitigni autoctoni, sia bianchi che rossi. Tre aspetti che, compenetrandosi, creano una condizione complessiva unica al mondo e il risultato finale sono vini, naturalmente, equilibrati ed eleganti.
La seconda condizione favorevole è data da un cambiamento estetico del gusto, avvenuto con l’inizio del nuovo millennio: dopo aver lasciato alle spalle gli ultimi decenni del secolo scorso, dominati da una preferenza del mercato mondiale (con gli Stati Uniti a fare da capofila) per vini potenti e di grande struttura, negli ultimi 15 anni si è verificata una netta sterzata, tanto di pubblico quanto di critica, verso una maggiore attenzione ad equilibrio ed eleganza.
In termini di rivalutazione, sul mercato secondario, siamo passati da una supremazia quasi assoluta dei vini di stampo Bordolese, alla riscossa di territori come la Borgogna e le Langhe, caratterizzati da una storica vocazione mono-varietale e da un uso blando dei legni in affinamento.
Questa trasformazione del gusto “main stream” ha contribuito al rallentamento, se non ad una inversione di tendenza, delle quotazioni di tanti Bordolesi ed alimentato la crescita di Borgognotti e Baroli che, con la vendemmia 2010, hanno consacrato la propria ascesa, raggiungendo, nell’ultimo anno, quotazioni inimmaginabili solo pochi anni fa. Per rimanere in Italia è emblematico il confronto, sintetizzato dal grafico, fra le quotazioni dei due “campioni” nostrani: Masseto (moderno bordolese) e Monfortino (tradizionale mono-varietale) dove, le quotazioni del secondo hanno recentemente superato nettamente quelle del primo che già vantava livelli medi di prezzo e fama, mai raggiunti prima da nessun altro vino italiano. Ma oggi anche Borgognotti e Baroli, come è stato 10 anni fa per i Bordolesi, hanno già raggiunto quotazioni tali da non lasciare intravedere la possibilità di ulteriori consistenti incrementi. Per questa ragione è utile analizzare il mercato al fine di individuare i segmenti dove sia possibile ancora creare valore.
“Ad oggi, il valore di un vino sul mercato secondario è l’unico parametro oggettivo, erga omnes, che restituisce la giusta posizione di un vino rispetto alla ormai sconfinata offerta mondiale. Anche i punteggi dei critici oggi non hanno più quell’influenza che avevano negli anni ‘90 - commenta Raimondo Romani, proprietario della Casa d'asta Gelardini&Romani - mentre il prezzo sul mercato secondario (assolutamente non quello fissato dalla cantina) resta l’unico punto fermo per definire la collezionabilità di un vino. In questo senso è doveroso portare l’esempio dei vini di Henri Jayer che hanno ricevuto punteggi per lo più attorno ai 90 punti su 100 e che ciononostante sono ancora oggi tra i vini più cari al mondo, con quotazioni anche superiori ai 10.000 euro a bottiglia; sogno “proibito” della quasi totalità degli appassionati e collezionisti di ogni parte del mondo”.
Se da un lato i migliori Cru Etnei hanno tutte le caratteristiche per poter essere già considerati dei "collectibles", per cause strutturali, in molti casi, o per scelte aziendali, non dispongono di quegli strumenti funzionali al riconoscimento di tale status. La principale criticità dei grandi Cru etnei rispetto al mercato secondario, quindi del collezionismo, è di natura economico-commerciale più che agro-vitivinicola ed è l’insufficienza (se non assenza totale) nelle aziende etnee, di uno cantina storica. “Un problema questo che peraltro non si limita all’Etna ma che anzi è molto diffuso in tutta Italia e che ha radici tanto culturali quanto economiche - continua Romani - che inducono le aziende a vendere praticamente l’intera produzione, dopo ogni vendemmia, senza trattenere un’adeguata riserva. Riserva che è “indispensabile” per poter dimostrare, studiare e comprendere, la longevità di un vino e la longevità è il principale parametro discriminante fra un buon vino ed un buon vino collezionabile”.
“In merito va sottolineato che anche le aziende produttrici di Barolo hanno, mediamente, questa deficienza in termine di annate storiche ma la produzione complessiva del Barolo (13 milioni di bottiglie) e la storia, ultracentenaria della denominazione, hanno di fatto consentito la creazione di library (collezioni) al di fuori delle aziende produttrici, library dalle quali oggi si può attingere tanto per ragioni di studio, comprensione e degustazione, quanto per ragioni di mercato. Invece, sull’Etna la produzione totale è di 3 milioni di bottiglie e non esiste uno storico di vecchie annate neppure nel mercato secondario avendo la maggior parte delle aziende Etnee meno di 20 anni. Il progetto di Gelardini&Romani Wine Auction, ideato con la consulenza di Federico Latteri, autore della guida sui vini dell’Etna - conclude Romani - è pertanto volto alla creazione di una library (una cantina storica) dei cru dell’Etna, finanziata da collezionisti, prevalentemente asiatici, che hanno colto le potenzialità di rivalutazione dei gradi Cru Etnei, anche tenendo conto degli attuali prezzi di questi vini che lasciano ancora ampio margine di rivalutazione”.
Info: http://grwineauction.com

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