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Non c’è solo premiumizzazione dietro la crescita più moderata dei consumi enoici Usa in volume, ma le vendite si riprenderanno nel 2018, anche se i Millennial sono una specie di consumatore unica: gli atout del “Wine Report” di Silicon Valley Bank

Anche se dal 2013 ad oggi la crescita dei consumi enoici in volume negli Stati Uniti d’America ha visibilmente rallentato, il motivo non risiede solo nella premiumizzazione: in attesa dei risultati della riforma fiscale targata Trump, che si potrebbe tradurre in più reddito disponibile nelle tasche dei consumato, la diversificazione dei canali è un trend da non sottovalutare, particolarmente per le vendite dirette e l’online, e infine, la sostituzione generazionale che vede i Boomer cedere gradualmente il passo ai Millennial è tutt’altro che priva di specificità, particolarmente per il vino. Sono questi alcuni dei punti salienti dell’anteprima del “Wine Report” 2018 di Silicon Valley Bank (www.svb.com), la cui pubblicazione integrale avverrà il mese prossimo.
Sebbene il report sia fortemente focalizzato sulla prospettiva delle cantine a stelle e strisce, alcuni trend sono validi per tutti i Paesi importatori, e fra questi c’è, innanzitutto, il fatto che la crescita dei consumi di vino nell’Unione sta conoscendo una fase di rallentamento che non si verificava da quasi tre decenni a questa parte: anche considerando i rallentamenti a causa delle fasi recessive dell’economia statunitense, dal 2013 al 2017 sono cresciuti ben poco in quantità, e secondo Svb la premiumizzazione dei consumi non è l’unico motivo dietro a questo appiattimento della curva. Il consumo si sta infatti facendo non solo, generalmente parlando, più “di qualità”, ma anche più salutare, attento e moderato, e a controbilanciare questo trend nel 2018 potrebbe però arrivare l’effetto diffuso della riforma fiscale dell’amministrazione Trump. Un provvedimento che, nel più classico dei dogmi della “trickle-down economics” reaganiana, dovrebbe tradurre i benefici alle grandi corporation e alle fasce più abbienti della popolazione in più reddito disponibile anche per quelle meno affluenti, e che per gli analisti di Svb potrebbe tradursi in una crescita delle vendite di quasi il 4%.
Tutto questo, però, in un quadro nel quale stanno cambiando sia i canali tramite i quali il vino viene distribuito che, soprattutto, chi lo compra: alla gdo “classica” si stanno rapidamente aggiungendo sia i discount che le vendite dirette, anche e soprattutto online. Il cosiddetto “effetto Amazon”, insomma, si sta facendo sentire, e anche se le vendite online ad oggi sono appena il 3% del totale, il loro ruolo sarà sempre più importante nel prossimo futuro, anche per via del fatto che i Millennial sono tutt’altro che i nuovi Baby Boomer. Questi ultimi, per motivi anagrafici, stanno progressivamente diminuendo il loro ruolo nel consumo di vino negli Stati Uniti, e se nel mezzo di questo trio generazionale ora si trovano i Gen-Xers - che tutto sommato godono di una stabilità economica assolutamente non disprezzabile - anche i Millennial statunitensi soffrono di quella condizione di incertezza economica che sembra essere il tratto caratterizzante della loro generazione. Usciti dal college con una quantità di debito sulle spalle paragonabile in certi casi a un piccolo mutuo, questi giovani americani, pur fortemente appassionati al vino, non possono permettersi di esagerare con i prodotti di fascia alta, e quindi sono, per così dire, degli “edonisti frugali” - con quel che ne consegue in termini di massimizzazione del valore per ogni atto di spesa, ovvero poca fedeltà al brand in quanto tale e necessità di trovare in un bicchiere non solo una bevanda, ma anche un’esperienza e una storia.

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