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Packaging per definizione di birra e bevande analcoliche, ma sempre più usata anche per il vino: pratica, sostenibile, “giovane” e sinonimo di consumo informale, la lattina sta diventando sempre più comune anche per il vino nel “Nuovo Mondo” enoico

La prima birra in lattina della storia sbarcò sugli scaffali americani nel 1935: nel 1959 Coors fu la prima a usare lattine di alluminio, e quando nel 1964 alla birra si aggiunsero le bevande analcoliche il successo di mercato conseguente fu tale da decretarne lo status di standard per l’intera industria delle bibite gassate nel giro di pochi anni. E anche se nella “vecchia Europa” del vino l’idea di vedere nettare di Bacco in lattina appare quasi eretica, o quantomeno ipso facto simbolo di un prodotto di qualità inferiore, sulla scia del tetrapak, rimane il fatto che oltreoceano molte cantine hanno adottato da tempo, e senza timore, le lattine: oltre al pionieristico esperimento dell’australiana Baroeks, risalente addirittura al 1994, un ruolo importante lo ha giocato in questo la cantina del regista de “Il Padrino”, Coppola Winery.
Come ricorda al magazine di settore “Spirited” (www.spiritedbiz.com) Corey Beck, vicepresidente esecutivo della cantina, correva il 2002 quando Coppola stesso si chiese: “Posso comprare birra e bibite in lattina, ma non vino. Perché no?”. Due anni dopo la cantina avrebbe immesso sul mercato le sue prime lattine da 187 millilitri del blanc de blancs Sofia, con cannuccia inclusa, arrivando ad oggi a proporre l’equivalente di 90 ettolitri di ciascuno dei vini appartenente alla sua serie Diamond proprio in questo formato. Il Sofia fu un apripista sul mercato statunitense, e presto a Coppola Winery si aggiunsero decine di altri produttori. Un successo dovuto senz’altro al prestigio della cantina del premio Oscar italoamericano, ma non solo, dato che i dati Nielsen hanno mostrato un aumento delle vendite di vino in lattina del 125% nel 2016 sul 2015, e nell’anno appena conclusosi testate del calibro di “Bloomberg”, “Forbes” e “Money”, tra le altre, hanno definito il vino in lattina il singolo trend più in crescita dell’interno macrocosmo enoico.
Sul perché questo formato abbia avuto successo, gli operatori non sembrano avere dubbi: sul versante della praticità, la lattina è più resistente del vetro, non ha bisogno di bicchieri o cavatappi, è assai più portatile di una bordolese e rende il vino più appetibile d’estate, quando si è più spesso all’aperto, o comunque in contesti nei quali stappare una bottiglia nel senso classico del termine può essere problematico. E se si guarda all’aspetto della sostenibilità (tema questo sempre più caro al consumatore globale), anche qui la lattina di alluminio ha solo vantaggi nei confronti del vetro: il processo di riciclo della prima è “chiuso”, ovvero produce altre lattine, mentre la maggior parte del secondo - e della plastica - viene trasformato in altri prodotti, e la medesima quantità di alluminio può essere di nuovo presente sugli scaffali nel giro di soli 60 giorni. Senza contare il fatto che a parità di contenuto una lattina di alluminio è molto più economica da movimentare in giro per il mondo di una bottiglia di vetro: in questo formato il packaging di 0,75 litri di vino pesa infatti meno di 35 grammi ...

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