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Il progetto Viticoltura 4.0, che unisce il Triveneto con protocollo firmato da sette tra Università ed enti di ricerca, va avanti sul rinnovo varietale e sul miglioramento delle tecniche di coltivazione per una sostenibilità sempre più protagonista

Italia
Il progetto Viticoltura 4.0, che unisce il Triveneto con protocollo firmato da sette tra Università ed enti di ricerca, è coordinato dal professor Mario Pezzotti

Con la firma arrivata prima di Natale è stato sottoscritto l’accordo tra le Università degli studi di Padova, Verona e Udine, la Libera Università di Bolzano, l’Iga Udine, la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige e il Crea Viticoltura ed Enologia di Conegliano, che sancisce il campo di azione di Viticoltura 4.0. L’accordo, firmato in dicembre a Pordenone, è preliminare ad una raccolta di fondi che vedrà tutti gli stakehoder, pubblici e privati, coinvolti nel finanziamento di un piano di lavoro di durata almeno quinquennale. Con questa firma, le Università e gli enti di ricerca sulla vite e sul vino del Triveneto hanno dichiarato il loro comune impegno verso lo sviluppo di un progetto di ricerca che porta il nome di Viticoltura 4.0, coordinato dal professor Mario Pezzotti (Università di Verona). Nello schema di accordo non si indicano cifre, ma è del tutto pacifico che il progetto guardi alle possibilità offerte dai 21 milioni che il Ministero delle Politiche Agricole ha messo a disposizione (2016) per finanziarie la ricerca in materia di biotecnologie sostenibili.
Gli obbiettivi di breve, medio e lungo termine sono ambiziosi: costituire nuove varietà rendendole resistenti alle malattie attraverso incroci e selezioni; modificare varietà preesistenti per renderle più tolleranti alle malattie; studiare l’impatto di nuove malattie sull’ambiente; valutarne le modificazioni nel suolo e nell’atmosfera; studiare e sperimentare l’applicazione di alcune tecniche agronomiche sulle varietà resistenti, come la defogliazione precoce, il deficit idrico controllato, nuove forme di allevamento, l’epoca del raccolto. In più, lo studio di tecniche alternative al breeding (allevamento) tradizionale e un più approfondito utilizzo di cisnegenetica e genome editing, anche se, quest’ultime due tecniche, sono ancora nel limbo dell’incertezza normativa. La direttiva Ue 2001 infatti non le contempla e quindi non è chiaro se il genoma editing sia o non sia una tecnica Ogm.
Le sette istituzioni rappresentano eccellenze a livello nazionale ed internazionale ed hanno già dato importanti contributi nella ricerca in viticoltura, che si sono anche già tradotti in applicazioni con un notevole impatto sul settore vitivinicolo locale e nazionale. Dieci anni dopo l’importante risultato ottenuto dalla ricerca italiana con il sequenziamento del genoma della vite, che ha visto protagonisti questi stessi enti di ricerca, il nuovo accordo rappresenta un altro passo su cui guardare al futuro della viticoltura.

Lavorare da ora in poi congiuntamente su questi temi di ricerca consentirà di mettere a fattor comune risorse intellettuali e strumentali e grazie a ciò accelerare il processo di trasferimento dei risultati della ricerca dai laboratori ai vigneti con benefici per i viticoltori, per i consumatori e per l’ambiente.

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