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Dal ruolo dell’enologo alla semplificazione delle certificazioni dei vini a denominazione, dalla valorizzazione delle uve al futuro di Assoenologi: a WineNews, il presidente dell’Union Internationale des Oenologues, Riccardo Cotarella

Italia
Riccardo Cotarella, presidente degli Enologi Italiani

Dopo la riconferma alla guida dell’Union Internationale des Oenologues, ancora insieme al collega francese Serge Dubois, per Riccardo Cotarella, a capo anche di Assoenologi, che chiude oggi a Firenze il suo Congresso n. 72, è già tempo di nove sfide. A partire, come racconta a WineNews (qui l’intervista: goo.gl/e3R7sP), dal riconoscimento ufficiale dell’enologo come unico professionista dal vigneto al calice del consumatore, che ridisegna in qualche modo i limiti e le specificità di una professione fondamentale nella filiera produttiva del vino.
“Ho chiesto ai miei colleghi enologi una riflessione - spiega Cotarella - cioè cosa sarebbe stato del nostro lavoro e della nostra professione senza vitigni. Ed aggiungo: che sarebbe stato del mondo del vino italiano senza gli enologi? Ognuno può trarre le sue conclusioni, ci sarà chi pensa che siano indispensabili e chi no, ma io penso che la professione dell’enologo, interpretata a 360 gradi, abbia dato al vino non soltanto la qualità, che è un dovere della nostra professione, ma anche un’immagine, una penetrabilità nel sistema passionario delle persone che, probabilmente, non avrebbe avuto senza il nostro apporto. La persona veramente appassionata - continua il presidente Assoenologi - e che ama il vino, non può fare a meno del racconto di un enologo, perché sa benissimo che è colui che ha assistito il vino nel suo processo trasformativo, dal vigneto alla bottiglia. Tutto il resto, lo può raccontare chiunque, un commerciale come un proprietario, ma non avrà mai quella profondità conoscitiva che un vero amante del vino ricerca”.
Ancora più delicato il tema delle certificazioni dei vini a denominazione e delle commissioni che se ne occupano, una procedura che oggi prevede quattro step: la richiesta di prelievo, l’analisi dei valori chimico-fisici del vino previsti dal disciplinare presso il laboratorio autorizzato, la verifica organolettica del vino effettuata da una Commissione di degustazione ed infine il rilascio di un certificato di idoneità della partita (attestazione) da parte della struttura di controllo. “Noi vogliamo semplificare le operazioni di certificazione, che sono molto utili ma farraginose. Abbiamo fatto una proposta all’Europa - racconta Riccardo Cotarella - contenendoci rispetto alla nostra intenzione, che sarebbe stata quella di dare in mano all’enologo la certificazione, in quanto unico responsabile del processo produttivo. Vogliamo che tutti i partecipanti alle commissioni di degustazione, che spesso e volentieri esprimono pareri senza cognizione di causa, in quanto non enologi e non esperti di una determinata denominazione, abbiano un lasciapassare, inteso come un’approvazione dietro dimostrazione, delle loro potenzialità degustative e di giudizio, da parte degli enologi. Abbiamo anche chiesto - continua Cotarella - che come minimo, per facilitare le operazioni di certificazione, sia l’enologo, in quanto responsabile, che certifichi sotto la sua responsabilità, il campionamento del vino da mandare alle commissioni: se non si fa questo, desumo che ci siano motivi per cui non ci sia interesse a semplificare la certificazione”.
Un altro progetto potenzialmente fondamentale, invece, nasce tra i filari: la messa a punto “di un sistema di analisi che possa certificare in modo incontrovertibile l’origine varietale, territoriale e stagionale delle uve. È l’unico modo per dare alle uve, e a chi le coltiva, quel valore che devono avere, perché oggi come oggi è l’anello debole dal punto di vista della gratificazione economica, che non deve venire dal mercato, come succede con il Prosecco, ma dal valore reale che nasce dal vigneto”. Un’idea nata in collaborazione con Federvini, “ma vorrei che fosse aperto a tutti - precisa il presidente Assoenologi - da Unione Italiana Vini a Coldiretti, da Confagricoltura alla Cia, ossia a chiunque è interessato a fare il bene del vino italiano”.
La chiosa, inevitabilmente, è sul futuro all’interno di Assoenologi, che Riccardo Cotarella guida da due mandati, ma sul quale non scioglie i dubbi: “ho settant’anni, amo Assoenologi, ma sto cercando di allevare una generazione di enologi italiani per domani, se serve una mano volentieri - conclude Cotarella - ma è ora che inizi a pensare a quei pochi hobby che mi sono rimasti, altrimenti arriverò a 75-80 anni rassegnato a stare sul divano di casa, ed è la cosa che mi piacerebbe di meno. Voglio andare in giro per le vigne con il mio cavallo, in giro per il mondo a fare nuove esperienze, anche se Assoenologi è nel mio cuore, per cui farò di tutto perché ci sia un successore in grado di migliorare ciò che ho fatto insieme ai miei colleghi del cda”.

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