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L’exploit del vino francese in Usa è innegabile, e minaccia il primato tricolore, ma l’Italia enoica mantiene (per ora) la leadership in valore e volume: a dirlo i dati dello U.S. Department of Commerce elaborati dall’Italian Wine & Food Institute

Anche se il vino francese, sempre più forte della sua nomea intrinseca di prestigio e qualità, è sempre più performante nel primo mercato enoico del mondo in valore e volume - gli Stati Uniti d’America - l’Italia continua a detenere la corona di primo paese importatore oltreatlantico, con una quota di mercato del 27,1% in volume e del 31,7% in valore (a 1.913.220 ettolitri e 996,53 milioni di dollari) nei primi 9 mesi del 2017. Tuttavia, dato questo non assolutamente secondario, ha mostrato un tasso di crescita decisamente esangue rispetto ai primi nove mesi del 2016 (+0,7% sia in volume che in valore), a differenza di quanto messo a segno dai produttori dell’Esagono, le cui quote di mercato negli States sono cresciute del 20,1 e del 20,4%, arrivando al 13,4% e al 26% (947.500 ettolitri per un controvalore di 819,84 milioni di dollari). Ad affermarlo, riportando dati diversi da quelli di WineMonitor di Nomisma e dell’Osservatorio Paesi Terzi di Business Strategies (https://goo.gl/kDGkpA), è l’Italian Wine & Food Institute di Lucio Caputo, con la propria analisi dei dati ufficiali dello U.S. Department of Commerce.
La nota dell’Italian Wine & Food Institute mette poi in risalto la sempre positiva situazione delle esportazioni di spumanti italiani, anche se, prosegue, il loro tasso di espansione si è notevolmente contratto: nel periodo in esame sono infatti aumentate del 12,3% in quantità e dell’8,4% in valore (a 478.760 ettolitri e 257,68 milioni di dollari), mentre i tassi di incremento nei primi tre trimestri del 2016 rispetto allo stesso periodo del 2015 erano stati pari al 22,5 e al 30,2%.

Dopo aver sottolineato quella che secondo l’ente è una vera e propria “fase di stallo”, con lo stesso Caputo che ha parlato di “un campanello di allarme che non può assolutamente essere sottovalutato” - particolarmente in un mercato vitale per l’Italia e che, nel medesimo periodo, ha visto le proprie importazioni di vino crescere dell’8,5% in quantità e del 7,2% in valore (a 7.054.620 ettolitri, per un controvalore di 3,15 miliardi di dollari) - la nota di Iwfi prosegue sottolineando che le quote di mercato dell’Italia stanno subendo l’assalto dei principali competitor sia nelle fasce più alte di prezzo (particolarmente la Francia) che in quelle più basse (da parte di Australia, Cile, Nuova Zelanda ed Argentina). E dato che per l’Italia del vino la competizione verso il basso, a livello di prezzo, non è palesemente una via percorribile nel medio e lungo termine, secondo Iwfi “occorre puntare sul miglioramento dell'immagine e del prestigio dei vini italiani, che è l'unico modo per attrarre un più alto numero di consumatori e recuperare le posizioni perdute nei confronti della Francia”. C’è quindi, al di là delle discrepanze sui dati, un punto nel quale le analisi di Iwfi e Business Strategies concordano, ovvero la necessità di ribattere colpo su colpo agli investimenti francesi in immagine e promozione. “Purtroppo”, prosegue infatti la nota dell’ente guidato da Caputo, “da parte italiana, in questi ultimi anni, si sono continuati ad usare i limitati fondi disponibili nel settore pubblico per attività che incrementavano l'offerta di vini italiani in un mercato pressoché chiuso all'aumento del numero dei fornitori senza far praticamente nulla per incrementare la domanda, con gli ovvi risultati negativi che si stanno ora registrando. Purtroppo l’attività pubblica a sostegno delle esportazioni italiane, bloccata da lungaggini burocratiche ed amministrative, langue e, sempre che parta e che possa essere efficace, lo farà quando sarà ormai troppo tardi”.
Per quanto riguarda gli altri principali Paesi importatori negli States, dopo Italia e Francia le quote di mercato più rilevanti sono detenute dall’Australia (17,8% in volume e 8,1% in valore, a 1.258.940 ettolitri e 258,05 milioni di dollari), con una crescita sicuramente impressionante in volume (+27,9%) ma ben meno notevole in valore (+1,1%), e dal Cile (14,3/6,3%, ma con una flessione rilevante in volume, a -13,7%, e nessun incremento in valore), con Nuova Zelanda (7,4% in volume e 1,1% in valore), Argentina (6,1%/5,8%), Spagna (5,2%/4,8%) e Portogallo (1,7%/1,1%) a dividersi il resto del mercato enoico statunitense.

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