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Classico Berardenga: Terra Vocata. Fra zonazione, preservazione ambientale e necessità di collaborazione, un convegno sulle sfide del Chianti Classico di Castelnuovo Berardenga, nelle parole di viticoltori, enologi e Monica Larner (The Wine Advocate)

Italia
I vigneti Felsina in Chianti Classico, a Castelnuovo Berardenga

“Il Chianti Classico è come un libro e ogni comune è un capitolo” a cui bisogna avere il coraggio di dare un riconoscimento ufficiale tramite la zonazione. È il cuore del discorso di Monica Larner, responsabile d’Italia per “The Wine Advocate” di Robert Parker, intervenuta al convegno “Classico Berardenga: Terra Vocata”, insieme, fra gli altri, a Sergio Zingarelli, presidente del Consorzio Chianti Classico, Elena Gallo, presidente dell’Associazione Classico Berardenga, Leonardo Bellaccini, enologo di San Felice, e Valeria Viganò, presidente dell’Unione Viticoltori di Panzano in Chianti, il cui contributo è stato significativo in merito all’altro macro-tema del convegno: quello della preservazione del territorio e alla sostenibilità ambientale portato avanti grazie alla collaborazione fra tante aziende, nella cornice di un biodistretto (quello di Greve-Panzano in Chianti, nella fattispecie). Una giornata ricca di interventi, voluta dalla giovane associazione “Classico Berardenga - Viticoltori di Castelnuovo”, con l’obiettivo di condividere l’unicità, la vocazione e le sfide del territorio di Castelnuovo Berardenga.

“I criteri secondo i quali un vino può essere definito “grande” sono cinque: l’ultimo - ha spiegato Larner - è che deve parlare del territorio in cui nasce e soprattutto questo punto riconduce sicuramente al territorio del Chianti Classico, con le sue particolari diversificazioni di zona in zona ognuna rappresentata da vini che spiccano per peculiarità diverse. Le informazioni sulla provenienza del vino, dunque, sono fondamentali affinché chiunque possa capire le origini e la storia del vino e dargli quel valore in più che va oltre il semplice atto di bere, e forse anche oltre quello di degustare, e che è il creare una simbiosi tra l’uomo e il vino attraverso una profonda comprensione di quest’ultimo”.

“Suggerisco di utilizzare il nome “Comune” per distinguere le diverse zone, come “The Wine Advocate” sta peraltro facendo da diverso tempo, per catalogare i vini del Chianti Classico” ha aggiunto Monica Larner, suggerimento colto da Sergio Zingarelli, presidente del Consorzio Chianti Classico, che ha ammesso le difficoltà che stanno affrontando per trovare una soluzione immediata alla zonazione: “intanto è più facile parlare di “menzione geografica aggiuntiva” ed individuare a quale delle 3 categorie di vino (fra Chianti Classico Annata, Riserva o Gran Selezione) legarla. Volontà del Consiglio è andare a dare una maggiore identità alla Gran Selezione, modificando la sua base ampelografica”.

Una Gran Selezione capace di portare nel bicchiere le tre diverse macro-tipologie di terreno che caratterizzano la zona di Castelnuovo Berardenga: le sabbie da depositi marini, le sabbie da macigno e l’alberese. “Il Sangiovese è il vitigno che legge il territorio. Il suolo, insieme al paesaggio e al clima - ha riportato Leonardo Velaccini, enologo dell’azienda San Felice - è tra i fattori principali che influenzano la qualità della produzione. Le sabbie dei depositi marini risultano in uve con note vegetali accentuate, le sabbie da macigno producono uve dai vini pronti, già dal primo anno, con delle buone intensità aromatiche, mentre l’alberese produce vini con ottima struttura, gradazione e caratteristiche gustative sopra alla media”.

Il tema della preservazione del territorio viene introdotto da Valeria Viganò: “il punto di partenza sta nel rispetto di questo territorio e per noi il rispetto del territorio - ha spiegato Viganò - è significato fare la scelta della viticoltura sostenibile, cioè di quella viticoltura che non consuma l’ambiente ma lo difende e lo conserva per le generazioni future, riuscendo contemporaneamente a soddisfare i bisogni dei consumatori, dei produttori e dei cittadini”. Il salto di qualità introdotto da Ruggero Mazzilli (agronomo che segue il biodistretto)è stato quello di ragionare di biologico non in termini di singola azienda ma in termini di territorio. Abbiamo subito compreso che lavorando tutti insieme il risultato finale sarebbe stato senza dubbio superiore alla somma dei singoli risultati; abbiamo capito che nella gestione della difesa biologica delle malattie della vite maggiore è la superficie di intervento, maggiori sarebbero stati i risultati”.

La stessa Elena Gallo, presidente dell’Associazione Classico Berardenga, ha rimarcato il concetto di “unione” nel definire l’associazione: “siamo 27 aziende che producono Chianti Classico e appartengono con fierezza al Consorzio del Chianti Classico. Classico Berardenga è nato in maniera così spontanea perché c’erano dei forti contenuti incontestabili: la viticoltura, la storia, la cultura, le tradizioni. E c’è un’inclinazione naturale di cui noi viticoltori abbiamo preso consapevolezza”. Inclinazione che comprende allo stesso tempo i diversi suoli e microclimi, che producono tanti vini tutti diversi; vini che Classico Berardenga ha voluto celebrare con il blend “Terra Vocata”, una magnum espressione di tutti i viticoltori di Classico Berardenga.

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