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Nessuno può utilizzare il nome di una denominazione e connotarlo in maniera diversa dagli altri produttori: sentenza (di primo grado), con motivazioni, del Tribunale di Venezia nella disputa tra Consorzio Valpolicella e Famiglie dell’Amarone d’Arte

Italia
Le motivazioni del Tribunale di Venezia nella disputa tra Consorzio Valpolicella e Famiglie dell’Amarone d’Arte

Una denominazione del vino ed il suo territorio, compreso il suo nome, sono patrimonio comune di tutti i produttori, aderenti o meno al consorzio che tutela quella denominazione. Nessun produttore, o nessuna associazione di produttore, dunque, anche in buona fede, può utilizzare quei valori condivisi in maniera diversa. È questo, in estrema sintesi, il senso generale che emerge dalla sentenza del Tribunale di Venezia, che, come anticipato da WineNews (https://goo.gl/t2s95m) ha dato così ragione al Consorzio Vini Valpolicella (e che rappresenta l’80% dei produttori della denominazione, www.consorziovalpolicella.it, ndr), nei confronti delle Famiglie dell’Amarone d’Arte (società consortile formata da 13 cantine storiche e tra le più importanti della denominazione, (Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti, Venturini e Zenato, www.amaronefamilies.it). In particolare, con la sentenza 2283/2017 del 24 ottobre 2017, spiega il Consorzio, il Tribunale ha ordinato alle Famiglie dell’Amarone d’Arte di “rimuovere dalla denominazione sociale qualsiasi riferimento totale o parziale al Docg Amarone della Valpolicella, ivi inclusa la parola Amarone. Ha accertato la nullità del relativo marchio italiano e ne ha pertanto vietato l’uso, ordinandone anche la rimozione dalle bottiglie di vino, nonché accertata l’effettuazione da parte dei convenuti di atti di concorrenza sleale. Ha inibito alla società consortile di svolgere attività promozionale avente ad oggetto Amarone della Valpolicella, riferendosi ad un “Amarone d’Arte” e/o ad un disciplinare diverso dal disciplinare di produzione. Ha ordinato di rimuovere dal sito web il cosiddetto “Manifesto dell’Amarone d’Arte”. Ha vietato l’uso anche parziale della Docg Amarone della Valpolicella, per promuovere prodotti di diversa denominazione di origine controllata”.
“Alla luce della chiarezza della sentenza è auspicabile una ricomposizione - commenta il Consorzio della Valpolicella - che porti ad allineare energie e obiettivi verso una crescita condivisa del territorio e della filiera”. E, in attesa di prese di posizioni ufficiali da parte della “Famiglie”, da quanto WineNews apprende in via ufficiosa, le parti tenteranno di percorrere la strada del dialogo, invece che inasprire lo scontro anche se, è bene ricordarlo, si tratta, comunque, di una sentenza di primo grado. Sentenza che, in ogni caso, come detto, ha una portata più ampia rispetto ai soli confini della Valpolicella, e che potrebbe avere ripercussioni su tante denominazioni del vino italiano in cui, negli ultimi anni, in seno o al di fuori dei Consorzi di tutela, sono nate associazioni di produttori chiamate via via “accademie”, “alleanze”, “maestri”, “amici” e così via.
“Dopo oltre due anni - spiega il Cda del Consorzio - siamo soddisfatti dell’esito positivo di questa sentenza. Si tratta di una grande affermazione del territorio e della denominazione, che deve essere al centro del sistema di tutela promozione e valorizzazione dei vini di qualità. È un risultato importante anche perché la sentenza è destinata a fare giurisprudenza all’interno del settore vitivinicolo. L’obiettivo del Consorzio è sempre stato quello di tutelare la Doc, Classica e non, e i suoi produttori”.
Nella parte dispositiva della sentenza, infatti, si precisa che: “ciascun produttore nell’ambito di leale attività concorrenziale ben può promuovere i propri marchi “industriali” e/o presentarsi come migliore rispetto ad altri produttori, ma non può fare ciò “intaccando” la Docg il che avviene con le modalità già esaminate, atte a produrre la suggestione che il prodotto appartenga ad una declinazione della denominazione con connotazioni migliori di quelle degli altri appartenenti alla filiera, quando il disciplinare di produzione regolarmente approvato a cui tutti i componenti della filiera si debbono attenere è unico. Il produttore deve insomma differenziarsi attraverso modalità che non tocchino in alcun modo la menzione tradizionale e/o la denominazione Docg “Amarone della Valpolicella”, tenendo nettamente separati gli aspetti laudativi (che ben possono essere spesi sotto altri piani e profili) da detta menzione tradizionale e Docg, a cui i termini laudativi non possono essere accostati”.

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