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Con il voto del Consiglio Comunale di Siena che apre alla liquidazione, la storia dell’Enoteca Italiana volge al tramonto. Dalla Mostra Mercato dei Vini del 1933 ai giorni nostri, le tappe di un’istituzione fondamentale per il vino italiano

Nata per “fare conoscere, valorizzare e promuovere i vini e la realtà vitivinicola nazionale”, come recita lo Statuto fondativo del 1960, la storia dell’Enoteca Italiana di Siena, mai così in bilico come in queste settimane, risale in realtà al 1933, quando si occupava dell’organizzazione operativa della Mostra Mercato Nazionale dei Vini a Denominazione d’Origine e di Pregio, antesignana del più moderno Vinitaly, arrivato solo nel 1967. All’epoca, infatti, per un mese intero, la Fortezza Medicea della Città del Palio ospitava gli stand di tutte le Regioni del Belpaese, con i loro vini d’eccellenza, che solo 30 anni dopo sarebbero diventati a Denominazione d’Origine. Ecco perché, quello dell’Enoteca Italiana di Siena, è un patrimonio storico del vino italiano di inestimabile valore, che negli anni ha portato la cultura di Enotria ai quattro angoli del mondo.

Senza andare troppo indietro nel tempo, ad esempio, nel 2005 erano numerosi gli appuntamenti con i wine lovers dell’Est Europa, dalla Polonia alla Russia, allora mete tutte da scoprire per i produttori del Belpaese, spesso in sinergia con il Ministero delle Politiche Agricole. Negli anni, il lavoro di promozione dell’Enoteca Italiana si è andato a concentrare principalmente sul vino toscano, culminato nel 2007 con la nascita di un centro servizi a Shangai, pensato insieme a Toscana Promozione e Consorzi di tutela (San Gimignano, Chianti, Chianti Classico, Brunello di Montalcino e Nobile di Montepulciano), per promuovere il vino toscano sul mercato cinese ed a sviluppare un’attività di supporto all’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese. Tre anni dopo, nel 2010, Enoteca Italiana ancora protagonista, nei due appuntamenti internazionali più rilevanti per l’Italia: l’Expo di Shangai, dove gestì il comparto enologico del padiglione italiano che, per visitatori, fu secondo solo alla Cina. Una storia proseguita nel 2012, quando il padiglione riaprì, in maniera permanente, come “New Italian Center”, uno spazio commerciale e culturale dedicato alle eccellenze del made in Italy con l’Enoteca Italiana responsabile, attraverso la controllata cinese Yishang Wine Business Consulting, della sezione vino.
Di lì a poco, arriveranno in superficie le prime difficoltà finanziarie dell’istituto, con i sei mesi di commissariamento a cavallo tra la fine del 2013 e l’inizio del 2014, ed il fallimento evitato grazie ai fondi messi in campo allora dalla Regione Toscana, pari ad 1 milione di euro, che non evitarono, comunque, il licenziamento di sette dipendenti ed un primo ridimensionamento. Si arriva così all’attualità, con il Consiglio Comunale di Siena che ha votato ieri la delibera con cui autorizza lo scioglimento dell’Enoteca Italiana, in caso di mancata approvazione del bilancio, che verrà messo ai voti dall’assemblea del prossimo mese.
Una fine che pare inevitabile, della quale nessuno, però, può dirsi estraneo, e che ha inevitabilmente il sapore dell’occasione persa. Al di là delle difese d’ufficio e delle buone intenzioni, infatti, l’Enoteca Italiana è diventata sempre più marginale. Se da qui, negli anni, hanno visto la luce associazioni importanti come il Movimento Turismo Vino, le Città del Vino e le Città dell’Olio, oggi neanche i due azionisti principali, il Comune di Siena e la Regione Toscana, sembrano prestare la giusta attenzione alle potenzialità di un’istituzione storica, che non è stata coinvolta né in una manifestazione come Wine & Siena, tra i cui organizzatori compare proprio il Comune, né dalle tante manifestazioni enogastrnomiche ospitate, anche grazie all’impegno ed al patrocinio della Regione, alla Leopolda di Firenze. C’è poi sul tavolo l’annosa questione dei crediti ancora da riscuotere, per il lavoro fatto all’epoca dell’Expo di Shangai, dal Ministero delle Politiche Agricole, per un milione di euro che, in una situazione di bilancio del genere, si sarebbero potuti rivelare salvifici.
Insomma, qualcosa, con maggiore attenzione e progettualità, poteva essere fatta per salvaguardare la storia di un’istituzione del vino italiano come l’Enoteca Italiana, ma ormai il tempo stringe, ieri è arrivato il voto, dal Consiglio Comunale di Siena, che apre le porte alla liquidazione, a cui è pronta anche la Camera di Commercio.
Una strada che, come racconta a WineNews il presidente Massimo Guasconi, “si fa sempre più probabile
, ma prima di essere definitivi bisogna capire come intendono muoversi gli altri azionisti, tra cui gli altri Comuni e la Regione Toscana. Questo però non vuol dire necessariamente la fine dell’Enoteca Italiana, anzi. Noi vogliamo tutelare, oltre ai posti di lavoro, il marchio e la storia di una grande istituzione. Dobbiamo solo capire in che termini, trovare una forma economicamente sostenibile, come oggi non è. Gli uffici di via Camollia - ricorda il presidente della Camera - sono di proprietà dell’Enoteca, mentre gli spazi della Fortezza sono del Comune, e la nostra speranza è di trovare un accordo per rimanerci, con forme e modi diversi, per non disperdere un patrimonio storico e prestigioso”.

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