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Vendemmia 2017: “meglio del previsto”. È il commento più ricorrente di alcuni dei più importanti produttori tricolore, sondati da WineNews. Restano il danno economico, -30% della produzione, e molte riflessioni da fare sul futuro enoico italiano

“Meglio del previsto”. È il commento più ricorrente tra alcuni dei più importanti produttori di vino tricolore intervistati da WineNews, a raccolta 2017 ormai verso la dirittura finale. Resta però il danno economico, con un calo produttivo stimato, in generale, al 30% sul quantitativo delle uve e sulla percentuale di resa tra uve e vino (indicata da più parti non come dato di confronto con l’annata 2016, ma come percentuale di confronto con la media produttiva aziendale degli ultimi anni) e molte riflessioni da fare sul futuro enoico italiano.

Questo in sintesi il giudizio sull’annata 2017 proveniente dall’Italia enoica che da Nord a Sud ha dovuto comunque fronteggiare una serie di criticità dovute al clima in deciso abbandono dei suoi ritmi normali. Uno sguardo un po’ più certo, anche sugli esiti qualitativi, è adesso comunque possibile, ma si tratta pur sempre di uno sguardo. Per capire davvero di che “pasta” sono fatti i vini 2017, dovremo, come sempre, aspettare la loro evoluzione.

La raccolta 2017 è stata, con le sue estremizzazioni, un vero e proprio banco di prova per la sostenibilità economica delle aziende e ha dato la possibilità, a chi ne volesse cogliere la sua natura assolutamente particolare, di fare esperienze importanti in vista di un probabile cambiamento del paradigma produttivo aziendale. La maggior parte delle criticità di questa annata possono essere combattute in larga parte con i mezzi tecnologici, sia in campagna che in cantina, ma, probabilmente, le scelte per il futuro dovranno tener conto anche di altri elementi più radicali, primo tra tutti la possibilità di un approvvigionamento adeguato d’acqua dei vigneti e, soprattutto, una consapevole, e solida filosofia produttiva che guardi non solo al lungo ma anche al lunghissimo termine. Un’annata che ha poi, molto più del solito, sottolineato la superiorità dei territori ad alta vocazione, un fatto quest’ultimo troppo spesso dimenticato nella corsa, che anche oggi interessa qualche denominazione, agli impianti in zone non proprio favorevoli alla coltivazione della vite. Insomma, una raccolta che dovrà essere ripensata a fondo in vista dello stesso futuro enoico italiano.

La vendemmia 2017 si appresta a concludersi in anticipo, ma non in largo anticipo, almeno per le varietà tardive che si sono giovate del cambio di marcia repentino del clima ad inizio settembre. Un fatto positivo in una campagna che ha visto incrociarsi, in una specie di “tempesta perfetta”, molte delle più infauste, per la coltivazione della vite e non solo, traversie metereologiche. Importante, come noto, il calo quantitativo, causato prima da gelate tardive diffuse, poi da grandinate e, per tutto il periodo più importante per la maturazione degli acini, da una siccità quasi senza precedenti, che ha colpito negativamente tutti i territori (particolarmente il centro Italia), con qualche eccezione rappresentata dai vigneti irrigati e da alcune zone del settentrione, dove l’acqua non è stata inesistente come nel resto d’Italia e alcune aree del Sud storicamente più “abituate” a convivere con temperature africane. Dal punto di vista economico quindi il danno nella raccolta 2017 c’è. Ma anche da quello qualitativo, per quanto ci sia stato un recupero che ha interessato alcuni territori, di qui a parlare di grande annata, ce ne corre. Intanto, possiamo identificare la 2017 come un’annata calda, in certe aree caldissima, il che non vuol dire che non saranno prodotti vini dignitosi, ottenuti da uve in generale in buonissimo stato sanitario, ma certo che non dovremo aspettarci chissà cosa.
I progressi agronomici ed enologici infatti possono permettere di ottenere dei buoni vini, non dei grandi vini, praticamente sempre. Qualche eccezione comunque potrà starci, specialmente grazie ai vitigni tardivi e ai vigneti più vecchi e coltivati in luoghi di grande vocazione.

In Piemonte, questa per certi versi bizzarra vendemmia sta cambiando il suo volto perché se “le premesse sono state negative e in certe zone sono state mantenute, anche nella raccolta da noi - racconta Stefano Gagliardo di Poderi Gianni Gagliardo - le cose si sono messe sulla strada giusta con il settembre, che è stato davvero ideale, anche se l’apporto idrico è rimasto scarso. I cali di produzione si attestano tra il 10 e il 15% per il Nebbiolo che, alla fine, abbiamo raccolto con un anticipo relativo. Se mi avessero detto a luglio che le cose si sarebbero sviluppate in questo modo, c’avrei messo la firma”.

Forse più critica la situazione in Lombardia, dove la sintesi sta tutta nella massima “non c’è nulla di strepitoso né di catastrofico” - afferma Mattia Vezzola storico enologo della griffe Bellavista - è stata una vendemmia che è un insegnamento tra gelate, grandinate e molta uva persa. Da noi se ne sono andati 4.000 ettolitri di vino, 25-28% di perdita, ma a Bellavista, dove il vino di riserva si conserva fin dall’annata 1999, riusciremo a produrre 1.400.000 bottiglie contro la nostra media di 1.500.000. Qualitativamente pensavo peggio, non sono uve e basi spumante peggiori di quelle del 2012 o del 2014. Una vendemmia che ribadisce due cose importanti: quando pianti in zone vocate non ci sono mai problemi e, nella produzione di spumante, quando le annate sono grandi e abbondanti, bisogna costruire una riserva, come accade nella Champagne, da spendere in casi come questi. Direi poi - conclude Vezzola - che è più una solida filosofia produttiva che la tecnologia a tutelare aziende e territorio, quando ce n’è bisogno”.

Nel Trentino enoico, “abbiamo avuto di tutto, gelate, grandinate e caldo intenso - racconta Marcello Lunelli a capo della conduzione enologica del Gruppo Ferrari-Lunelli - e la quantità e scesa almeno del 20%. La qualità però è buona, anche grazie all’uso oculato dell’irrigazione e le basi spumante sono molto interessanti. Alla fine, con quello che è successo in altre aree d’Italia, siamo contenti”.

Anche in Veneto la situazione non sembra essere così devastante: “non siamo stati colpiti dalle gelate e le successive grandinate non hanno fatto danni così rilevanti - dichiara Sabrina Tedeschi dell’azienda Tedeschi - abbiamo già concluso e siamo sostanzialmente contenti della qualità ottenuta. Le uve destinate all’Amarone sono sanissime e possono affrontare molto bene l’appassimento, ma in generale per la produzione della Valpolicella, almeno nel nostro caso, la qualità e buna anche perché l’irrigazione dei vigneti ci ha indubbiamente aiutato. Quantità però in calo del 10%”.

“Buona annata, al di là di tutto, per la Valpolicella - conferma Franco Allegrini che insieme alla sorella Marilisa conduce l’azienda di famiglia - non sarà la vendemmia del secolo ma siamo ampiamente soddisfatti e anche dal punto di vista quantitativo non abbiamo avuto scostamenti significativi rispetto alla nostra produzione abituale”.

Dalla terra del Prosecco, Elvira Bortolomiol vice presidente della cantina Bortolomiol aggiunge: “la vendemmia 2017 è stata particolarmente impegnativa, siamo partiti con i primi tagli dei grappoli in anticipo di circa 10-12 giorni sulla media degli ultimi anni, ma da subito il riscontro è stato positivo, sia l’acidità che il grado zuccherino rientravano nei parametri previsti. La resa è stata minore di circa il 7-10% a causa delle avversità meteorologiche, che hanno interessato l’area durante la primavera-estate”.

Dal Friuli Venezia Giulia, trapela un tendenziale ottimismo perché alla fine la vendemmia “è andata bene, con i 70 millimetri di pioggia di fine luglio che ci hanno salvato l’annata aromaticamente - sottolinea Gianni Venica dell’azienda del Collio Venica e Venica - e anche dal punto di vista quantitativo il calo oscilla tra il 10 e il 15%, una misura sopportabile. Siamo dunque soddisfatti della raccolta che ci dovrebbe consegnare vini buoni, con i vigneti collinari che hanno fatto la differenza, evidentemente”.

E passiamo al cento Italia, dove, forse, le cose sono state un po’ più complicate che altrove. In Toscana, e precisamente nel cuore del Chianti Classico, a Castellina, “la vendemmia è stata molto anticipata - afferma Sergio Zingarelli, presidente di Rocca delle Macìe e del Consorzio del Gallo Nero - e le rese sono state bassissime, per i vitigni precoci come il Merlot almeno 25-30% in meno sulla media degli ultimi anni. Alcuni nostri fornitori sono arrivati anche al 50% del raccolto in meno. In cantina abbiamo cose molto buone e altre che dovremo lavorare bene. In Maremma, situazione ancora più pesante. Il Vermentino è a -30% sulla media delle ultime vendemmie e i vitigni rossi hanno subito perdite anche nell’ordine del 40%. Dal punto di vista qualitativo, l’irrigazione ci ha consentito di portare in cantina uve di buona qualità. Speriamo però - conclude Zingarelli - che tutte le difficoltà incontrate si siano concentrate sul 2017 e che per le prossime annate sia possibile stare più tranquilli”.

“La vendemmia 2017 direi, l’annata in generale, sarà ricordata per essere stata tendenzialmente calda e soprattutto asciutta - spiega Renzo Cotarella enologo e ad di Antinori - e questo ha fatto sì che la produzione delle piante risultasse minore. È difficile stabilire una media, ma direi un 30% in meno. Soprattutto le varietà indigene, però, il Sangiovese in particolare, ma in certe zone, vedi costa toscana, anche le varietà internazionali, hanno dato ottimi risultati. I primi che assaggiamo - prosegue Cotarella - risultano di un bellissimo colore con un ottimo corredo polifenolico, certamente hanno note di frutta più mature, perché le uve in queste condizioni hanno maturato di più e, in qualche caso, sono leggermente sovra mature, anche se nell’area dell’alto Chianti Classico, per intenderci nei vigneti del Tignanello, le sfumature nervose e il frutto rosso rimangono ben presenti. Direi alla fine - conclude l’enologo di Antinori - un’annata complicata sotto l’aspetto economico, ma con un risultato qualitativo certamente migliore delle attese”.

A Montalcino, la raccolta 2017 è andata “meglio del previsto, un po’ sorprendente per certi versi, i vini sono di ottima qualità - spiega Rudy Buratti, enologo di Castello Banfi - si tratta, evidentemente, di vini di grande struttura, ma non siamo di fronte all’ecatombe che si profilava qualche tempo fa. Ci ha aiutato l’irrigazione, certamente, ma il calo produttivo c’è stato, tra il 25 al 30% in meno”.

“Manca poco alla fine - ci dice Marco Caprai patron dell’azienda umbra di Montefalco - abbiamo cercato di lavorare al meglio ma, tuttavia, con tali condizioni climatiche la quantità è stata decisamente penalizzata, siamo a -35, 40%. Abbiamo in cantina delle cose discreta, buone e molto buone, bisognerà però lavorarci sopra, come bisognerà riflettere bene sulle problematiche che ha presentato in modo così estremo l’annata 2017”.

Nelle Marche, la vendemmia è stata certamente “impegnativa, con un bilancio a chiaro-scuri - afferma Michele Bernetti di Umani Ronchi - con cali quantitativi del Verdicchio molto importanti anche del 40% sul 2016. Nel Conero siamo a -35%, mentre in Abruzzo a -30% sempre sul 2016. È stata di certo la vendemmia delle zone più vocate e dei vigneti più vecchi, dove la risposta è stata qualitativamente di rilievo, decisamente migliore che nel 2003. Molto belle le uve di Montepulciano e l’andamento qualitativo complessivo dell’Abruzzo”.

Una visione a più voci sulla vendemmia 2017 ce la offre Stefano Ferrante, direttore tecnico di Zonin 1821, toccando varie Regioni d’Italia: “si è trattato di una vendemmia che ha incrociato un po’ di tutto, ma, alla fine, grazie soprattutto alle piogge settembrine, è andata meglio del previsto. Confermata la criticità in termini di quantità con un -30% generale, da verificare ulteriormente zona per zona. Sui bianchi precoci c’è voluto molto impegno per mantenere un po’ di freschezza, non è per loro un’annata indimenticabile. Anche per i rossi precoci, a partire dal Merlot, non possiamo certo parlare di grandi vini. Sono invece andati molto bene le Barbera, i Nero d’Avola e i Sangiovese. La Puglia è la regione dove abbiamo ottenuto i risultati migliori, direi - prosegue Ferrante - è la zona più performante. In Sicilia, problemi rilevanti dal punto di vista quantitativo, anche -50%, ma vini tendenzialmente buoni. Al Nord, invece c’è stato il calo quantitativo più diffuso, con qualità media discreta. Al centro, il problema più grosso è stata la siccità, l’annata è un po’ squilibrata e l’irrigazione è stata fondamentale per portare in cantina uve buone, che per i bianchi si traducono in vini senza particolari slanci e per i rossi, da uve tardive, in vini di buona/ottima qualità”.

Altro sguardo su più Regioni arriva da Bertani Domains il cui direttore operativo Andrea Lonardi spiega: “la 2017 è una vendemmia che segna una cesura. Il nostro gruppo, dopo 5 anni, segna un calo produttivo tra il 30 e il 35%, con punte del 50% in Toscana. Proprio in questa regione, la vendemmia è appena terminata, ma resta ancora un’incognita. È la zona che ha subito di più il calo quantitativo e dove dal punto di vista qualitativo si può parlare, in generale, di “vinoni”, dal grande impatto ma non in grado di essere longevi, mancano la parte “nervosa” del Sangiovese, anche se le uve raccolte dopo le piogge di settembre sono migliori. In Valpolicella si può parlare di una buona annata, con cali quantitativi ridotti a -15% e vini più maturi che per le tipologie prodotte in zona sono un vantaggio. Anche in Friuli, grazie alla scelta di una vendemmia molto anticipata, siamo soddisfatti del risultato raggiunto. Nelle Marche - conclude Lonardi - calo quantitativo sensibile, nell’ordine di un -25%, con la prima parte della vendemmia un po’ debole rispetto alla seconda, dove il Verdicchio ha risposto meglio. La qualità c’è, in generale, ma non pensiamo di produrre i Cru di Fazi Battaglia”.

Scendendo lungo lo Stivale, in Campania “la quantità è scesa anche del 40% - racconta Antonio Capaldo, presidente di Feudi di San Gregorio - ma, soprattutto per quanto riguarda l’Aglianico potrebbe essere un’annata memorabile. Lo stiamo raccogliendo in questo momento, uve molto sane e dalle grandi caratteristiche gustative. Per i bianchi, possiamo invece parlare di una buona vendemmia, ampiamente sufficiente, ma senza particolari punte di eccellenza. Comunque, meglio del previsto”.

Probabilmente è la Puglia che potrebbe essere una delle zone in cui la vendemmia 2017 ha regalato tra i migliori risultati, anche se le quantità “in Salento sono tra il 25 e il 30% in meno - sottolinea Angelo Maci, enologo e presidente di Cantine Due Palme - mentre le uve giunte in cantina sono di una sanità straordinaria, con assenza totale di qualsiasi malattia fungina. Abbiamo avuto qualche problemino sulle acidità, ma sia bianchi che rosati sono vini dai grandi profumi e di grande piacevolezza. I rossi sono molto buoni in generale e in alcuni casi davvero straordinari”.

Infine, spostiamoci sulle isole.

In Sardegna la vendemmia è stata migliore di quello che si pensava tra luglio e agosto - spiega Mariano Murru, enologo di Argiolas - la quantità è però diminuita nell’ordine del 30%, anche se cifre più precise ancora non sono possibili, perché non abbiamo concluso del tutto la raccolta. Caldo e siccità hanno davvero fatto la voce grossa quest’anno, ma dal punto di vista qualitativo siamo contenti, grazie ai vitigni tradizioni, alle vigne più vecchie e, soprattutto, alla possibilità di irrigare. Così, sia i bianchi dal Vermentino al Nasco, sia i rossi dal Cannonau al Carignano, stanno dando risultati interessanti, ma siamo alle prime svinature”.

Dalla Sardegna alla Sicilia dove “l’annata 2017 nella tenuta di Donnafugata a Contessa Entellina, è stata caratterizzata da precipitazioni inferiori alla media - spiega Antonio Rallo che conduce insieme alla sorella José l’azienda di famiglia - e l’irrigazione è stata un toccasana per mantenere il livello qualitativo. Per quanto riguarda le temperature estive, si sono riscontrati valori superiori alle medie stagionali e ciò ha determinato un anticipo di 1-2 settimane delle epoche di maturazione di tutte le varietà, registrando un calo quantitativo di circa il 15% sulla media delle ultime annate. A Pantelleria, pioggia scarsa e temperature alte - prosegue Rallo - ma la maturazione dello Zibibbo è stata molto buona, con tempi di raccolta più brevi e un calo quantitativo del 25% sulla media delle ultime annate. Nell’area di Vittoria, l’annata è stata meno siccitosa che nella Sicilia occidentale; le temperature superiori alle medie hanno comunque determinato un anticipo di circa 10 giorni nelle maturazioni e un calo produttivo del 10%. Grazie all’irrigazione e ad un’accurata gestione del carico produttivo, si sono raccolte uve sane e ben mature: la migliore premessa per la qualità dei vini che verranno. Sull’Etna - conclude Rallo - la vendemmia del Carricante è finita e stiamo per completare anche quella del Nerello. Ad oggi stimiamo un calo produttivo del 15%, ma le premesse qualitative sono molto buone”.

“Non abbiamo ancora finito, sull’Etna abbiamo ancora quindici giorni di raccolta da fare, ma sembra che le cose siano procedendo al meglio - afferma Alberto Tasca di Tasca d’Almerita - abbiamo sofferto soprattutto sulle varietà internazionali e sulle precoci, con rese in vino che sono calate del 40%, benché le uve fossero sanissime a causa del caldo. Con le varietà locali, a partire dal Nero d’Avola, e con in vigneti più vecchi, invece, abbiamo fatto una buona vendemmia, favorita dalle recenti piogge e con un calo quantitativo in resa uva/vino dell’11%. Qualitativamente siamo contenti, anche se i primi vini svinati hanno un grado alcolico talvolta esuberante.”

“Siamo ancora in vendemmia sull’Etna e la situazione è più che buona - nota Alessio Planeta direttore della produzione dell’azienda di famiglia - direi ottima, anche dal punto di vista quantitativo, forse la migliore vendemmia da quando Planeta è sul vulcano. Non abbiamo perso molto neppure con le varietà locali come il Mamertino, sceso del 10%, mentre nella Sicilia del sud-est il calo è stato più marcato intorno al 25%, con uva sana ma, diciamo, meno performante. Anche a Menfi il calo è nell’ordine del 25%, più spinto su certe varietà e meno su altre, con vini in generali buoni. Ci manca un po’ di uva, cose che capitano in questo mestiere”.

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