02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Nella piccola Basilicata enoica, il vertice qualitativo è nel Vulture: un viaggio tra i migliori assaggi dell’annata 2012, tra le diverse espressioni di un grande vitigno, l’Aglianico, e vini destinati a durare ed evolvere ancora per tanti anni

Italia
I filari di Aglianico, nel Vulture

Nella piccola Basilicata enoica, che ogni anno dai suoi 5.200 ettari vitati produce una media di 6,7 milioni di bottiglie, è piuttosto semplice delineare una piramide qualitativa: alla base c’è l’Igt Basilicata, salendo troviamo le Doc Aglianico del Vulture, Terre Alta Val d’Agri, Grottino di Roccanova e Matera, in cima la Docg Aglianico del Vulture Superiore, il vertice produttivo della Regione, capace di esprimere vini longevi, importanti, che poco o nulla hanno da temere nel confronto con i grandi rossi del Belpaese. Quello del Vulture è un mondo ancora tutto da scoprire, in cui la maggior parte delle aziende, dopo decenni di cooperativismo, hanno iniziato a produrre ed imbottigliare i propri vini solamente a cavallo tra la fine degli anni Novanta ed i primi anni Duemila: una storia relativamente recente, ma sufficiente, attraverso i suoi vini, di offrire uno spaccato di ciò che è e di ciò che potrà essere il Vulture.

A differenza dei territori più rinomati, qui non esiste un’anteprima dedicata all’ultima annata delle diverse etichette, ma anche così, le diverse aziende sembrano respirare all’unisono, ed al di là dei dettami del disciplinare di produzione, sono quasi tutti in commercio con l’Aglianico del Vulture Superiore (al debutto, ma non per tutti, ndr) 2012, seppure con qualche eccezione. Il viaggio di WineNews alla scoperta di alcune delle migliori produzioni lucane inizia da Tenuta i Gelsi, dove la vendemmia, come in gran parte del Vulture, è appena alle prime battute. Qui, dalle uve delle vecchie viti (quarant’anni di età), nasce l’Aglianico del Vulture Docg 2012, di un rosso rubino compatto che al naso svela una bella complessità, tra piccoli frutti rossi, note balsamiche e pietra focaia, che si ritrovano anche in bocca, tenute insieme da un tannino vellutato ed una bella acidità, che rendono il sorso succoso e piacevole. A Terra dei Re, invece, il protagonista è l’Aglianico del Vulture Doc 2012 Vultur: viola, pugna e ciliegia al naso, in bocca il tannino è fitto ed il sorso sorretto da una bella acidità.

Al top della produzione di Cantine Strapellum c’è invece l’Aglianico del Vulture Doc 2012 Il Nibbio Grigio, di un bel rosso rubino, vino verticale, in cui emergono con forza i frutti rossi, dalla mora alla visciola in confettura e la mineralità, ed in bocca il tannino avvolgente e la spalla acida lo rendono piacevole e pulito. Rimanendo sull’annata 2012, grande qui come in tanti altri territori, basti pensare alla Toscana del Brunello di Montalcino e del Chianti Classico, notevole l’Aglianico del Vulture Doc 2012 La Firma della griffe lucana Cantine del Notaio: piccoli frutti e note balsamiche tra eucalipto e menta, ma anche spezie, che si ritrovano in bocca, in un sorso potente e succoso, finale lungo. Rimanendo a Rionero, l’Aglianico del Vulture Doc 2012 Masqito di Colli Cerentino è tra gli assaggi più interessanti, perché alla ricchezza aromatica, che va dalla viola ai piccoli frutti rossi, dalle note balsamiche alle spezie, aggiunge la vaniglia suadente di una barrique usata con maestria, che arrotonda senza sovrastare.

L’Aglianico del Vulture Doc 2012 di Donato D’Angelo spicca per la speziatura, pepe nero ma non solo, che acuisce i frutti rossi in confettura, in bocca è sapido, ben bilanciato su un’acidità che lo rende particolarmente beverino. Altra bottiglia notevole, l’Aglianico del Vulture Docg 2012 Le Drude di Michele Laluce: rosso rubino brillante a dispetto del lungo invecchiamento (24 mesi) in botte di rovere grande, al naso è complesso ed elegante, grazie alla nota ematica che incontra i frutti rossi, per un sorso potente, lunghissimo e piacevole grazie ad un’acidità. Tra le griffe storiche del Vulture, spicca Re Mafredi, oggi controllata dal Gruppo Italiano Vini, una delle realtà più solide del territorio, forte di ben 52 ettari vitati ad Aglianico: proprio dalle uve migliori, raccolte tra i fiilari di Venosa, nasce l'Aglianico del Vulture Doc 2012 Re Manfredi, vino orizzontale e dal naso ricchissimo, dove il pepe nero vive in elegante equilibrio con la visciola in confettura e le note aromatiche, mentre in bocca è sapido e sorretto da un bel tannino fitto, lungo e cremoso il finale. Con i suoi 400 soci, per 800 ettari vitati, la cooperativa Cantina di Venosa è l’azienda più grande del Vulture, capace di coniugare quantità e qualità, come dimostra l’Aglianico del Vulture Docg 2012 Carato Venusio, vino elegante e ben strutturato, che in bocca si apre nella viola e nella frutta rossa in confetture. Tra le griffe del vino di Basilicata, Paternoster, con l’Aglianico del Vulture Doc 2012 Rotondo, divertente nelle sue note balsamiche da cui spunta la liquirizia, in bocca è succoso, tra lampone e confettura di frutti rossi. Infine, “last but not least”, , il cru dell’azienda di Barile, dove emerge un uso del legno sapiente, capace di valorizzare le note di piccoli frutti rossi in confettura, così come la mineralità e, soprattutto le avvolgenti note balsamiche, al naso ed al palato, dove la trama tannica è fitta.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli