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La Basilicata enoica, con i suoi 3.000 anni di storia alle spalle, fa sistema e si apre al mondo: con un film, “Wine to Love”, e una campagna di promozione che svela le ricchezze del Vulture, alla scoperta del suo vitigno più preziosi, l’Aglianico

Italia
La Basilicata del vino si svela al mondo, con film “Wine to Love”

Niente, come il cinema, è capace di far sognare ed innamorare, di storie e di luoghi che, spesso, non vedremo mai nella realtà. Alcuni, invece, sono più vicini di quanto si possa immaginare, magari nascosti e persino sottovalutati, come la Basilicata, terra di vino tutta da scoprire, pronta a svelarsi proprio sul grande schermo, con “Wine to Love”, il film scritto e diretto dall’attore lucano Domenico Fortunato e prodotto da Cesare Fragnelli, con Matera, Città Europea della Cultura 2019, sullo sfondo, e la filiera enoica a fare da fil rouge.

Del resto, il vino è un settore tutt’altro che marginale nell’economia lucana, con numeri certamente imparagonabili a quelli delle grandi Regioni enoiche del Belpaese, ma comunque importanti: conta su 5.196 ettari di superfici vitate, di cui 1.300 di Doc regionali, per 4.000 aziende viticole, di cui cento che producono le proprie etichette, per un totale di 400 etichette e 6,7 milioni di bottiglie di vino, che si traducono nel 2,6% della produzione agricola regionale.

Un piccolo mondo, su cui spiccano sei marchi di qualità: la Docg Aglianico del Vulture Superiore, le Doc Aglianico del Vulture, Terre Alta Val d’Agri, Grottino di Roccanova, Matera e l’Igt Basilicata, pronte a fare sistema per promuovere e valorizzare al meglio, insieme, il comparto, attraverso una sinergia tra produttori, Consorzi di tutela ed istituzioni. Protagonista assoluto, il Vulture, o meglio la zona ai piedi del monte Vulture, vulcano spento da millenni, con il suo vitigno più rappresentativo, l’Aglianico, al centro della tappa lucana di Collisioni Vino, il progetto enoico del Festival Agrirock Collisioni, curato da uno dei più autorevoli wine writer mondiali Ian d’Agata, che il 5 ed il 6 ottobre sbarca in Basilicata con un tour che porterà alla scoperta delle aziende lucane e dei suoi vini (da Tenuta i Gelsi a Cantine Terra dei Re, da Cantine di Plama e Strapellum a Cantine del Notaio, da Colli Cerentini a Donato D’Angelo, da Michele Laluce a Cantine Re Manfredi, da Cantina di Venosa a Paternoster Vini, a Tenuta Le Querce).

Ma la storia della vite in Basilicata ha origini antichissime, le prime coltivazioni risalgono agli Enotri, il popolo che tra il 1300 ed il 1200 a. C. abitava l’Italia meridionale, conosciuta allora come Enotria, secondo gli storici proprio per la qualità eccezionale del vino prodotto, a cui seguirono i Lucani. Fondamentale, però, fu il contributo dei Greci, che, alla fine del II millennio a. C., colonizzarono il Sud della penisola, dando non solo impulso alle economie locali, ma anche alla viticoltura, con l’introduzione di nuove varietà e forme di allevamento, a partire dall’alberello, ancora oggi usato in diverse zone della Basilicata, che meglio di altre si adatta ai climi caldi e siccitosi. La tradizione vinicola, quindi, continua in epoca Romana, e trova conferma nelle citazioni di Plinio e Stradone, tanto che, secondo alcuni studiosi, l’Aglianico del Vulture, prodotto nel Nord-Est della Basilicata, concorreva in maniera prevalente alla costituzione del Falerno, vino celebrato dai poeti dell’antichità classica come Orazio, nato proprio a Venosa, città lucana del Vulture.

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