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Distintività, emozionalità, ricettività extralberghiera, autenticità, tecnologia: il futuro dell’enoturismo, tratteggiato a Cirò, dalla professoressa Magda Antonioli Corigliano (Bocconi), nella convention delle Città del Vino

Il legame tra il vino italiano ed i suoi territori è storico ed indiscutibile. E sebbene l’enoturismo sviluppi ormai un business consolidato, e valutato oltre i 3 miliardi, si deve progettare il futuro, partendo da dei punti fermi. Ovvero, investire sui marcatori identitari distintivi dei territori e non cedere alla clonazione o imitazione di cliché di importazione spesso già superati o falliti altrove; Puntare sulla capacità emozionale di una destinazione turistica e sul valore del ritorno alle origini che è alla base delle attese ed esigenze del viaggi-attore contemporaneo. Ecco due delle principali indicazioni emerse dalla Convention d’Autunno delle Città del Vino, nei 30 anni dalla fondazione (1987-2017) a Cirò, secondo Magda Antonioli Corigliano, direttrice del Master in Economia del Turismo dell’Università Bocconi di Milano, e tra le pioniere del tema dell’enoturismo in Italia, nel Simposio dedicato al “Turismo enogastronomico - Le terre del vino nuove città d’arte”.
Secondo la quale è sempre più fondamentale pensare ai “turismi”, con target diversi e specializzati, e non al turismo come un molosso unico, puntando forte sulla destagionalizzazione che i territori del vino, per altro, offrono, ma anche su una ricettività extralberghiera, pensando per esempio ad alberghi diffuso nei borghi storici. Fondamentale, poi, investire sui prodotti locali ed artigianali, ma anche sull’autenticità a tavola, che è quella che il turista di più alto livello cerca, senza dimenticare l’utilizzo degli strumenti forniti dalla tecnologia moderna, che in pochi anni ha già rivoluzionato tempi, contenuti, metodi e mission delle attività turistiche (www.cittadelvino.it).

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