02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Dalla quantità alla qualità: all’“Alto Adige Wine Summit” il bilancio del vino altoatesino, a 40 anni dalla svolta, nelle parole dei protagonisti. Da Hans Terzer (San Michele Appiano) ad Alois Lageder: pronti alle sfide del futuro

Italia
I vini dell’Alto Adige brindano ad una rivoluzione fatta di ricerca e qualità

La storia dell’Alto Adige del vino è relativamente recente, figlia di una svolta qualitativa arrivata solo a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. Fino ad allora, infatti, si puntava essenzialmente sulla produzione di massa, che guardava quasi esclusivamente ai quantitativi e alle rese. Poi, un mercato che si scopriva sempre più esigente, insieme all’esempio che arrivava sia dai principali territori del Belpaese che dalle Regioni più importanti della Francia e del Nuovo Mondo, a partire dalla Napa Valley, hanno spinto le cantine dell’Alto Adige verso l’innovazione e la ricerca della qualità, che si sono tradotte nell’arrivo di vitigni internazionali e nuovi metodi di coltivazione, capaci di rilanciare la produzione locale. Con un Alto Adige che oggi è una delle realtà più varie e complesse del panorama enoico nazionale, con i suoi 5.400 ettari vitati divisi tra 20 vitigni diversi, dal Pinot Grigio al Gewürztraminer, dal Sauvignon al Riesling, dalla Schaiava al Lagrein.
“Alla fine degli anni Settanta - racconta Luis Raifer, allora presidente e direttore della Cantina di Colterenzio, dalla tavola rotonda sui 40 anni della viticoltura altoatesina, che ha aperto simbolicamente il sipario sull’Alto Adige Wine Summit, l’anteprima firmata Consorzio Vini Alto Adige di scena a Bolzano (oggi a domani www.winesummit.info) - avevamo la sensazione che qualcosa dovesse cambiare, e che in Alto Adige si potesse ottenere di più, anche grazie alle fortunate condizioni climatiche. All’inizio il percorso è stato in salita, ma siamo riusciti a produrre vini che sono diventati fattori trainanti del territorio”.
Hans Terzer, winemaker della Cantina San Michele Appiano, è stato uno dei protagonisti di quegli anni dal punto di vista enologico. “Non è tanto la tecnologia a fare il vino, ma la materia prima - spiega - il lavoro dell’enologo inizia nel vigneto. La nostra non è stata una rivoluzione tecnica ma di sensibilità, consapevolezza e coraggio di fare a volte scelte istintive. Così siamo stati le ostetriche che hanno fatto nascere la nuova viticoltura dell’Alto Adige, e dopo di noi sono arrivati tanti che l’hanno fatta crescere”.
Per Alois Lageder, dell’omonima griffe storica, la differenziazione dell’Alto Adige in termini di microclimi e terreni è stata decisiva nella svolta qualitativa. “Già nell’800 i nostri nonni si erano resi conto della varietà climatica e avevano capito l’importanza di impiantare il giusto vitigno nel giusto vigneto. Per ragioni storiche, fino agli anni Ottanta, quattro quinti della produzione erano Schiava. Ci siamo chiesti su quali vitigni puntare, e attraverso Chardonnay e Cabernet abbiamo rilanciato la nostra immagine nel mondo”.
“Quando rilevai l’azienda di famiglia all’inizio degli anni Ottanta, mi trovai con vini che era difficile vendere - racconta Josephus Mayr della tenuta vinicola Unterganzner - per arrivare alla qualità che conosciamo oggi dovemmo cambiare tutto, dalla concimazione all’irrigazione, fino all’imbottigliamento. Si discuteva con i produttori di altre zone vinicole, si imparava a si ottenevano i risultati”.
Oggi, a quasi 40 anni da quella svolta, l’Alto Adige è un territorio dalla varietà unica, con ben 20 vitigni diversi coltivati con cura su aree fortemente diversificate per climi e composizioni del terreno. Secondo i produttori, la sfida dei prossimi anni sarà quella di non adagiarsi su questo risultato, e mantenere nelle bottiglie un’identità altoatesina, che renda i vini riconoscibili in tutto il mondo. L’altro grande nodo sarà quello del cambiamento climatico: l’aumento delle temperature nei prossimi anni ridisegnerà la microgeografia dei vigneti, spostando le coltivazioni a quote più alte e ridefinendo le scelte dei vitigni. Una sfida costante che i produttori dell’Alto Adige sono pronti ad affrontare grazie alle solide basi tecniche e culturali gettate negli ultimi 40 anni.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli