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“Vendemmia, situazione problematica in quantità e qualità, basta con certi proclami”. Così il presidente Assoenologi Riccardo Cotarella. Lorenzo Landi: “vero, ma no catastrofismo climatico”. Federico Curtaz: “vocazionalità dei territori fondamentale”

Italia
La vendemmia 2017 e le sfide del futuro per gli enologi Riccardo Cotarella, Lorenzo Landi e Federico Curtaz

“Parlare di questa vendemmia mi mette tristezza, perchè la situazione è complessa. Ma per etica dobbiamo fare un disamina che spesso non è obiettiva”. Parla così, senza mezze parole, il presidente degli enologi italiani, Riccardo Cotarella, da Camerano, nei 50 anni della Doc del Rosso Conero, prima denominazione rossista delle Marche, firmata dall’Istituto Marchigiano Tutela Vini (Imt), nella prima giornata di “Collisioni Jesi”, nel Progetto Vino di Collisioni, curato da Ian d’Agata.

“Noi, come Assoenologi abbiamo fatto previsioni molto anticipate, già da luglio si poteva prevedere una raccolta di scarsa quantità, specialmente nel Centro Italia sono tutti in negativo in quantità. Solo la Campania pareva in positivo dopo un drammatico 2016, ma dal +5% stimato, siamo già al -10%, ed il -24% medio di produzione stimato a livello nazionale - come già detto da Cotarella a WineNews - sarà molto più accentuato. Di quanto lo diremo a fine vendemmia”.

Insomma, ennesimo invito alla prudenza e alla serietà nello sbilanciarsi in valutazioni, perché ne va della credibilità del sistema vino. “Noi enologi siamo prima di tutto tecnici - ribadisce Cotarella - non ci possiamo lasciare influenzare, nelle nostre valutazioni, da quello che possono essere le conseguenze di mercato delle dichiarazioni che facciamo, e neanche pensare di edulcorare la pillola. Non è possibile sentire ancora parlare di annata del secolo non, capisco a chi giova. È evidente che ci sono anche difficoltà dal punto di vista qualitativo. Oggettivamente è un’annata anomala, non solo da noi. Il gelo in primavera ha colpito dalla Champagne a Pantelleria, poi c’è stato il gran caldo africano. È vero che la vite è una delle piante più resistenti, ma non può fruttificare nel migliore dei mondi in queste condizioni. Certo dove si può fare irrigazione di soccorso, dove ci sono terreni più freschi e umidi si può fare una buona produzione, come dove c’è un enologo, un tecnico bravo che può limitare i danni. Ma non si può parlare di grande annata ci sono tanti problemi, siamo chiamati agli straordinari per contene gli effetti negativi di questa stagione. E non consola neanche il mal comune mezzo gaudio, perché anche in Francia sono nelle nostre condizioni, e in Spagna le cose vanno anche peggio”.

Insomma, la 2017 è un’annata che, al di là del risultato finale che avremo, e che ovviamente non sarà omogeneo tra territorio e territorio, sembra rimettere in discussione molte convinzioni e scelte agronomiche ed enologiche fatte negli ultimi anni.“Ma dobbiamo stare calmi - dice Federico Curtaz, agronomo consulente di importanti aziende vinicole di tutta Italia - anche perché la storia ci dice che probabilmente siamo in un ciclo, che passerà, ma anche che in questo ciclo non siamo ancora nel periodo più caldo di tutti. La questione è che la viticoltura va progettata, studiando la storia e non solo, e non tutte le “lucciole” che hanno attirato viticoltori e imprenditori, negli anni, sono da seguire. Bisogna analizzare bene dove si pianta, come si pianta, cosa si pianta. Va seguita la vocazionalità storica dei territori, non piantare varietà solo perché possono dare soddisfazioni in poco tempo. La viticoltura ha bisogno di orizzonti lunghi, serve entusiasmo, ma anche pazienza, perché i vigneti che producono grandi vini rossi, per esempio, hanno bisogno di almeno 20 anni di vita”.

“Sono d’accordo con Cotarella nella valutazione di questa annata, speriamo che qualcosa, come le piogge in arrivo ci aiuti da adesso in poi - sintetizza Lorenzo Landi, enologo consulente tra i più affermati del Belpaese, attivo soprattutto nel Centro Italia - ma anche quello che dice Curtaz è vero, al di là delle problematicità dell’annata, che oggi vede uve concentrate ma non mature, forte squilibrio, al punto che abbiamo sempre dubbi se raccogliere oppure no, perché ci sono tanti zuccheri ma tannini acerbi, aromi poco freschi ed in buona parte cotti. Vediamo se con questa pioggia le piante possono recuperare un po’ e migliorare la maturazione, potrebbe aiutare molto sui vitigni tardivi, ma la situazione è problematica”.

Da qui a cedere allo sconforto, però, ce ne corre. “Io il catastrofismo sul fronte climatico non lo condivido - dice Landi - se guardiamo i bandi di vendemmia in varie regioni francesi nella storia, ci dicono tante cose sugli ultimi 700 anni. Le date di raccolta ci dicono che ci sono stati cicli di 30-50 anni in cui le temperature erano anche più alte di adesso. Poi è possibile che questo cambiamento climatico che viviamo in questa epoca, per via di inquinamento e altri fattori, sia davvero irreversibile, ma non ne abbiamo certezza, può darsi che siamo dentro ad un ciclo iniziato 20 anni fa, che potrebbe terminare tra pochi anni. In questo contesto, quella degli enologi è una posizione difficile. Non avendo certezze su cosa accadrà nei prossimi decenni, noi possiamo consigliare le aziende, i produttori possono avere una indicazione, ma è più difficile che prevedere il futuro, capire cosa si deve fare in campagna. Certo, su alcune cose è obbligatorio ragionare, dalla selezione di cloni diversi, più capaci di adattarsi ai cambiamenti, così come studiare meglio nuovi portainnesti, o rivedere certe pratiche agronomiche”.

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