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La Cina enoica punta sulla qualità, con il progetto “Ningxia Winemakers Challenge”, che ha portato per due anni 48 winemaker di tutto il mondo (tre italiani) tra i filari delle aziende del Dragone: i migliori da Usa, Uk, Svezia, Sudafrica e Australia

No, la Cina non è ancora il primo consumatore di vino al mondo, ma potrebbe diventarlo presto, e come produttore è ancora più indietro, specie dal punto di vista qualitativo. Senza una grande storia enologica alle spalle, del resto, diventa difficile competere con i grandi del Vecchio Mondo, anche se la storia recente dimostra che, quando la competenza incontra la competenza, nel posto giusto, si possono fare grandi vini quasi ovunque, dalla Napa Valley in Usa alla Barossa Valley in Australia, passando per Cile ed Argentina. In questo senso, il fiore all’occhiello del Dragone ha un nome, Ningxia, 40.000 ettari vitati, che negli ultimi dieci ha visto nascere, al fianco di colossi come Changyu, tante piccole e medie aziende, decise a fare della qualità la propria cifra stilistica. Anche con l’aiuto di chi, in giro per il mondo, ha prestato per anni la propria professionalità ai più grandi terroir, enologi e winemaker di fama internazionale.

Nasce così il progetto “Ningxia Winemakers Challenge”, supportato dal Ningxia Bureau of Grape Industry Development, che ha coinvolto 48 winemaker da ogni angolo del mondo, dall’Australia all’Argentina, dall’Italia all’India e dalla Svezia al Sud Africa, tra cui tre enologi del Belpaese, Gianpaolo Paglia (già a Poggio Argentiera, a Bolgheri), Alessio Fortunato e Denise Cosentino (entrambi consulenti di Wine Business e professori alla North West Agriculture and Forestry University di Xi’An), invitati a lavorare fianco a fianco ad altrettante aziende del territorio per declinare al meglio le uve di Ningxia.
Un percorso iniziato nel 2015, quando ad ognuno dei winemaker sono stati assegnati 3 ettari vitati, da cui produrre 2.000 bottiglie, in quella che è una vera e propria competizione. A spuntarla, conquistando la medaglia d’oro (e 100.000 yuan, pari a 12.500 euro), Justin Corrans (Sudafrica), con il vino prodotto per la Lanxuan Winery, Sarah Williams (Uk), che ha collaborato invece con Hezun Winery, Tony Kalleske (Australia), in coppia con la Legacy Peak Estate, Brent Trela (Usa) con i vini pensati per Chateau Miqin, e Slavina Stefanova (Svezia), che ha lavorato per Chateau Yumno.

Non ce l’hanno fatta i tre enologi italiani in competizione, ma, come racconta a WineNews Gianpaolo Paglia, “l’aspetto importante è stato, in questo caso, forse più di altri, la partecipazione a questo progetto di promozione del territorio e di transfer di conoscenze della regione del Ningxia che è durato due anni, dal 2015 ad oggi, e che è ancora in atto con la nostra presenza oggi a Shanghai e ieri a Beijin, Nanjin, Guangzhou con i vini da noi prodotti. È stata un’esperienza formidabile - conclude Paglia - da entrambe le parti, che sono sicuro porterà benefici di lungo termine a tutti i partecipanti”.

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