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La percezione della qualità di un vino? E’ (anche) questione di prezzo: se si pensa di stare assaggiando un vino più costoso, vero o meno che sia, lo si percepisce come più gradevole. A dirlo uno studio dell’Università di Bonn

Almeno fuori dalla cerchia degli appassionati e degli esperti del nettare di Bacco, il prezzo di un’etichetta è un fattore che contribuisce a formare un’impressione più o meno positiva del vino assaggiato, e questo a prescindere dal fatto che si stiano veramente degustando vini diversi o no. E’ questa la conclusione di uno studio congiunto della business school internazionale Insead e dell’Università di Bonn, che ha analizzato le reazioni cerebrali di 30 persone tramite risonanza magnetica durante più test di degustazione (https://goo.gl/eDR5Lm). Risultato? Sia che i campioni fossero del tutto gratuiti, o che venissero “pagati” con una somma precedentemente data ai partecipanti come ricompensa per lo svolgimento di un compito preliminare, questi ultimi tendevano a valutare come migliori i campioni con il prezzo maggiore e peggiori quelli col prezzo più basso, anche se in realtà si trattava sempre e comunque della stessa etichetta.
Partendo da un pool di 54 partecipanti iniziali, ed escludendo successivamente sia gli esperti di vino che coloro che non possono consumarlo per motivi nutrizionali o di salute, i ricercatori dell’Università di Bonn hanno chiesto a 30 persone di assaggiare più campioni di quelli che erano descritti come tre rossi diversi - dal costo di 3, 6 o 18 Euro - mentre si trovavano in uno scanner per la risonanza magnetica funzionale, che permette di registrare la variazione dei flussi sanguigni nelle diverse aree del cervello per misurarne l’attivazione, e di conseguenza il loro ruolo nello svolgimento di un dato compito. Il vino, come detto, era in realtà sempre lo stesso, e proveniva da una bottiglia dal costo di 12 euro allo scaffale: a ogni partecipante, però, veniva invece detto che ognuno dei campioni apparteneva a una fascia di prezzo diversa, e analizzando i risultati dei test, che duravano circa 90 minuti, i ricercatori sono giunti alla conclusione che il sistema di valutazione del cervello, insieme alla corteccia prefrontale anteriore, implementavano il dato fasullo dei prezzi diversi nella valutazione qualitativa del vino, e questo sia che i soggetti dovessero pagare una percentuale del prezzo in prima persona o meno. Di conseguenza, si legge nelle conclusioni dello studio, “le connessioni neurali legate alla motivazione e alla regolazione affettiva hanno un ruolo fondamentale per quanto riguarda l’effetto dei dati informativi sulle esperienze sensoriali”: inoltre, un basso prezzo finiva per influenzare molto di più la valutazione del vino in chiave negativa di quanto un prezzo alto poteva influenzarla in chiave positiva.
Per quello che è possibile definire come un campione del pubblico generale dei consumatori di vino, insomma, il sapere che un vino costa poco ne “azzoppa” preventivamente le potenzialità in termini di piacevolezza percepita molto più di quanto possa aumentarle il sapere che, al contrario, il vino che si sta per assaggiare ha un prezzo più consistente.

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