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Vendemmia 2017? Un solo punto fermo, la forte incertezza. Da Nord a Sud la “tempesta perfetta”: prima le gelate tardive poi la siccità. Annata di difficilissima decifrazione per alcuni dei più importanti enologi del Bel Paese

Italia
Vendemmia 2017 ... Un solo punto fermo, la forte incertezza

Vendemmia 2017? Un solo punto fermo, la forte incertezza. Come, probabilmente, non è mai capitato negli ultimi 5 anni o forse più. Nel corso di quest’anno abbiamo visto di tutto, dalle gelate tardive, alle grandinate a dir poco torrenziali, alla siccità quasi desertica. Ma il “romanzo” del millesimo 2017 è ancora tutto da scrivere, salvo forse due “capitoli”: le rese saranno più basse (combinando l’effetto duplice delle gelate di aprile e della scarsità d’acqua attuale), ma di quanto è difficile dirlo con certezza, e la raccolta sarà anticipata (in alcuni casi molto anticipata, e comunque tra i 10 e i 15 giorni prima del 2016). 2017 annata a dir poco complicata, quindi, presumibilmente con più problemi per i vitigni precoci e con qualche speranza in più di un exploit qualitativo per i vitigni tardivi (un ritorno alla tradizione anche in termini varietali, si potrebbe dire) con analogie con la 2003 (anche se le escursioni notturne del 2017 erano del tutto assenti 14 anni fa) e con la 2012, specialmente in quanto a siccità, ma anche con la 2011 o la 2015 per i picchi di calore. Una vendemmia che sarà da scrivere nella storia dell’enologia europea (perché di problemi analoghi ce ne sono anche in Francia e Spagna) e che sarà destinata, per chi riuscirà a trarne le debite indicazioni, a diventare paradigmatica su quello che succederà nel futuro prossimo delle viticoltura del Vecchio Mondo. Insomma, un’annata da considerare non un’eccezione ma il “novum” che avanza. Con una conseguente e necessaria analisi del modello di sviluppo viticolo ed enologico attuale che dovrà ripensarsi: dall’adozione, per esempio, di sesti d’impianto più grandi, al problema, chiaramente, dell’approvvigionamento sistematico e non emergenziale dell’acqua per la coltura della vite. Gelo, grandine e siccità sono gli antefatti del “romanzo” della vendemmia 2017, che hanno lasciato e lasciano il segno, a vario grado, sull’intero Vigneto Italia, ma non hanno ancora scritto definitivamente il “capitolo” qualitativo dell’annata. Oggi, la situazione appare difficile, ma non ingestibile, e la sua sceneggiatura è ancora in fase di elaborazione. La “versione” definitiva arriverà soltanto tra una quarantina di giorni, con i “paragrafi” dei vigneti irrigati che potrebbero spuntare un livello qualitativo interessante a tutte le latitudini insieme a quello del Friuli Venezia Giulia, dove, pur in un quadro di una vendemmia complicata e calda, le cose non stanno andando così male. L’attuale forte siccità potrebbe essere non solo croce, ma anche delizia, tutto dipenderà dalla pioggia, se e quando verrà, e quanta ne cadrà (le cosiddette “bombe d’acqua” sarebbero più dannose della stessa siccità). Ma è impossibile sbilanciarsi in previsioni. Questa la fotografia scattata da WineNews, che ha chiesto a 12 enologi ed agronomi più importanti del Bel Paese, un parere sulla vendemmia 2017, ormai già avviata per le basi spumanti e per i vitigni precoci, bianchi ma anche rossi.
I pareri, evidentemente, si dividono tra chi guarda allo stato delle cose con più ottimismo e chi, invece, non nasconde le proprie preoccupazioni. Un atteggiamento che sta nelle cose: la grande incertezza non può che riverberarsi sulle interpretazioni degli stessi tecnici sul millesimo 2017, peraltro anche in rapporto alla variabilità delle zone dove lavorano e che possono “comportarsi” in modo più o meno reattivo rispetto agli eventi climatici (diversi sono i comportamenti dei vitigni, dei portinnesti e dei terreni su cui dimorano, per esempio).
Al Nord, colpito più intensamente dalle gelate di aprile e dalla grandine successiva (con conseguente abbassamento del carico produttivo, specie in Veneto e nella Franciacorta), ma anche interessato da precipitazioni piovose un po’ più abbondanti (che pure non hanno scongiurato la siccità), lo stato vegetativo dei vigneti rispetto all’ondata di caldo attuale è meno preoccupante, mentre al Centro-Sud questo aspetto sta diventando un problema. Gli acini, specialmente nel caso dei vitigni a bacca rossa, come si dice con formula gergale, sono “impallinati”: in generale cioè sono piccoli e pesano poco. Nei casi in cui questo fenomeno è più pronunciato, se piovesse ci sarebbe soltanto un aumento del peso del grappolo ma non un avanzamento qualitativo. La vite più di altre piante resiste alla siccità e quindi può ancora “reggere” allo stato di cose attuale, tuttavia gli impianti nuovi sono a un passo da uno stato di stress profondo, con il rischio che la vite interrompa definitivamente il suo iter di maturazione. La siccità, soprattutto nell’area centro-meridionale, sta stressando i vigneti, anche se ha ridotto drasticamente le fitopatie (peronospora e oidio), con calo dei trattamenti fitosanitari e uve in perfetto stato sanitario e, in questo unico senso paradossalmente, si può parlare di una grande annata. Certamente, la mancanza di piogge (che, per esempio in Puglia dura da maggio) ha inciso sulla fase vegetativa della vite, accelerando alcuni processi fisiologici a scapito della gradualità dell’estensione cellulare dell’acino e della produzione degli aromi (ma non, evidentemente, del grado zuccherino e dei processi di appassimento). La finalità naturale della vite, infatti, non è quella di produrre frutti destinati alla produzione di vino, ma quella di portare a compimento lo sviluppo dei semi per la conservazione della specie (con buona pace, di passaggio, di chi ancora pensa al vino “naturale”).
Una vendemmia con il marchio “ottenuta da annata calda”, non solo impegnativa sul fronte agronomico (anche dal punto di vista delle scelte su come trattare la vigna in queste condizioni, così estreme per portare semplicemente le uve in cantina), ma anche su quello enologico e cioè del lavoro in cantina durante le fermentazioni (gestione di una materia prima che avrà più bisogno di nutrimenti per fermentare regolarmente, disponibilità del freddo in cantina, per fare solo un paio di esempi) e durante i primi “vagiti” dei nuovi vini (a partire da un oculato mix con un’annata più fresca ed equilibrata come la 2016) per scongiurare il più possibile la loro tendenza alla piattezza aromatica, all’esuberanza alcolica, alla tannicità (polifenolicamente immatura) e alla più immediata possibilità di ottenere vini “marmellata”.

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