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“America First”, sarà per un’altra volta: il gotha del Partito Repubblicano statunitense abbandona il progetto di imposta sulle importazioni di tutti i prodotti stranieri, inclusi vino e cibo, per far passare a tutti i costi la loro riforma fiscale

Era stato, come del resto molti altri, uno dei principali cavalli di battaglia della candidatura alla Presidenza di Donald Trump, ma da oggi anche il progetto di Border Adjustability Tax (Bat, all’atto pratico una simil-Iva con incorporati sussidi all’export) è ufficialmente stato abbandonato dai “Big six”, ovvero i sei esponenti di punta del Partito Repubblicano che si occupano del dossier relativo alla futura riforma fiscale.

La Bat, ideata al tempo dal Capogruppo dei Repubblicani alla Camera bassa del Congresso Paul Ryan, prevedeva che le imprese statunitensi potessero escludere i ricavi da esportazioni dal calcolo del proprio imponibile fiscale, ma che non potessero più detrarre i pagamenti a fornitori esteri, incluse proprie controllate. Un chiaro disincentivo alle importazioni, che avrebbe però finito col devastare il settore del commercio al dettaglio, oltre a creare molti problemi a filiere internazionalizzate come quella dell’automotive e dell’energia. La notizia del suo abbandono - oltre a confermare la sensazione di panico diffusa che viene riportata da più parti per un partito che, nonostante abbia in mano Congresso, Senato e Casa Bianca, appare visibilmente in crisi - è però ottima per tutti i settori produttivi d’Italia che esportano negli States, e quindi anche le imprese vitivinicole dello Stivale. Particolarmente in un momento nel quale, stando ai più recenti dati dell’Italian Wine & Food Institute, il vino tricolore sta cedendo terreno (-1% in volume e in valore) in un periodo, i primi cinque mesi del 2017, nel quale il mercato a stelle e strisce, invece, continua a crescere nelle importazioni (+10,4%), e i nostri principali competitor hanno tutti guadagnato posizioni.

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