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“Risiko” nei vigneti del Piemonte: Poderi Gagliardo punta su Nizza e Barbera con acquisizione di Tenuta Garetto, Dacapo si fonde con Ca ed Balos, Bruna Giacosa (Bruno Giacosa) smentisce a WineNews la cessione dell’azienda alla famiglia Krause

Italia
La famiglia Gagliardo arriva nel Monferrato, acquistata Tenuta Garetto

“Entriamo per la prima volta nel territorio del Nizza, lo facciamo come famiglia in punta di piedi, ma ci crediamo molto. È un zona che merita grande attenzione ed interesse, ha le caratteristiche perfette per un successo enorme, con una vocazione altissima e unica, tra vitigno, il Barbera, ed il terroir, così come avviene per il Nebbiolo a Barolo. E c’è una grande storia, fatta di vigneti maturi, che sono importantissimi, ma anche di umanità, perché c’è un gruppo numeroso di produttori intelligenti che sono stati capaci di fare davvero squadra e lavorare per valorizzare il territorio, anche creando la Docg Nizza”: così, a WineNews, Stefano Gagliardo, nome storico del vino piemontese, che commenta la notizia dell’acquisizione da parte della Poderi Gianni Gagliardo (cantina di La Morra, con 25 ettari a Nebbiolo, divisi a metà tra Langhe e Roero) dell’azienda Tenuta Garetto ad Agliano (Asti), 15 ettari a Barbera ed 1 a Grignolino, e la cantina di vinificazione. Uno dei nomi di punta del territorio, “tanto che non cambieremo il marchio, e rimarrà in azienda anche Alessandro Garetto, con cui tra l’altro sono stato compagno di scuola. Ed è un valore aggiunto per tutto il team, a partire da mio fratello Alberto, che è il vignaiolo di famiglia. Il progetto è in divenire, noi cercavano da anni dei vigneti nel territorio, non pensavamo ad acquisire un’azienda, ma è andata così. E ora vedremo come procedere, vogliamo studiare ancora meglio il territorio ed i vigneti, faremo micro-vinificazioni e studi prima di capire quante bottiglie di Nizza e Barbera d’Asti superiore produrre. Non abbiamo mai fatto progetti a tavolino, perché facciamo quello che la vigna ci dice e ci consente di fare. Quello che è certo è che qui punteremo tutto sul Barbera di altissima qualità. Anche se devo dire, c’è anche un vigneto di un ettaro di Grignolino che è davvero entusiasmante”.
La stessa filosofia che ha mosso la famiglia Gagliardo nella sua storia vinicola, in particolare nelle Langhe con il Barolo: “ci piace definirci “nebbiolisti”, ancor prima che barolisti. Ma, nel Barolo, abbiamo i nostri vigneti disseminati in piccoli appezzamenti in 5 Comuni, e lavoriamo molto sui cru. Da Lazzarito a Castelletto, che sono entrati in commercio quest’anno per la prima volta, a cui si aggiungeranno Monvigliero, Mosconi, Fossati e un progetto particolare, con Serra dei Turchi, che è stato il primo vigneto da Barolo di mio nonno, nel 1961, che da “dolcettista” di Diano d’Alba aveva sempre sognato di produrre un grande Barolo. Qui facciamo un vino tutto particolare, con diraspatura e selezioni di grappoli ed acini completamente a mano, da cui nascono 150 magnum per i collezionisti. È per noi un vigneto speciale, e meritava qualcosa di speciale”.
Come, nella visione di Gagliardo, la meritano la Barbera ed il Nizza Docg. E quella di Poderi Gagliardo con Tenuta Garetto è solo l’ultima di una serie di acquisizioni che hanno toccato il Piemonte, soprattutto nelle Langhe e nel Barolo, dove i prezzi, come ha ricordato nei giorni scorsi a WineNews il presidente del Consorzio Orlando Pecchenino, sono altissimi, quasi fuori mercato, “spesso dettati più da questioni finanziare che da progetti di impresa” (https://goo.gl/fo2R5c), con prezzi di 1 milione di euro ad ettaro, che arrivano anche al doppio per i migliori cru. E forse questo, insieme al nuovo “Rinascimento” che il mondo Barbera sta vivendo, anche grazie al Nizza e al lavoro del Consorzio della Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, spinge i produttori ad investire in queste terre.
“Non sono molto d’accordo - commenta, però, Gagliardo - in realtà come ho detto credo che il mondo della Barbera meriti attenzione ed investimenti di per sé, al di là di quello che gli accade intorno, perché vale. Su Barolo, è indiscutibile che ci sia stato un aumento delle quotazioni importante in pochi anni, ma non direi che siamo a quotazioni fuori mercato. Direi piuttosto che la denominazione è entrata in un mercato in cui prima non era, ovvero quello dei più grandi territorio del mondo, visto che le quotazioni degli ettari sono ai livelli dei migliori terreni di Borgogna, Bordeaux, Napa Valley e così via”.
In ogni caso, investimenti così nel mondo Barbera, valorizzano l’intero territorio, come commenta a WineNews il presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, Filippo Mobrici: “investimenti di nomi come Gagliardo, ma anche Marchesi di Barolo, Farinetti, Prunotto, Vietti, Damilano, per dirne alcuni, che dalle Langhe hanno iniziato non da ora a guardare al Monferrato, alla Barbera e al Nizza, sono i segnali che ci aspettiamo, vuol dire che questo territorio sta diventando interessante come merita di essere, e che questo ci sia anche da parte dei nostri “cugini langaroli” non può fare altro che piacere. Anzi, li accogliamo a braccia aperte, anche perché quando questi imprenditori portano in giro i loro brand, inevitabilmente portano nel mondo anche i nostri marchi collettivi. Stiamo vivendo un vero e proprio “Rinascimento”. Domani faccio un cda di Consorzio dove alle 250 aziende già presenti se ne aggiungeranno altre 25. E oggi un ettaro di vigneto, a seconda delle condizioni, dell’età e della posizione, vale tra i 50.000 ed i 120.000 euro. Ovviamente siamo lontanissimi dalle quotazioni delle Langhe, ma c’è stata una crescita importante, se si pensa che 3-4 anni fa quando si spuntavano 30-35.000 euro ad ettaro era già un risultato. E quello che va sottolineato è che nel nostro territorio arrivano tutti investimenti di imprese del vino e a lungo termine, non si investe per ragioni finanziarie o per diversificare”.
Di certo, in Piemonte c’è fermento in una sorta di “Risiko” dei vigneti. Come conferma tra le altre la fusione della cantina Dacapo, ad Agliano Terme, fondata nel 1997 da Dino Riccomagno e Paolo Dania, nel Monferrato, focalizzata sulla produzione di Barbera d’Asti, Nizza e Ruchè, e la Ca ed Balos, di Renata Bonacina, a Castiglione Tinella, nel cuore della produzione del Moscato d’Asti, con i tre imprenditori che insieme guideranno la nuova realtà, che mette insieme 8 ettari di proprietà più alcuni in affitto, sotto il nome di Dacapo S.Agr.R.L.
Ma, nella ridda di voci che coinvolgono in questi i territori piemontesi, arriva secca la smentita della cessione di una delle cantine simbolo delle Langhe, la Bruno Giacosa, firma di etichette mito come il Barbaresco Asili o il Barolo Falletto, che alcuni vorrebbero ceduta alla famiglia americana Krause, già proprietaria della Krause Holdings Inc, la stessa che ha acquisito, nel giugno 2015, la storica Enrico Serafino dal gruppo Campari (un investimento, quello, da oltre 6,1 milioni di euro per la cantina, il marchio Enrico Serafino e i vigneti, 12 ettari, tutti nel comune di Canale d’Alba, 6 a Nebbiolo, 4 ad Arneis e 2 a Barbera) e, nel 2016, Vietti, altro nome storico del vino piemontese, 32 ettari di proprietà divisi tra Castiglione Falletto (Scarrone, Villero e Rocche), La Morra (Brunate), Barbaresco (Masseria), Castiglione Tinella (Cascinetta e Tre Vigne), Serralunga d’Alba (Lazzarito) e Agliano d’Asti (La Crena). A smentire le voci è la stessa Bruna Giacosa, che oggi guida l’azienda insieme al padre Bruno Giacosa, uno dei patriarchi del vino piemontese: “non ho venduto”, ha detto ieri pomeriggio a WineNews.

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