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Contrordine, analisti: Goldman Sachs peggiora la sua valutazione sui titoli del titano del beverage Constellation Brands e del megaproduttore di birra Boston Beer Company. Motivo? Le nuove generazioni (Millennial ma non solo) preferiscono il vino

“Buy” fino ad aprile, “conviction buy” poi (ovvero da giudizio positivo a fortemente positivo) e infine “neutral” - ovvero il minimo sindacale che un analista può permettersi di assegnare a un titolo senza pregiudicare, forse fatalmente, le relazioni con l’azienda in questione. Il tutto nel giro di novanta giorni. Ecco la parabola che Goldman Sachs ha descritto, negli ultimi tre mesi, per il titolo azionario del peso supermassimo del beverage globale Constellation Brands: inoltre, il più recente downgrade, avvenuto ieri, è stato allargato anche a Boston Beer Company, il birrificio del Massachusetts titolare del popolare marchio Samuel Adams.
Il motivo di tale decisione? La crescente disaffezione delle fasce più giovani della popolazione - inclusi non solo gli onnipresenti Millennial, ma anche i Gen-Xers, attualmente ultratrentenni - per la birra, a tutto vantaggio del nettare di Bacco.
“Come abbiamo notato durante le nostre analisi già dal 2014”, la chief analyst della multinazionale della consulenza finanziaria Freda Zhuo ha scritto nella nota che descriveva il cambiamento della valutazione sul titolo Constellation, “ci aspettavamo un rimbalzo ciclico nel consumo totale di bevande alcoliche a valle della recessione, e il motivo per il cambiamento (in termini di cambiamento nelle penetrazione nei mercati di vino e birre, ndr) è il fatto che i gruppi di consumatori più giovani si stanno allontanando dalla birra. Il settore demografico più giovane, quello inferiore ai 35 anni di età, non ha visto cambiamenti nel tasso di penetrazione del mercato, mentre la coorte compresa tra 35 a 44 anni di età sta mostrando uno spostamento dalla birra verso il vino e i superalcolici”. Quindi, pare proprio che il consumo totale non stia cambiando, e che di conseguenza il cambiamento notato da Goldman Sachs sia una sorta di “partita di giro” tra le quote di mercato della birra e degli wine & spirits. Un punto di vista corroborato dai dati Nielsen, secondo i quali il tasso di penetrazione della birra nel mercato statunitense è sceso di un punto percentuale, dal 26 al 25%, nel periodo compreso tra gennaio e giugno 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016, mentre quelli del vino e dei superalcolici sono risultati stabili, ovvero rispettivamente al 23% e al 14%.
I dati Nielsen, infine, sono stati visti da più parti come un segnale ulteriore del fatto che sarebbe in atto nel mercato n.1 del vino al mondo - dove l’Italia, nonostante recenti segnali poco incoraggianti, rimane leader in valore e in volume - un secondo fenomeno di sostituzione nei consumi oltre a quello tra birra e wine & spirits, ovvero quello tra birra e cannabis. Anche la società di consulenza finanziaria newyorkese Cowen Group ha infatti recentemente rivisto al ribasso il suo giudizio nei confronti del titolo del birrificio Molson Coors (certamente un brand che ha il suo peso nel mercato americano degli alcolici), sottolineando il fatto che in tutti e tre i più recenti cicli di consumo di bevande alcoliche “ci sia stata una rilevante correlazione inversa con il consumo di cannabis”. Tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, ad esempio, il consumo di bevande alcoliche crollò del 22%, e nel medesimo ciclo il consumo di cannabis crebbe di diciotto punti percentuali: e questo ben prima che oltre tredici Stati americani legalizzassero il consumo, medicinale o apertamente ricreativo, della sostanza, in aperto contrasto con l’ordinamento federale.

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