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I Millennials del mondo ed il vino, sempre più importanti, uguali ma diversi tra loro nelle diverse aree del pianeta, dagli Usa al Giappone, passando per l’Italia: la loro fotografia scattata da Episteme per Pasqua, storica realtà della Valpolicella

80 milioni in Usa, 11 milioni in Italia, 21,8 milioni in Giappone: ecco i Millennial di tre dei più importanti mercati del vino del Belpaese, che negli ultimi anni hanno speso più in prodotti legati al vino rispetto alle altre generazione, e sviluppano sempre più una cultura enologica matura e raffinata, con le donne che, proattive, determinate, intenditrici e decisori d’acquisto, hanno superato in questa fascia di età i maschi nel consumo. Così una ricerca di Episteme per Pasqua Vigneti e Cantine, storica realtà della Valpolicella, che si è focalizzata su quel panel che da tutti è indicato come fondamentale per il mercato del futuro (ma anche del presente) in ogni settore, vino incluso. Anche perchè i Millennilas, ovvero i nati tra gli anni Ottanta e i primi anni Duemila, sono stimati in 2 miliardi di individui nel mondo, ovvero la generazione più numerosa.
Millennials che, in generale, sono ormai nativi digitali e sempre connessi, e anche attraverso la tecnologia cercano con il produttore e con la cantina un dialogo diretto e trasparente. Sempre più globali e mobili, cercano però bottiglie di qualità con provenienza certificata e legata al territorio, sono particolarmente sensibili ai temi della sostenibilità, e guardano quindi con favore ai brand attenti ai temi di responsabilità sociale e biologico, e sono collaborativi, vogliono poter co-creare, da cui l’esigenza di avere oltre alla degustazione delle vere e proprie esperienze del brand e dei valori di cui è portatore. Se queste sono le tendenze che accomunano i Millenials dei tre mercati oggetto dell’indagine, però, ci sono delle diversità “geografiche”, legate in particolare alla condizione lavorativa. Ci sono per esempio i “tradizionalisti”, soprattutto in Usa, ovvero giovani adulti inseriti in percorsi lineare, sicuri ma non soddisfatti; ci sono i cosidetti self-branded, in particolare in Italia e negli States, ovvero coloro che costruiscono da soli le proprie competenze ed il proprio lavoro; vengono poi, in particolare in Giappone ed in Italia, gli “equilibristi”, ovvero coloro che colmano le proprie incertezze combinando diversi percorsi professionali, e i “messi in pausa”, ovvero i giovani che rimandano il più possibile il confronto con la propria autonomia. Infine, in particolare negli States e nel Belpaese, troviamo i “social worker”, ovvero coloro che sono particolarmente attenti alle ricadute sociali del proprio lavoro.
“L’insicurezza verso il futuro, o piuttosto una situazione sociale più fluida, incidono in modo determinante sullo stile di consumo del vino. In particolare in Italia il vino per i Millennial è un modo per appropriarsi dell’“adultità” che le condizioni economiche precarie, a volte tengono lontana. Sono ambasciatori di un consumo intelligente, si beve nazionale o meglio locale - ha commentato Monica Fabris, presidente Episteme - negli Stati Uniti un consumatore di vino su due è donna. Alla ricerca di un work-life balance, considerano il vino un’espressione culturale, un alimento sano e moderno. In Giappone, i Millennial hanno ereditato il culto della qualità, ma vivono con poco e devono scegliere attraverso il rapporto qualità e prezzo. Qui il vino è al centro di progetti educativi sul bere di qualità e moderatamente rispetto, ad esempio, ai superalcolici”.
“Il vino è considerato un prodotto naturale e quindi sano, rispondendo quindi perfettamente a quell’esigenza di naturalità e salute specifica dei Millennial. In Pasqua seguiamo con grande attenzione i diversi stili di consumo emergenti, perché riteniamo che alcuni di questi possano diventare dei fenomeni estremamente interessanti”, commenta Umberto Pasqua, presidente di Pasqua (www.pasqua.it), realtà che mette insieme oltre 300 ettari di vigneto gestiti, tra i 100 di proprietà ed i 200 controllati in tutta Italia, per un fatturato 2016 a 48,3 milioni di euro (+18,1% sul 2015), con un quota export del 90%, realizzata in 53 mercati di tutto il mondo. E che, ad inizio 2017, ha registrato un’ulteriore crescita di fatturato del 9,6%, confermando il trend positivo dell’anno precedente.
Con una strategia che, senza dimenticare mercati come gli Usa, primo Paese target di Pasqua, guarda con particolare attenzione al Far East. Per esempio è già stato firmato un memorandum of understanding con Dalian Dego Biotech co. Ltd, partner storico di Pasqua in Cina, per il controllo al 51% della società che si occuperà della vendita on line in quel mercato. Inoltre, Pasqua è parte del progetto EMarcoPolo, vetrina virtuale dell’agroalimentare italiano in TMall, la piattaforma consumer di Alibaba per la vendita on line con 6 diverse referenze. Senza dimenticare il Giappone, mercato in cui Pasqua è presente da oltre 30 anni, e dove ci sono ancora grandi potenzialità di crescita.
Un’area asiatica su cui Pasqua, guidata da Umberto con i figli Riccardo (ad) e Alessandro (vice presidente per gli Usa), crede fortemente per il futuro. Così come nell’alta qualità del vino legata al territorio d’elezione di Pasqua, la Valpolicella, che si concretizza, tra le altre cose, nella linea “Mai dire mai”, Valpolicella e Amarone che nascono dalle uve del vigneto Monte Vegro “Egidio Dal Colle”, 23 ettari con “caratteristiche pressochè perfette per generare vini di alta qualità: una collina di 350 metri di altezza, esposta su tutti i fronti, che guarda alla Val d’Illasi e la Val di Mezzane, con i Lessini alle Spalle e un suolo di origine basaltica e calcarea che garantisce una mineralità ottimale”.

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