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La Slovenia porta la Commissione europea in Tribunale per una controversia su un vitigno. Si tratta della varietà Teran che con il bene placido della Ue potrà essere utilizzata e scritta in etichetta anche in Croazia

È un vitigno al centro di una nuova disputa, evidentemente innocente, ma che riporta alla mente le ben più terribili vicende della disgregazione della Jugoslavia, tra Slovenia e Croazia. Senza mezzi termini il ministro dell’agricoltura sloveno presenterà una denuncia contro la Commissione Europea in merito al vitigno Teran.
La Slovenia non è soddisfatta, fa sapere il sito www.thedrinksbusiness.com, di come la Ue sia stata così superficiale nel rilasciare, a maggio, una delega ai produttori croati per utilizzare il nome Teran in etichetta, benché si tratti di una varietà che viene coltivata in luoghi molto specifici e tutelati da Dop.
La Teran è una varietà a bacca rossa, coltivata nell’Adriatico settentrionale, in alcune zone del Friuli Venezia Giulia e dell’Emilia Romangna in Italia (nota con il nome di “Terrano” e “Cagnina”, rispettivamente per ottenere i vini a denominazioni Carso e Cagnina di Romagna) e, appunto, nel Carso sloveno e in alcune parti della penisola istriana in Croazia.

È considerata una delle uve locali più importanti della Slovenia e i produttori hanno ottenuto la Dop su questo vitigno nel 2009, quattro anni prima che la Croazia entrasse nella Ue (2013). Per questo, la vendita di un vino croato etichettato come “Teran” non era consentita all’interna della Ue. Ma, ad inizio 2017, la Comunità europea ha stabilito che i produttori croati dell’Istria avrebbero potuto utilizzare il nome di questa uva in etichetta insieme a quello della zona di produzione “Hrvatska Istra” o “Istria Croata”.
Benché il Teran è e rimarrà una Dop slovena, registrata come tale nella Ue e come tale soggetta alle leggi vigenti nella Comunità, a partire dal divieto di commercializzazione in Europa di altri vini che riportino in etichetta il nome Teran, tuttavia, secondo le stesse regole comunitarie, è possibile stabilire un’eccezione per l’uso del nome di una varietà di uva che coincide con una Dop, per quei vini che, previa giustificazione documentata, accolgano le regole esistenti sull’etichettatura. La Slovenia ha subito presentato una denuncia e ha addirittura accusato la Croazia di presentare la documentazione in merito parzialmente “taroccata” al fine di ottenere la concessione.
Proprio in questi giorni, a Bruxelles, si discute di questa vicenda e la decisione finale potrebbe portare ad un precedente pericoloso, con malintesi per i consumatori e perdita di credibilità del sistema delle Dop. “Questo caso dimostra che nessun vino a denominazione è sicuro - ha sottolineato il ministro dell’agricoltura sloveno, Dejan Zidan - e che la Commissione può intervenire in modo non trasparente anche sul resto delle Dop esistenti”.

La Slovenia ha tempo fino a settembre per istruire il caso legale, mentre Francia, Italia, Slovacchia e Ungheria hanno già fatto sapere del loro disappunto verso la possibilità di accordare eccezioni alle Dop esistenti.

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