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Crescono le importazioni di vino in Usa (+10,4% in volume e +5,4%), ma l’Italia arretra, dell’1%: a dirlo l’Italian Wine & Food Institute sui primi 5 mesi del 2017. Bene tutti i principali competitori: Australia, Cile, Nuova Zelanda e Francia

Le importazioni di vino crescono in Usa, nei primi 5 mesi 2017, ma l’Italia, che è leader nel Paese, è in leggera flessione. Lo conferma la fotografia dell’Italian Wine & Food Institute, guidato da Lucio Caputo, dopo i primi segnali di allarme sull’andamento dell’export del vino italiano, lanciati nei giorni scorsi dall’Osservatorio Paesi Terzi di Business Strategies e Wine Monitor Nomisma (https://goo.gl/tE6YJT). Nel dettaglio, spiega l’Italia Wine & Food Institute, l’Italia perde l’1% sia in volume che valore (1,05 milioni di ettolitri per 546,6 milioni di dollari) sullo stesso periodo del 2016. Niente di drammatico, ma un segnale da valutare con grande attenzione, poiché in netta controtendenza con il mercato americano nel suo complesso, dove le importazioni sono cresciute del 10,4% in quantità (4,1 milioni di ettolitri) e del 5,4% in valore (1,6 miliardi di dollari).
Con tutti i principali competitor del Belpaese che crescono nettamente, dall’Australia (+54,6% in quantità, a 897.570 ettolitri, e + 6,7% in valore, 158,1 milioni di dollari), alla Francia (+15,2% in volume, a 533.150 milioni di ettolitri, e +16,8% in valore, a 452,6 milioni di dollari), fino alla Nuova Zelanda (+20,7% in volume, a 312.570 ettolitri, e +8% in valore, a 172,3 milioni di dollari).
Contrastato, invece, il dato del Cile, che perde l’11,6% in quantità (602.470 ettolitri) ma cresce del 2,6% in valore (113,9 milioni di dollari).
Positivo, sempre secondo la nota dell’Italian Wine & Food Institute, l’andamento delle esportazioni italiane di spumanti che, nei primi 5 mesi 2017, hanno fatto registrare un aumento del 11,6% in quantità e del 5,3% in valore, a 262.630 ettolitri, per 133,3 milioni di dollari, raggiungendo una quota di mercato del 59,4% in quantità e del 35,8% in valore.
Un quadro complesso, in ogni caso. E viene facile pensare che le difficoltà nella gestione dell’Ocm promozione non stiano incidendo sulle performance del Belpaese enoico nel suo mercato straniero più importante e, fino ad oggi, fedele.

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