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Al via ufficiale la nuova classificazione premium del Cava spagnolo: selezionati dal Ministero dell’Agricoltura iberico i primi dodici nomi che faranno parte del “Cava de Paraje Calificado”, tra i quali piccole come grandissime cantine del Paese

Il Cava è uno degli indiscussi cavalli di battaglia dell’enologia spagnola fuori dai confini nazionali, ma - per certi versi come succede come per il Prosecco - gli enormi volumi di produzione della giovane denominazione, e le sue oltre 240 aziende, non hanno spesso avvantaggiato, anzi, i nomi più prestigiosi dal punto di vista qualitativo. Ed è per questo che l’annuncio, da parte del Ministero dell’Agricoltura spagnolo, dei primi dodici nomi che comporranno la classificazione premium della denominazione, è molto importante, dato che, come riportato da “Decanter” (www.decanter.com), adesso la “Cava de Paraje Calificado” è a tutti gli effetti una realtà.
Sulla scia di quanto fatto anche nella Rioja e nel Priorat (le uniche altre due denominazioni che hanno visto un’evoluzione ufficiale verso l’alto), l’enologia spagnola sta progressivamente virando verso la qualità, con tutta probabilità avendo bene in mente la questione del prezzo medio al litro che, per certi versi, affligge anche l’Italia del vino. La classificazione, quindi, vuole andare a risolvere un problema di immagine del microcosmo del Cava, che impedisce ai picchi qualitativi di emergere come meritano. La lista, fra l’altro, include sia aziende di grandissime dimensioni - come Codornìu, con i suoi 3.500 ettari di vigneti, e Freixenet - che piccole cantine, tradizionali o biodinamiche che siano, come Recaredo e Gramona. Nello specifico, l’elenco di questi primi vini include, per l’appunto, Codornìu (con La Pleta, El Tros Nou e La Fideuera), Recaredo (Turó d’en Mota e Serrall del Vell), Freixenet (Can Sala), Torelló (Vinyes de Can Martì), Alta Alella (Vallcirera), Juvé i Camps (La Capella), Vins el Cep (Can Prats), Gramona (Font de Jui) e Castellroig (Terroja). Il disciplinare del “Cava de Paraje Calificado” impone, tra le altre cose, che le aziende vinifichino in proprio almeno l’85% dei propri vini, una resa massima di 80 quintali o 48 ettolitri per ettaro, 36 mesi in bottiglia, stili non più dolci del Brut, un’età minima dei vigneti di 10 anni e un processo ufficiale di approvazione degli appezzamenti in questione.

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