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VinoVip Cortina 2017 - Alla ricerca della sostenibilità tra vigneto e cantina, ma con criteri riproducibili, scientifici, oggettivi: così nel seminario “Verso un’enologia sensibile”, con l’agronomo Piero Donna e l’enologo Riccardo Cotarella

Italia
Alla ricerca della sostenibilità tra vigneto e cantina, ma con criteri riproducibili, scientifici, oggettivi

Sempre più numerosi, e spesso fantasiosi, sono gli aggettivi che vengono accostati alle parole “viticoltura” ed “enologia”, nella maggior parte dei casi per differenziarle da pratiche ritenute invasive, poco rispettose dell’ambiente, della materia prima, del prodotto finale e del consumatore. Alcune di queste adottano sistemi più o meno esoterici, i cui risultati sono poco misurabili, per lo meno con gli strumenti di cui dispone attualmente la scienza. È quindi in atto una sorta di polarizzazione tra estremi, che si inserisce in una generale necessità e ricerca di sostenibilità delle pratiche in vigneto e cantina. A discutere sui due estremi dell’“ideologia naturalistica” e degli eccessi di chimica e tecnologia, nel seminario “Verso un’enologia sensibile”, di scena a Vinovip a Cortina, con due professionisti illuminati: Piero Donna, agronomo dello Studio Agronomico Sata, e Riccardo Cotarella, enologo, presidente di Assoenologi e del Comitato Scientifico di Wrt - Wine Research Team (www.vinovipcortina.it).
“Da trent’anni siamo impegnati in un approccio ecosostenibile alla viticoltura - ha esordito Piero Donna, riferendosi a Sata-Studio Agronomico, che lavora con numerose aziende in molte regioni italiane, da Nord a Sud - e l’esperienza supportata da dati raccolti ci dice che l’equilibrio all’origine di un vino memorabile si ottiene con la conservazione della biodiversità in particolare nel terreno. Crediamo che svilupparla e salvaguardarla rappresenti la nuova frontiera per aziende attente e innovative, per avere una visione della sostenibilità della filiera vitivinicola a 360°, ma è necessario prima di tutto un salto culturale. L’equilibrio da perseguire non è solo tecnico, ma riguarda tutti gli elementi della sostenibilità: ambientale, economica, etica. Attenzione però alla generalizzazione: tutte le scelte devono essere calate nella singola realtà, osservando le questioni da punti di vista diversi, integrando le discipline. È necessario misurare gli effetti di ciò che si fa con criteri riproducibili, scientifici, oggettivi e correlarli con la qualità e le caratteristiche dei vini. Solo in questo modo si può arrivare a esaltare realmente l’identità dei propri vini e della propria azienda nell’ambito delle migliori pratiche per contenere l’impatto nel rispetto dell’operatore, del consumatore e dei residenti e dei viandanti che, sempre più numerosi, si trovano a passare nei pressi dei vigneti. Inoltre, pratichiamo e riteniamo fondamentale per accelerare questo percorso la condivisione tra aziende dei dati e delle osservazioni, seppure nell’alveo della protezione della privacy”.
A qualcuno queste potrebbero sembrare soltanto delle teorizzazioni. Non è così. Dalle rilevazioni nelle aziende che hanno aderito al progetto Biopass - Biodiversità, Paesaggio, Ambiente, Suolo e Società (una trentina) di Sata - Studio Agronomico emerge che i suoli dei vigneti destinati ai vini riserva o ai cru aziendali presentano condizioni ottimali alle analisi sulla biodiversità e vitalità dei suoli, secondo misure riconosciute valide a livello internazionale (come il metodo di analisi visiva del terreno: Vsa - Visual Soil Assestment della Fao, o il Qbs-ar, che monitora la presenza di artropodi più o meno sensibili a condizioni difficili, quali “sentinelle”). “Capite quali sono le pratiche favorevoli che determinano le migliori condizioni di vita nel terreno e quindi la maggior biodiversità - ha concluso Donna - l’obiettivo è portare tutti i vigneti ai livelli riscontrati in quelli dove i vini risultano migliori, adottando una conduzione agronomica “taylor made”. Il Santo Graal è nel suolo e nella cultura produttiva. Si tratta di farlo emergere per non vanificare il dono che la natura stessa ci riserva”.
Ora è chiaro che questo approccio nel vigneto deve “trovare sponda” in un’enologia che non sia solo rispettosa dell’uva, ma anch’essa quasi su misura per valorizzare le caratteristiche specifiche della materia prima “sotto l’egida della ricerca scientifica”, come ha sottolineato Riccardo Cotarella. “Non se ne può più di tutti gli attributi dati alla viticoltura e all’enologia - ha detto Cotarella - l’ultimo dei quali è “simpatetico”. Forse è frutto dell’interesse suscitato da questo lavoro e spesso ad opera di chi sa poco e spesso viene da altre professioni. Il problema è che ci sono produttori che credono in questi predicatori. Ben vengano nuove pratiche, ma sostenute da conoscenze e dati. Dal grappolo al vino intercorrono 52 prodotti intermedi. Vogliamo sapere cosa accade nella vinificazione. Sapere e conoscere la chimica vuol dire sapere dove mettere le mani. Anche il caso terribile del metanolo avrebbe potuto non accadere se ci fosse stato qualcuno tecnicamente preparato. Tra tutte le definizioni per la viticoltura, l’ultima coniata è “ancestrale”, mentre quella che ritengo più calzante è “di precisione”. Ben spiega che permette di studiare e valutare gli effetti di ogni intervento su ambiente e territorio, compresi gli abitanti. Con WRT - Wine Research Team (la rete di una trentina di aziende vitivinicole di cui Cotarella è a capo) in tre anni di lavoro siamo riusciti a produrre vini senza solfiti e, peraltro, voglio sottolineare che il vino ne contiene davvero pochi in confronto alla frutta secca o ai formaggi. Abbiamo eliminato quasi del tutto i trattamenti antibotritici utilizzando acqua ozonizzata. Stiamo testando i portinnesti della Serie M, tolleranti a siccità e calcare, e i vitigni tolleranti alle malattie per ridurre i trattamenti; vagliando nuovi modelli previsionali e nuove tecnologie per ridurre trattamenti e irrigazione. Credo - ha concluso - che la scienza sia inarrestabile”.

Focus - Sostenibilità: lavori in corso ...
Tanti i progetti di cui si sono resi protagonisti, negli ultimi anni, i produttori del Belpaese. Dalla certificazione Emas, adottata dalla griffe abruzzese Masciarelli, di cui ha parlato, nel convegno a VinoVip a Cortina, Miriam Masciarelli, ai progressi qualitativi dei vini e al miglioramento dei suoli ottenuti nella Tenuta L’Impostino, nel territorio del Montecucco, raccontati da Patrizia Chiari, dai risultati della ricerca commissionata dalla veneta Zenato alla Fondazione Mach sulle uve Corvina della Tenuta Costalunga, sull’apporto della comunità microbica presente sulle uve nella definizione della qualità e tipicità dell’Amarone, di cui ha parlato Nadia Zenato, all’esperienza di Nicola Biasi, con il suo Vin de la Neu, prodotto in Val di Non (Trentino) a partire dalla varietà ibrida Johanniter, incrocio tra Riesling e Pinot grigio, resistente alle malattie fungine. E poi la ricerca illustrata da Mauro Brunetti della Fondazione per l’Istruzione Agraria in Perugia, con il Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari Ambientali dell’Università del capoluogo umbro, sulla micorizzazione delle radici della vite ricorrendo a un fungo che si adatta anche a terreni concimati, dove di solito questi funghi simbionti non trovano condizioni favorevoli allo sviluppo.
Angelo Maci ha passato in rassegna le attività di difesa integrata, confusione sessuale messe in atto dalla Cantina Due Palme, in Puglia, precorrendo i tempi, per approdare quest’anno alla conversione al biologico. Così Giovanni Casati di Genagricola ha dato conto dello sforzo di bonifica e recupero di 1.400 ettari a Caorle, dei progressi nella conduzione agronomica verso la sostenibilità e dell’ultimo progetto sulla sicurezza del lavoro. Albiera Antinori, invece, si è detta convinta che sia “necessario lasciare la terra alle generazioni future in condizioni migliori di quando l’abbiamo presa in mano”, per questo alcune aziende della Marchesi Antinori hanno già una certificazione, mentre per altre sono in dirittura di arrivo.
Diversi i “progetti sostenibili” del Gruppo Italiano Vini (Giv), raccontati dal direttore enologico Christian Scrinzi, messi in atto parecchi anni fa, come l’adesione al Progetto Magis, con Tenuta Rapitalà in Sicilia; il progetto per il vino Sciur - Sostenibile, Concreto, Innovativo, Unico, Responsabile alla Nino Negri in Valtellina con il Politecnico di Milano e la Fondazione Fojanini. Fino alla valutazione di biodiversità, impronta carbonica a Castello Monaci, in Puglia, e recentemente la conversione in biologico di quattro aziende del Gruppo.

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