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Anche a cavallo delle Ande il global warming si fa sentire: il Cile, sempre più player globale del mercato del vino, affronta una vendemmia 2017 non facile, e così l’Argentina. Il fattore chiave? Dove troppo e dove troppo poco, le precipitazioni

Da un estremo all’altro, ma sempre problemi: ecco, in sintesi, la situazione climatica che ha finito col caratterizzare le vendemmie 2017 dei vini sia argentini che, soprattutto, cileni, la cui impronta sui mercati globali si sta facendo sempre più rilevante, particolarmente nelle fasce di prezzo più “frequentate” dai vini italiani. Come riportato dal magazine “Wine Spectator” (www.winespectator.com), infatti, la sommatoria del regime climatico derivante dalla fascia di acque atlantiche famoso come El Niño - foriero di climi più umidi e precipitazioni - e quello decisamente più asciutto del suo equivalente atlantico, La Niña, ha portato il medesimo risultato sia ai produttori argentini che a quelli cileni, ovvero un rilevante calo delle rese.
Se infatti il regime climatico più asciutto del 2017 ha inizialmente portato sollievo ai primi, dopo anni e anni di precipitazioni fuori norma, a rovinare le cose ci hanno pensato le gelate primaverili, che hanno finito col rendere la 2017 la seconda stagione produttiva più corta degli ultimi sessant’anni, dopo la 2016, e particolarmente fra le denominazioni della Uco Valley. Risultato? Rese inferiori fino al 30% del normale, ad esempio, nella regione di Mendoza - un dato che, però, è stato considerato quasi consolante da molti produttori, visto che le precipitazioni delle annate passate avevano in certi casi dimezzato il totale. Per quanto riguarda i produttori del Cile, invece, a falciare le rese ci hanno pensato le temperature fortemente sopra la media e il rischio di siccità, con la vendemmia anticipata, in alcune aree, fino ad un mese prima del solito. E come se non bastasse, gli incendi boschivi che hanno devastato le aree meridionali come Maule e Itata non hanno certo contribuito a rasserenare gli animi. Di conseguenza le rese di alcuni produttori cileni, come Aurelio Montes, la cui famosa cantina si trova nella regione centrale di Colchagua, sono scese di circa il 20% rispetto ad un già avaro 2016. Ancora peggio, infine, è andata ai produttori dell’area di Itata: uno dei vigneti che forniscono materia prima a Miguel Torres per la produzione di uno dei suoi Pinot Nero di punta, ad esempio, ha visto andare in cenere 12 ettari su 62, col risultato che il produttore ha deciso di non utilizzare uve di quel vigneto per la 2017.

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