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Innalzamento delle temperature, Sterlina in calo e indubbia crescita qualitativa: ecco i tre pilastri della produzione enologica Uk, che dal 2011 a oggi è cresciuta economicamente di quasi il 300%. Ma di mezzo c’è, come sempre, la Brexit...

La crescita di interesse da parte dei wine lovers di tutto il mondo per l’enologia britannica, un tempo poco più che una curiosità da addetti ai lavori, ma oggi una realtà produttiva in rapidissima espansione (e lo dimostrano le ben 64 aziende costituite nel solo 2016, +73% anno su anno), si dimostra anche tramite la crescita, più che robusta, del fatturato totale del settore: secondo i dati riportati da “Funding Options” (www.fundingoptions.com), un aggregatore online britannico rivolto alle Pmi del Paese, il fatturato del vino di Sua Maestà è cresciuto dai 55,7 milioni di Sterline del 2011 ai 132 milioni odierni.
Un panorama sicuramente incoraggiante per la vitivinicoltura d’oltremanica, che come noto è principalmente focalizzata sulle bollicine, ma che secondo il fondatore di Funding Options, Conrad Ford deve comunque guardarsi da una serie di vulnerabilità, la prima delle quali è la capacità finanziaria: “per tenere il passo con la domanda in crescita e aumentare i margini, l’industria deve aumentare l’afflusso di capitale, e la capacità produttiva”. Nell’ottica del deprezzamento della Sterlina sui mercati valutari, “un aumento dell’output produttivo aiuterebbe ulteriormente i produttori a guardare all’export per soddisfare la domanda internazionale”. Particolarmente se si considera il clima di incertezza e mutevolezza, non solo finanziaria ma politica, che avvolge l’intero Regno Unito dopo il voto popolare sulla Brexit e l’avvio dei primi, finora infruttuosi, negoziati con Bruxelles: una spada di Damocle, se si vuole, che non fa che aumentare, secondo Ford, il bisogno di aumentare la capacità del settore di rispondere velocemente ai cambiamenti di mercato, siano essi valutari, economici o politici.

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