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Che la Legge sull’enoturismo compia l’iter prima della fine della legislatura tutti se lo augurano. Per il Movimento Turismo del Vino è dalle cantine che si deve partire, per le Città del Vino la sinergia pubblico-privata nei territori è fondamentale

Italia
Il futuro del turismo del vino in Italia, le diverse vedute di Mtv e Città del Vino

Pur nella fitta agenda di Governo, che la Legge quadro sull’enoturismo presentata dal senatore Dario Stefàno compia il suo iter prima della fine della legislatura, tutti nel mondo del vino se lo augurano, e che ciò avvenga, ovviamente, nel migliore dei modi. Per il presidente del Movimento Turismo del Vino Carlo Pietrasanta è dal vino, e quindi dalle cantine, che occorre ripartire perchè “l’enoturismo è fondato sul vino come attrattiva principale, sulle cantine e sulle loro iniziative e progetti che portano alla riscoperta di tutta la campagna e di tutta l’agricoltura, attirando sempre più pubblico. Non voglio sminuire il ruolo delle Città del Vino: sono anzi una grandissima realtà, che hanno riconosciuto appunto nel vino un carattere distintivo e identitario. Ma - sottolinea Pietrasanta su Teatro Naturale - dobbiamo ricordare che Barolo, Barbaresco, Montalcino, Montefalco, Soave, Bordeaux e tanti altri, sono più famosi soprattutto se non solo per il vino, più che come città o borghi. Ben venga l’alleanza: tante altre cose potremmo realizzare in una collaborazione continua tra produttori e Comuni. Ma bisogna sempre ricordare che i vini e quindi le cantine sono al centro della scena dell’enoturismo.

“Chi produce vino di qualità aiuta a crescere tutto il territorio - spiega a WineNews Paolo Corbini, vice direttore delle Città del Vino - ma senza il pubblico, che non deve solo finanziare ma sollecitare, facilitare, mettere l’impresa nelle condizioni di fare bene il suo mestiere, il privato non va molto lontano, e viceversa. La storia dei nostri territori ci insegna che è anche grazie ad amministratori locali illuminati e lungimiranti se il vino italiano è arrivato dove è oggi. Ancora di più se si pensa a quei vini che fanno dell’identificazione con i loro territorio il loro punto di forza. Ma il territorio non è solo una vetrina, e le cantine da sole non possono gestire un territorio e il fenomeno dell’enoturismo, perché se non ci fossero il Castello di Barolo o la Fortezza di Montalcino, i servizi, il mantenimento delle strade e degli spazi pubblici, la segnaletica, e così via, l’attrattiva verrebbe meno. Ci vuole un connubio e ci vogliono delle regole condivise, perché anche le amministrazioni locali da sole non possono più gestire un territorio. Noi vogliamo che la Legge passi proprio perché le nostre cantine siano riconosciute vere e proprie attrazioni turistiche come lo sono i nostri musei”.
E, proprio su questo, anche per Pietrasanta, occorre lavorare: “in molti casi, la notorietà della zona vinicola all’estero prevale sulla notorietà della Regione: si vuole venire in Valpolicella, ma non si sa che è in Veneto, in Lugana, ma non si sa che è tra Lombardia e Veneto, nelle Langhe, ma non si sa cosa sia il Piemonte. Si vogliono le Strade del Vino? Si abbia il coraggio di riconoscere che sono attualmente in gran parte dei morti viventi, delle macchine mangiasoldi. Si decida di metterle in mano ai produttori, che si organizzino secondo unità territoriali sensate, le si tolgano dai carrozzoni attuali, l’intendenza seguirà. Ma forse nemmeno: forse è il caso di ripensare da zero le unità territoriali, e di ricominciare da capo tutto. Le storie e le esperienze di noi produttori e delle nostre cantine rappresentano una grande potenziale leva per la valorizzazione dei territori e delle città - dice Pietrasanta - quando nelle città ci sono elementi di attrazione, noi li moltiplichiamo; quando non ci sono, noi ci siamo comunque, e se siamo bravi e ci facciamo conoscere, la gente viene nei territori anche solo per noi. Aiutateci a farci conoscere, e noi restituiremo ai nostri Paesi, alle nostre colline e alle nostre valli tanto, in termini di attrattiva, di fascino, e quindi di indotto. Sappiamo che l’enoturismo serve ai nostri territori, e che il legame tra una bella esperienza turistica, il ricordo di luoghi, panorami, profumi e sapori è una potente leva di marketing per i nostri prodotti, e che i nostri prodotti sono una potente leva di marketing per i nostri territori”.
“Il problema non sono le Strade del Vino, strumento che può essere migliorato ed aggiornato anche grazie alla selezione ed alla formazione, ma la gestione dei territori nel loro insieme, in cui l’incontro pubblico-privato è fondamentale - precisa Corbini - una Strada più è impresa e meglio è. Non difendiamo i finanziamenti a pioggia e le imprese che non funzionano, non è nel nostro interesse, ma il territorio in sé che può essere organizzato sì su una Strada, ma anche su un Consorzio di produttori, purché funzionino bene. Se non c’è una visione complessiva e non c’è rapporto forte di collaborazione tra mondo della produzione e chi sovrintende la gestione pubblica, le cose non funzionano”.
Come il Movimento Turismo del Vino anche le Città del Vino si schierano “in difesa dell’attuale formulazione da assalti ed emendamenti impropri”, come sottolinea Pietrasanta, illustrando le condizioni perché l’iter del disegno di Legge si concluda nel modo migliore. Tra queste, trova d’accordo i Comuni del vino italiano, “che le norme di attuazione siano valide a livello nazionale e non demandate alle Regioni. Non per mancanza di fiducia, ma per esprimere delle regole che siano uguali per tutti da Morgex a Pantelleria, dal Collio al Salento, e quindi comprensibili e uniformi nell’interesse soprattutto dei turisti stranieri”.

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