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Observatoire Mondial des Vins: per le bollicine una crescita costante dal 2009, legata alla produzione della Vecchia Europa, e che continuerà almeno fino al 2020, grazie ai mercati di Usa e Uk, che guideranno il boom di rosé ed Extra-Brut

Italia
Per le bollicine una crescita costante dal 2009, legata alla produzione della Vecchia Europa

Parliamo spesso di boom, quando raccontiamo il fenomeno delle bollicine nel mondo, ma a ben vedere, la crescita della produzione è stata una costante: +2,8% l’anno tra il 2009 ed il 2016, con le bollicine che, oggi, rappresentano il 7,4% di tutto il vino mondiale (nel 2009 incideva per il 6,6% del totale), con 20,4 milioni di ettolitri, a cui vanno aggiunti 3,7 milioni di ettolitri di vino frizzante. Così i numeri del report “Les vins effervescents, croissance régulière” dell’Observatoire Mondial des Vins della francese Agrex Consulting, che fotografa lo stato dell’arte degli spumanti, un settore in cui il primato del Vecchio Mondo è particolarmente solido (86% della produzione mondiale), ma è il Nuovo Mondo che cresce più velocemente: +30% tra il 2009 ed il 2016, contro il +19% dell’Europa (www.franceagrimer.fr).
Dei 24 milioni di ettolitri di bollicine prodotte nel mondo, il 98% è rappresentato da vini spumanti (sopra i 3 bar di pressione), il restante 2% da vini frizzanti (sotto i 3 bar), un “affare italiano”, visto che nel Belpaese rappresentano il 43% di tutte le bollicine. Rimanendo sulle caratteristiche produttive, ma limitando l’analisi ai soli spumanti, l’83% della produzione è fatta di bianchi, il 15% di rosé ed appena il 2% di rossi, la cui produzione è limitata quasi esclusivamente, ancora una volta, all’Italia. Passando allo stile produttivo, relativo tasso di zucchero residuo, l’81% degli spumanti rientra nei Brut (6-12 grammi/litro di zuccheri), il 14% è invece Demi-Sec (13-81 grammi/litro di zuccheri), categoria che in Italia vale il 30% della produzione complessiva, il restante 5% è Extra-Brut (0-6 grammi/litro di zuccheri).
Dei famosi 20,4 milioni di ettolitri prodotti, sono 8,2 quelli commercializzati in giro per il mondo. Tra i Paesi esportatori, al top, in termini di volumi, c’è l’Italia, che muove il 40,9% di tutte le bollicine spedite, seguita da Francia (21,1%) e Spagna (21,7%). Il prezzo medio, però, non premia il Belpaese, e sintetizza anzi alla perfezione la distanza dalla Francia: a fronte di una media mondo di 4,9 euro a bottiglia, l’Italia si ferma a 2,8 euro (come la Germania, dietro agli Usa), mentre la Francia tocca i 12,6 euro (con lo Champagne a quota 18,2 euro a bottiglia). Nel complesso, l’Italia esporta il 74% della propria produzione, la Spagna il 76% e la Francia solo il 48%. Il prezzo medio delle bollicine, all’import, è decisamente superiore a quello dei vini fermi: l’Italia, esempio estremo, importa quasi esclusivamente Champagne, a 17,3 euro a bottiglia, e quasi esclusivamente vino fermo sfuso, a 0,8 euro per 0,75 litri. Decisamente più indicativo il dato Usa, con le bollicine a 7 euro a bottiglia contro i 3,3 euro dei vini fermi, con la forbice che cresce in Giappone, dove i vini fermi si fermano a 3 euro e le bollicine arrivano a 9,6 euro.
Detto degli aspetti produttivi, i consumi hanno seguito praticamente la stessa evoluzione: +23% tra il 2009 ed il 2016, da 16,57 milioni di ettolitri a 20,30 milioni di ettolitri. Tra i mercati di riferimento c’è la Gran Bretagna, che nel 2016 ha importato 1,54 milioni di ettolitri di vini spumanti (il 66% dall’Italia, grazie al Prosecco, il 17% dalla Francia ed il 12% dalla Spagna) per una crescita dei consumi del 5% annuo negli ultimi 10 anni, specie grazie a giovani e donne. E per il futuro? Crescita della produzione del 10-15% da qui al 2020, a beneficio dei produttori europei, peso sempre maggiore del marchio, della pubblicità e del prezzo medio, sempre più rosé ed Extra-Brut. Continueranno a crescere, almeno a breve termine, Prosecco e Cava, che apriranno i mercati a prodotti di maggior valore, con il 50% della produzione che, nel 2020, varcherà le frontiere. In consumi, così, cresceranno del 10%, a 22,5 milioni di ettolitri, una “crescita serena”, guidata da Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Giappone, Cina ed Australia.

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