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Dynasty Fine Wines, ultimo atto? La joint-venture cinese del gigante francese Remy Cointreau e il governo del distretto di Tianjin vende nuovamente asset (per 58,8 milioni di dollari) per rimettere i conti in ordine e focalizzarsi sul core business

La storia quasi quarantennale di Dynasty Fine Wines, la pioneristica joint-venture cinese creata nel 1980 dal colosso Remy Cointreau e dalla società governativa Tsinlien Group Company Limited, si arricchisce di un altro segnale decisamente preoccupante: come riportato da “Drinks Business Review”, (wine.drinks-business-review.com) la società ha infatti annunciato che venderà all’asta entro il mese prossimo 17 ettari di terreno, la cantina ivi presente e un centro di assemblaggio di vini rossi, oltre ad altre strutture produttive e tecniche.
Così facendo, la società liquiderà circa 59 milioni di Dollari di asset, considerati non più strategici e non tutti attualmente in uso, allo scopo di concentrarsi sul core business e cercare di riportare in positivo i conti dopo cinque anni consecutivi di bilanci in rosso. Secondo Dynasty stessa, l’operazione “è dovuta al rapido cambiamento della situazione dovuto a fattori come l’e-commerce e le abitudini di consumo dei consumatori”, e di conseguenza gli asset in vendita non aiuterebbero più la società a focalizzarsi sul mercato di massa che si sta consolidando oltremuraglia col passare degli anni. La storia di Dynasty Fine Wines si arricchisce così di una nuova pagina poco lusinghiera: dopo essere stata fondata dalla francese Remy Martin nel 1980, in un tempo nel quale avventurarsi nel mercato cinese era visto come decisamente pionieristico, se non sconsiderato, è rapidamente cresciuta fino alla metà degli anni zero, occupando con i suoi circa cento vini, sia prodotti in Cina che importati, una molteplicità di segmenti di consumo del nascente mercato enoico cinese, inclusi icewine e brandy. Già nel 2012, però, Dynasty aveva mostrato segni di affanno, che avevano portato la joint-venture ad annunciare un giro di vite economico per coprire i costi di distribuzione. Ma la svolta - tutt’altro che positiva - arriva nel marzo del 2013, quando il titolo della società viene sospeso dal listino azionario di Hong Kong a causa di pesanti accuse anonime sul conto di Dynasty. Accuse non da poco, tra l’altro, quali la vendita di vini avariati, la messa a bilancio fittizia di vendite per decine di milioni di Dollari nel 2010 e il fatto che 2,3 milioni di casse dell’azienda erano state restituite all’azienda per bassa qualità del prodotto finito. Le motivazioni della sospensione, per di più, sono state rese pubbliche solo nell’agosto 2015, e poco più di un anno dopo, nel novembre del 2016, Dynasty si è vista costretta a liquidare un consistente “tesoretto” di etichette di Bordeaux, acquistato per 29 milioni di Dollari e con nomi come Château Beychevelle, Château d’Yquem, Château Angelus, Château Marguax, Château Ducru-Beaucaillou, Château Talbot e Château Lascombes, per avere la liquidità sufficiente a pagare debiti e stipendi.

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