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Alla ricerca del vino perfetto: “Wine Lister” crea un “meta-punteggio” multidimensionale che tiene conto, oltre a pareri critici e prezzo, di fattori spesso non abbastanza considerati, come distribuzione, liquidità e potenzialità di invecchiamento

Italia
Le caratteristiche del vino perfetto secondo Wine Lister

Che cos’è che rende un vino “perfetto”? Al di là dei giudizi numerici insuperabili, espressi di consueto in ventesimi o centesimi, ci sono altri fattori che possono influire nell’assegnazione di un giudizio così lusinghiero per un’etichetta, e per dare modo al grande pubblico di tenerli in considerazione, magari alla vigilia di un investimento importante, “Wine Lister” (www.wine-lister.com) ha inaugurato quello che ha definito “un nuovo standard” per la valutazione dei vini più blasonati del mondo.
Innanzitutto, a differenza dei “consueti” 100/100, il punteggio massimo della scala adottata dal team di analisti di “Wine Lister”, che è espresso in millesimi, è un ideale irraggiungibile: questo perché per raggiungerlo, una data etichetta dovrebbe raggiungere il massimo dei voti in nove categorie distinte, esibendo così una perfezione davvero non di questo mondo. Le categorie sono divise in tre insiemi distinti, il primo dei quali, “Qualità”, è composto dalla media ponderata dei punteggi più alti e più bassi dei critici partner della società (ovvero Jancis Robinson, Antonio Galloni e Bettane & Desseauve) e dal potenziale di invecchiamento del vino esaminato da questi esperti. Il secondo, “Brand”, comprende invece la popolarità dell’etichetta, misurata tramite il numero di ricerche eseguite al riguardo sul benchmark di riferimento “Wine-Searcher” ogni tre mesi, e alla distribuzione del vino stesso (e in quante, e quali, annate) nelle carte dei vini dei migliori ristoranti del mondo secondo la guida Michelin, la “World’s 50 Best Restaurants” e così via. Il terzo insieme, infine, è quello comprensibilmente più corposo, e ha a che fare con i fattori economici, il primo dei quali è la media trimestrale del prezzo per bottiglia del vino in questione. Seguono la performance semestrale del prezzo stesso, comparata con l’andamento del mercato generale dei vini di lusso e da investimento, e il tasso composto di crescita annuale delle ultime tre annate dell’etichetta in esame. E ancora, la stabilità del prezzo, intesa come volatilità rispetto alla media standard degli ultimi 12 mesi, e, ultimo criterio, ma non certo secondario, la liquidità dell’etichetta, ovvero come volume di bottiglie scambiate sul mercato negli ultimi quattro trimestri sul mercato dei fine wines, inteso come sommatoria dei risultati delle cinque case d’aste più prestigiose del mondo. Per ottenere 1000/1000, insomma, un vino dovrebbe godere dei giudizi critici di Chateau d’Yquem, di un potenziale di invecchiamento degno di un Vintage Port di Cockburn e di un brand del calibro di Dom Pérignon: dovrebbe inoltre essere di pronta e costante disponibilità nei migliori ristoranti del mondo, e essere costantemente in cima alla classifica delle ricerche online come Lafite, con un prezzo per bottiglia degno di un Romanée-Conti, performance di crescita costanti sia nel breve che nel lungo periodo - ma senza eccessivi segni di volatilità - e infine godere di ampi volumi di vendita e di scambio sui mercati secondari, come succede per Mouton Rothschild.

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