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Il vino e lo spazio sono compatibili? Non bastano spazio, luce, acqua e fertilizzanti. L’impollinazione e la fermentazione sono sfide notevoli. In futuro il programma Nasa “Veggie” in corso sulle stazioni spaziali internazionali potrà darci la risposta

Il vino e lo spazio sono compatibili? Mentre sempre più scienziati invitano ad accelerare gli sforzi della ricerca per permettere alla razza umana di abbandonare il pianeta Terra il prima possibile, c’è chi si chiede, come il portale Gizmodo, cosa riusciremo a portarci dietro, particolarmente preoccupato per l’eventualità di non potersi più gustare una bottiglia di vino fra le stelle (www.gizmodo.com).
Fortunatamente la Nasa si è portata avanti col lavoro, inaugurando ancora nel 2014 un progetto chiamato “Veggie”, che consiste nello sperimentare la coltivazione di piante, nello specifico insalata, nella stazione spaziale internazionale. La questione non è semplice: ci vuole luce, ossigeno, spazio, terra. Ci vogliono il giusto dosaggio di acqua e fertilizzante. Tutto è controllato con precisione da macchine appositamente create. Nel caso della frutta, come l’uva, la questione si complica: bisogna impollinare i fiori. Per non parlare di tutto ciò che serve per trasformare l’uva in vino: i lieviti, gli strumenti per la fermentazione... e alla fine di tutto, queste piante e i loro prodotti, sarebbero commestibili?
Insomma, fare il vino nello spazio non sarebbe proprio una passeggiata, ma non è escluso che si possa fare. Gioia Massa, la scienziata a capo del progetto “Veggie”, sostiene che crescere uve da vino nello spazio potrebbe essere una sfida interessante: “abbiamo lavorato con alcune piante da frutto nane che ha sviluppato il Ministero dell’Agricoltura degli Stati Uniti e ho sentito che hanno anche viti da vino nane. Se le piante fossero abbastanza piccole o potessero essere fatte arrampicare attorno, ad esempio, alle luci, sarebbe sicuramente possibile coltivarle. Dare sufficiente luce ad una vite in crescita è una bella prova… servono varietà molto compatte”.
Un’altra difficoltà è lo spazio ridotto all’interno delle basi spaziali, ma le viti sono come l’erbaccia: sono una specie particolarmente resiliente. Per quanto riguarda l’impollinazione, pare che nel 2018 gli astronauti tenteranno di impollinare a mano piante di pomodori nani e se funziona la pratica potrebbe essere trasferita sui fiori delle viti. Resta da affrontare la fermentazione: “credo che si potrebbe progettare un bioreattore microbico - continua Gioia Massa - in grado di permettere la fermentazione e altri processi nella microgravità. La fermentazione è un processo anaerobico, quindi il fatto che i fluidi e i gas non si mescolano bene nello spazio, non dovrebbe essere un problema per il procedimento. Probabilmente sarebbe necessario inoculare la tipologia giusta di microrganismi ma credo che potrebbe decisamente funzionare”.
C’è un fattore certamente positivo in tutto questo fantasticare: nessuna vite nello spazio dovrebbe confrontarsi con le variabili climatiche e la presenza di patologie o insetti, quindi il momento di maturazione perfetta dei grappoli sarebbe tutta nelle mani degli astronauti. Attualmente la Nasa non sta lavorando alla coltivazione di viti nello spazio, invece la Cina un passo in più l’ha fatto: lo scorso autunno ha infatti spedito nello spazio delle viti di cabernet sauvignon, merlot e pinot nero, per vedere come se la cavano nella microgravità. Non resta che aspettare i risultati.

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