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Più delle tasse, a spaventare sono gli impatti sull’economia reale e sulla capacità di spesa delle famiglie: il divorzio del Regno Unito dall’Unione Europea entra nel vivo, e anche a Vinexpo si parla di Brexit, tra paure e speranze per il futuro

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La speranza è che il percorso sia breve, e che poco cambi rispetto ad oggi, ma la consapevolezza è che la partita della Brexit non si gioca solo nel Regno Unito ma, in gran parte, a Bruxelles, e che gli impatti sulla filiera del vino non saranno solo quelli diretti, legati all’aumento di tasse ed accise, ma soprattutto quelli che il divorzio del Regno Unito dall’Europa avrà sull’economia complessiva dei cittadini britannici. In un contesto complicato, in cui tutti vorrebbero sapere cosa succederà, ma in cui nulla è così prevedibile. Ecco, in estrema sintesi, il sentiment emerso dal convegno sulla Brexit di scena a Vinexpo (www.vinexpobordeaux.com), organizzata da Wine Spectator con alcuni dei protagonisti del mercato britannico.

Mercato in cui, secondo uno studio dell’Iswr, qualche effetto la Brexit l’ha già causato: i prezzi medi del vino nel Regno Unito, ad esempio, sono aumentati del 3% solo nel primo trimestre del 2017, contro una crescita di appena l’1% nei due anni precedenti. Un risultato legato essenzialmente dal deprezzamento della sterlina nei confronti dell’euro, e così il prezzo medio di una bottiglia di vino in Gran Bretagna ha raggiunto le 5,56 sterline.

“Io spero davvero che nel mercato britannico non cambi niente - ha detto Jean Marie Barillère, alla guida del Comité Champagne, che ha proprio nel Regno Unito il suo primo mercato - e su questo stiamo lavorando anche con gli operatori della filiera inglese, per fare pressione su chi dovrà condurre le trattative in Europa. Ma voglio essere anche ottimista: spero che a conclusione della Brexit si arrivi ad un accordo di libero scambio, per vino e alcolici, tra Unione Europea e Regno Unito, a zero tasse per entrambi gli attori”.

Posizione ovviamente condivisa, ma ritenuta poco probabile, o comunque vista con meno ottimismo, da Miles Beale, alla guida della Wine and Spirits Trade Association. “Vada come vada la debolezza della sterlina durerà per un po’ di tempo, poi arriverà l’inflazione, ma concordo che il problema maggiore siano davvero le tasse e le accise, che peraltro continuano a crescere. Il Regno Unito è il secondo importatore del mondo, è un mercato internazionale, e saprà resistere anche a questo passaggio, ma qualche complicazione sicuramente arriverà”.

Il tema della tassazione è proprio quello che tiene banco, e forse l’improbabile introduzione di nuove imposte e dazi doganali viene temuta più del dovuto. Tasse sugli alcolici che, intanto, il Governo inglese ha già deciso di aumentare di un ulteriore 4%, e che oggi rappresentano in media il 56% del prezzo di una bottiglia di vino nel Regno Unito. “Un’altra cosa è sicura: il canale della grande distribuzione è più abituato alle oscillazioni di prezzo e di valuta, e probabilmente saprà reagire meglio a quello che la Brexit comporterà, mentre sarà più difficile compensare eventuali discussioni sui prezzi nel canale ho.re.ca.”, ha sottolineato Andrew Show, group buying director di Conviviality.

Insomma, la consapevolezza che qualche complicazione, soprattutto nei prossimi due anni, durante i negoziati per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, ci saranno, è innegabile. Ma del resto i mercati sono sempre cambiati, le rivoluzioni commerciali ci sono sempre state, e il Regno Unito, da sempre trend setter del mercato per tanti generi merceologici, vino compreso, e mercato tra i più importanti per il vino italiano, saprà superare anche la Brexit, e rimarrà un punto di riferimento per gli scambi mondiali di vino nel mondo.

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