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Crollano i consumi di vino in Gran Bretagna, con il prezzo medio di una bottiglia che ha raggiunto però i 6,3 euro: ecco il primo effetto tangibile, legato all’inflazione, del referendum sulla Brexit. Su anche le accise, a pagare è il made in Italy

Crollano i consumi di vino in Gran Bretagna, con il prezzo medio di una bottiglia che ha raggiunto però i 6,3 euro (5,56 sterline): ecco il primo effetto, legato essenzialmente all’inflazione, del referendum sull’uscita dall’Unione Europea, come sottolinea la Coldiretti commentando i dati sulla riduzione del commercio al dettaglio della Wsta - Wine and Spirit Trade Association (Wsta).

Bere vino in Gran Bretagna, così, non è mai stato tanto caro, e la colpa è non solo dei tassi di cambio sfavorevoli, ma anche dell’aumento della tassazione sugli alcolici. Sulle tavole inglesi, il vino, che è in gran parte di importazione, è la prima vittima del caos provocato da Brexit ed elezioni, per effetto della svalutazione record della sterlina, che lo ha reso sempre più inaccessibile. Un andamento che pesa anche sulle esportazioni made in Italy, con il calo del 7% delle vendite del vino italiano, sulla base dei dati Istat sul primo bimestre del 2017.

La Gran Bretagna, spiega la Coldiretti, nel 2016 è stata il primo mercato mondiale di sbocco dello spumante italiano, con il 30% delle bottiglie importate, quasi 1 su 3. Ora, invece, si è invertita la tendenza, e le esportazioni sono in calo anche per gli aumenti delle accise su tutti i vini e gli spumanti: tasse che, a febbraio, sono aumentate del 9% per il Prosecco.

E a pagare non è solo il vino, perché Londra è anche il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari made in Italy, con un valore di 3,2 miliardi nel 2016: dietro al vino ed agli spumanti, tra i prodotti più importanti ci sono la pasta, l’ortofrutta ed i formaggi, oltre un terzo dei quali è rappresentato da Parmigiano Reggiano e Grana Padano, ma va forte anche la mozzarella di bufala campana.

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