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La Gran Bretagna di oggi ama il vino più della birra, specie tra le mura di casa, ma entro il 2025, secondo Kym Anderson, cofondatore della American Association of Wine Economists, la Brexit affosserà sia consumi enoici (-28%) e importazioni (-27%)

Brexit o non Brexit, la Gran Bretagna non è più quella di una volta, ed il cambiamento si vede proprio nel bicchiere, dove un simbolo come la birra, un tempo monopolista assoluta dei pub come dei consumi domestici, è ormai snobbata, a favore del vino. Una tendenza che arriva da lontano, cristallizzata dai dati della Wine and Spirit Trade Association (www.wsta.co.uk), che non hanno bisogno di grandi spiegazioni: i wine drinker sono diventati 38 milioni, pari al 74% della popolazione britannica adulta, con i consumi domestici che valgono qualcosa come 108 milioni di sterline la settimana, pari ad una spesa annua pro capite di 148 sterline. In confronto, la birra, almeno avanti alla tv, secondo i dati dell’Ufficio di Statistica Nazionale, non supera i 45 milioni di sterline la settimana. Ma è proprio nei pub e nei bar che il vino sta conoscendo il suo massimo splendore, con 10 milioni di bottiglie servite ogni mese, anche se il costo medio in negozio, nonostante si trattai di un consumo, quello enoico, legato quasi completamente alle importazioni, arriva appena a 5,56 sterline a bottiglia.
Una condizione, quella attuale, che fa sorridere tutto il mondo del vino, ma che è destinata a mutare nel giro di qualche anno. A dirlo, questa volta, è uno studio importante, “Will Brexit Harm UK and Global Wine Markets?”, curato dal professor Kym Anderson, cofondatore della American Association of Wine Economists ma di stanza ad Adelaide, invitato dall’Osservatorio delle Politiche Commerciali del Regno Unito, nato all’Università del Sussex all’indomani del voto sulla Brexit per capire le conseguenze economiche dell’uscita dalla Ue. Secondo Anderson, il vero nemico non sarà tanto la crescita delle accise (che, come spiega al “Financial Times”, “difficilmente supereranno i 10 centesimi a bottiglia”, www.ft.com), quanto l’impoverimento dell’economia britannica, che porterà necessariamente ad un calo dei consumi e delle importazioni enoiche. “Nello scenario peggiore - spiega Anderson - che è anche il più probabile, da qui al 2025 i prezzi del vino in Uk rischiano di aumentare del 22%, con i consumi che caleranno del 28% e le importazioni che scenderanno del 27%”.
Ma gli effetti, ovviamente, non saranno solo sui consumi interni, ma sull’intero mercato mondiale del vino. Il passato mercantile della Gran Bretagna è stato fondamentale per l’intero commercio enoico: ancora all’inizio del secolo importava il 20% di tutto il vino commercializzato nel mondo, quota passata oggi al 14%. Ci sono Paesi, poi, per i quali la Gran Bretagna rappresenta un terzo dell’intero export di vino, come l’Australia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Che, come unica ed ovvia reazione, dovranno guardare ad altri mercati, entrando in competizione con gli storici produttori europei, in una lotta che è destinata a farsi sempre più dura.
Come reagirà il wine lover britannico? Innanzitutto, secondo Anderson, “i wine lovers riscopriranno il piacere delle annate passate, che paradossalmente, visto che sono state comprate ai tempi della Sterlina forte, non subiranno scossoni di prezzo, a differenza, ad esempio, dell’annata 2016 di Bordeaux”. Quindi, ci si rivolgerà “a quei Paesi produttori la cui moneta è storicamente debole, come il Cile ed il Sudafrica, ma anche il dollaro Australiano si sta indebolendo”.

Tra le contromisure, quindi, c’è quello che sta diventando un mantra: “comprare inglese”. Perché, dice ancora l’economista, “sul territorio inglese ci sono 2.000 ettari vitati, il doppio di 10 anni fa, e il settore è in crescita”. Infine, quasi una provocazione più che una vera e propria previsione, almeno per quanto riguarda i fine wines. “Non è inimmaginabile - conclude Anderson - che i wine lovers inglesi facciano come quelli cinesi o australiani, dove le tasse sono proporzionate al costo della bottiglia, spingendo collezionisti ed amanti del bere bene a fare i propri acquisti all’estero, specie ad Hong Kong ...’”.

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